Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.

Art. 21 della Costituzione della Repubblica italiana

Io sono sempre dello stesso parere: sino a quando non sarà rinnovata la nostra classe dirigente, sino a quando le elezioni si faranno sulla base di clientele, sino a quando i Calabresi non indicheranno con libertà e coscienza i loro rappresentanti, tutto andrà come prima, peggio di prima.
Umberto Caldora (lettera a Gaetano Greco Naccarato, 1963)

sabato 27 febbraio 2016

La Comunità del Parco approva il bilancio 2016

Mercoledì pomeriggio (24 febbraio) la Comunità del Parco Nazionale del Pollino, riunitasi a Castrovillari, ha espresso, all’unanimità dei presenti (40 tra sindaci e rappresentanti delle Regioni, su settanta aventi diritto) parere favorevole al Bilancio di Previsione del Parco 2016.

Durante la riunione, presieduta dal presidente facente funzioni, ing. Antonio Cersosimo, è stato presentato il nuovo Consiglio Direttivo, nominato dal ministro dell’Ambiente il 16 dicembre 2015.
Esso è così composto:
·       Giuseppe Castronuovo, sindaco di Senise
·       Giovanni Cosenza, sindaco di Laino Castello
·       Roberto Giordano, sindaco di Castelluccio Inferiore
·       Giovanni Ceglie, sindaco di Aieta
·       Il rappresentante dell’ISPRA è il dott. Stefano Volponi, ornitologo, di Ravenna
·       Il rappresentante del ministero dell’ambiente è Carmelo Lo Fiego
·       Ferdinando Laghi, in rappresentanza delle Associazioni Ambientaliste
·       Grazia Vulcano, in rappresentanza del Ministro delle Politiche Agricole e Forestali)


Il presidente del Parco del Pollino Pappaterra ha commentato: «Abbiamo presentato il Consiglio direttivo nella sua interezza e ricevuto all’unanimità il parere favorevole al bilancio di previsione 2016 che regge fondamentalmente su alcuni pilastri: il Piano per il Parco, la Programmazione dei fondi europei, il dover corrispondere alle indicazioni sia dell’Unesco che a quelle richieste dall’adozione della Carta Europea per il Turismo Sostenibile, che obbligano il Parco a mettere in campo azioni di qualità. E poi il sostegno al turismo scolastico e sociale, a tutte le nostre attività di promozione socio-economica, e soprattutto mantenere elevato il livello di internazionalizzazione che il Parco ha acquisito. Quello che mi ha colpito positivamente - ha continuato Pappaterra - è il grande afflato dei sindaci della Comunità del Parco e delle Regioni presenti. Il parere favorevole al bilancio, espresso all’unanimità dagli oltre 40 amministratori, è segno di un grande risultato politico e dimostra la condivisione che vi è del lavoro svolto, peraltro, in solitudine, nei mesi passati. Col nuovo Consiglio direttivo, al quale vorrò delegare alcuni importanti compiti che ci permetteranno nuovamente di essere presenti in tutti i territori del Parco, sono certo potremo continuare ad imprimere un’ulteriore crescita alla nostra importante e splendida area protetta.»

venerdì 26 febbraio 2016

Morte al lupo! Ritorno al Medioevo Terza parte

Appunti di un Naturalista che da anni segue il Lupo in Italia sul Piano di conservazione e gestione del lupo (Dicembre 2015)[1]


Il documento è stato redatto da un comitato di esperti dell’Unione Zoologica Italiana, coordinati da Luigi Boitani. Esso, nelle intenzioni, dovrebbe finalmente mettere in atto tutte quelle azioni che consentano una più efficace gestione e conoscenza del lupo, attenuando i conflitti con l’uomo e
Esemplare di lupo (foto dal web)
l’impatto della specie sulle attività economiche rurali.  Il precedente piano risale al 2002, ed è rimasto lettera morta. Questo del 2015 non prevede nulla di nuovo se non una più esplicita e peraltro confusa possibilità di uccidere lupi che “creano problemi”: problemi reali o immaginari che siano (come vedremo).  Le innumerevoli incongruenze e facilonerie dello studio sono addirittura incredibili, considerata la quantità di esperti e studiosi che vi hanno contribuito. Esse sono state dettagliatamente considerate in un documento della Federazione Nazionale Pro Natura.
A integrazione, mi soffermo quindi in particolare sul punto III.7, che riguarda le
“Deroghe al divieto di rimozione di lupi dall’ambiante naturale: presupposti, condizioni, limiti e criteri da applicare”. Come indica lo stesso piano, la direttiva europea Habitat, e il DPR 357/97 di recepimento, già indicano alcune ipotesi di “rimozione” del lupo, ipotesi ovvie e ragionevoli. Tali condizioni sono molto stringenti e in pratica difficili da implementare. Ogni paese adotta strategie differenti. Come molti sanno, la Svizzera ha deciso che l’abbattimento va eseguito ove un certo lupo (sic) uccida, in un determinato periodo di tempo, un numero di capi eccedente un dato numero, e purché l’allevatore abbia messo in atto le cautele
Cani da guardia (foto dal web)
previste. Ciò ricorda molto i processi agli animali di Medioevale memoria. Tuttavia ha il vantaggio della “certezza del diritto”, se così vogliamo dire, anche se determinare la colpevolezza di un lupo in quanto individuo è doppiamente ridicolo (e se c’è associazione a delinquere?). Ma il problema è che questo grottesco concetto del singolo lupo “criminale” viene ripreso anche dal nostro piano, in un contesto completamente diverso.
Infatti, sull’entità della soglia minima del danno il documento lascia tutto indeterminato, probabilmente tra chi ha firmato il piano c’è chi crede o spera che questo impedisca nei fatti l’applicazione della pena, ma può essere vero anche il contrario: cambiano gli “esperti”, cambiano i ministri, ma in un domani temporalmente indeterminato ciò che sicuramente rimane è la possibilità degli enti locali di chiedere, e al ministero di concedere, gli abbattimenti.
Oggi gli studiosi, quando pensano e scrivono da studiosi e non da redattori di “piani” probabilmente voluti da altri per motivi politici, concordano che:
-        L’uccisione di pochi lupi (persino l’assurdo 5% massimo ipotizzato viene considerato troppo poco da Mech/Boitani (“Mortality Rates for Control and Sustainable Harvest”, Wolves, 2003) non serve assolutamente a nulla, anzi può aiutare a incrementare la produttività dei branchi e ottenere l’effetto contrario (“Compensatory Mortality”, op. cit.)
-        L’identificazione di un singolo lupo “colpevole” può temporaneamente funzionare in Svizzera, dove attualmente si trovano pochi immigrati, senza la formazione di nuclei stabili; non certo in Toscana, dove agiscono decine di branchi contigui, dai territori a volte parzialmente sovrapposti. Inoltre la mancata conoscenza dello status del “colpevole” nell’ambito del branco e delle possibili ripercussioni nei rapporti intra-branco e  inter-branco può creare nuovi equilibri capaci di provocare maggiori danni di quelli che si volevano prevenire. Ad esempio la destrutturazione di un branco, con l’uccisione di un leader capace di coordinare l’attacco a grossi ungulati selvatici, può indurre i superstiti a rivolgere le loro attenzioni a più facili prede domestiche.
-       
Lupo in caccia (foto dal web)
Tutti i super predatori hanno necessariamente un limite alla crescita, limite imposto dalle disponibilità alimentari (ancora Mech/Boitani, op. cit.) e messo in atto, se così vogliamo dire, dalla biologia intrinseca alla specie, che nel caso del lupo prevede di norma una sola femmina riproduttiva per ogni branco e il concomitante fenomeno della dispersione (Francesca Marucco, Il Lupo, 2014, “La dinamica di popolazione: meccanismi di autoregolazione”). Non esiste quindi ordinariamente il problema di lupi in eccesso. Viceversa per molti anche un solo lupo è un lupo in eccesso (vedi la situazione nella Lessinia). Il che fa il paio con il noto aforisma: il solo indiano buono è l’indiano morto.
Tutto quanto sopra dimostra che l’assunto principale del piano, cioè uccidere i singoli lupi “cattivi” che creano problemi, è assurdo e pura propaganda, una concessione all’ignoranza, al pregiudizio, alle conoscenze superficiali di molti degli attori umani coinvolti.  Se in un caso di ripetute predazioni di bestiame si uccide il “colpevole” lasciando inalterate le cause (che di solito sono due e concomitanti: l’incuria/imprevidenza umana e l’assenza o la sottrazione al lupo di prede nel suo ambiente naturale) avremo temporaneamente tacitato la rabbia degli allevatori, ma li avremo anche incoraggiati a lasciare immutata la situazione.
Un altro punto da rilevare è l’arrogante autonomia esercitata nell’elaborazione del piano, senza il minimo coinvolgimento delle associazioni protezionistiche che sono “portatori di interesse” almeno quanto gli allevatori, e senz’altro più dei coltivatori e dei cacciatori.  E’ incredibile che il piano preveda l’abbattimento di lupi persino all’interno dei Parchi Nazionali (e sia pure “con cautela”, bontà loro). I Parchi regionali e altre forme di protezione non vengono neppure menzionate. Punto III.7.4. Altrettanto inaccettabile appare la formazione di una vera e propria louveterie, cacciatori di lupi professionali nell’ambito di Regione e Provincie autonome, che quindi potrebbero operare persino all’interno dei Parchi Nazionali, indipendentemente dalla volontà degli organi di gestione dei parchi stessi. Punto III.7.5
L’ultima idea assurda del piano, che è un vecchio cavallo di battaglia di Boitani, è che gli abbattimenti mirati “legali” scoraggino il bracconaggio. In realtà è molto più probabile che “l’abbattimento di lupi (abbia) il risultato di consolidare tali credenze, conferendo a torto ancora una volta alla dominazione con la forza della natura (e alla caccia in particolare) da parte dell’uomo,  un ruolo centrale nella gestione delle risorse naturali, che ha già fatto troppi danni nel passato.” (Pro Natura, citata)
il prof. Luigi Boitani, zoologo, Università
di Roma
Nella prefazione al suo primo libro (Dalla parte del lupo, 1986) il Luigi Boitani, allora semplice ricercatore finanziato dal WWF e dal Parco Nazionale d’Abruzzo, scriveva che esistono due lupi. “Uno fantastico (somma di una infinità di storie, leggende, racconti, fantasie, ecc.) e uno reale (biologico)”. Aggiungeva che avrebbe cercato, con il suo libro, “di distruggere il lupo falso”, per meglio difendere quello reale. Ahimè, la vita! Oggi, il cattedratico prof. Luigi Boitani è senz’altro meglio finanziato, e però si trova nella scomoda situazione di difendere il lupo falso: “Oggettive condizioni di forte tensione sociale si possono verificare soprattutto in alcune parti dell’areale del lupo dove la specie ha fatto ritorno dopo decenni di assenza (…). In queste condizioni, il prelievo di alcuni esemplari può costituire, presso i gruppi di interesse più colpiti, una forma di gestione che può coadiuvare le altre azioni di prevenzione e mitigazione dei danni. Inoltre può rappresentare un importante gesto di partecipazione e una dimostrazione di flessibilità che possono aiutare a superare il clima di contrapposizione, che a volte sfocia in atti di bracconaggio incontrollabile.”  Si uccidono alcuni lupi veri, come dimostrazione di buona volontà atta a sopire le teste piene di fantasie irrazionali di lupi immaginari. E tra l’altro si uccidono proprio in quella popolazione alpina, esigua di numero, già sottoposta a prelievi da parte dei francesi, che il piano stesso ha identificato come “in stato di conservazione non ancora soddisfacente”, e soprattutto portatrice di una ridottissima variabilità genetica. In questo modo si rischia di frenare, se non chiudere del tutto, la spinta della specie a ricolonizzare le Alpi Centrali, che il piano dice di essere uno degli obiettivi da raggiungere.



[1] Angelo Gandolfi, fotografo e giornalista pubblicista, specializzato in divulgazione ambientale, con particolare riferimento al lupo e alle sue tematiche.

giovedì 25 febbraio 2016

Ferdinando Laghi, nuovo consigliere dell'Ente Parco nazionale del Pollino

Ferdinando Laghi è stato nominato consigliere dell'Ente Parco nazionale del Pollino. La nomina di Laghi, medico primario presso l'ospedale di Castrovillari, fondatore dell'associazione ambientalista IL RICCIO, responsabile per il Pollino dell'associazione Medici per l'Ambiente, è giunta in ritardo da parte del ministero
Ferdinando Laghi, nuovo componente dell'Ente
Parco nazionale del Pollino (foto da internet)
dell'ambiente a causa di non ben definiti "scogli burocratici". 
Laghi, finalmente è riuscito ad entrare nel sistema. Quell'Ente contro il quale si è battuto per anni riguardo alla controversa questione dell'avvio a biomassa della centrale del Mercure, ora avrà la possibilità di dire la sua dall'interno.
Speriamo bene!
Il Presidente Pappaterra si dice molto soddisfatto della nomina, congratulandosi con Laghi e auspicando ottima collaborazione.
Al di là delle dichiarazioni di circostanza, poco credibili per coloro che seguono le vicende del Parco da anni, Laghi, che è stato fortemente voluto dalle associazioni ambientaliste, raccoglie un testimone molto scomodo e non ci resta che augurargli tanta fortuna e tanta pazienza.
Rimettere in carreggiata l'Ente Parco del Pollino è cosa assai ardua, difficile e quasi impossibile.
I problemi da affrontare sono tanti: dalla tanto vituperata Centrale del Mercure, agli Elettrodotti, al Piano del Parco, ai Lavoratori Socialmente Utili, ai tanti tagli inutili di boschi, alla perimetrazione da rivedere e, in ultimo allo stesso scopo si esistenza di un Ente che ha per statuto la Conservazione dell'Ambiente, molto prima di qualsiasi altra iniziativa di sviluppo. Poichè negli ultimi anni (e forse da sempre) si è pensato allo sviluppo economico: in pratica l'Ente Parco ha preso il posto delle Comunità Montane appena eliminate, appare chiaro che far invertire la rotta a una nave che va in tutt'altra direzione, è cosa assai improbabile,  se non impossibile. 
Laghi, avrà il compito di riportare la popolazione del Pollino a credere che un nuovo sviluppo ecosostenibile sia possibile.
E' molto difficile, ma è ancora possibile recuperare quel poco dello spirito degli anni Novanta, particellizzato in mille rivoli,  sparso in tutto il territorio, tra quei pochi sopravvissuti che ancora continuano a credere che un cambiamento di rotta può sempre avvenire. 
Non ci resta che augurare a Ferdinando Laghi buon lavoro!
Se ha bisogno di noi, siamo a disposizione.

Morte al lupo! Ritorno al Medioevo - seconda parte

In questo momento in Italia si combattono due battaglie: una contro i cinghiali e l’altra contro il lupo.
Foto dal web
Per il cinghiale la soluzione è presto trovata: basta assoldare schiere di selettori in tutta Italia, parchi compresi, e demandare a questi l’uccisione del surplus di questi animali e tutto va bene. Salvo poi ritrovarsi lo stesso problema l’anno successivo. Infatti, il prelievo selettivo come avviene ora non serve a nulla. Se non a rimpinguare le scorte di carne fresca nel proprio congelatore o in quello degli amici e di ristoratori compiacenti.
Non ha importanza se alcune province continuano ad immettere nel territorio nuovi esemplari.
Invece la questione lupo è diversa.
È di questi giorni la notizia della stesura di una bozza di “PIANO NAZIONALE” sulla gestione e conservazione del lupo in Italia.
Pare che non sia previsto nessun abbattimento o prelievo selettivo autorizzato a priori di lupi : invece è fissata con criteri scientifici una precisa autolimitazione al prelievo, un confine massimo invalicabile di 60 lupi: numero calcolato dagli esperti per garantire una soglia di assoluta sicurezza rispetto all’impatto sulla popolazione (????).
In nessun punto nel Piano d’azione si fa riferimento all’abbattimento di cani-lupo e cani randagi, né all'interno delle aree protette né al di fuori.
"E’ previsto dal testo che, nel quadro di un insieme di misure volte a migliorare lo stato di conservazione del lupo, il Ministero potrà autorizzare deroghe al divieto di prelievo, secondo quanto già previsto dalla Direttiva ‘Habitat’ e dal decreto 357 del 1997 che recepisce l’atto europeo, ponendo però allo stesso tempo una serie di prescrizioni ancor più stringenti rispetto alla normativa vigente.
Il Ministro dell'Ambiente, Gianluca Galletti
(foto da internet)
Proprio per garantire il rigore scientifico e l’impegno nella conservazione del lupo, la bozza di Piano, che nei prossimi giorni sarà all’attenzione del Comitato paritetico per la biodiversità e successivamente della Conferenza Stato-Regioni, è stata redatta a partire dalle più aggiornate informazioni scientifiche raccolte dai massimi esperti italiani, in un processo pubblico e aperto di consultazione con tutte le associazioni e i soggetti interessati.
Le eventuali deroghe, da valutare e autorizzare caso per caso sulla base di analisi e dati oggettivi, hanno l’obiettivo di mitigare il conflitto sociale, connesso alla coesistenza uomo-lupo: conflitto che in questi anni si è manifestato in molteplici ambiti geografici e che ha concorso all'aumento di episodi di bracconaggio, pur in presenza di un consistente e costante impegno di Amministrazioni pubbliche, associazioni ambientaliste e progetti finanziati dalla Comunità europea per promuovere la conservazione".

foto dal web
Fino a qui le precisazioni fatte dal Ministero dell’ambiente per la richiesta avanzata da parte del comune di Verona di poter abbattere diversi lupi in Lessinia in seguito alle denunce di frequenti casi di predazione sul bestiame domestico.

A queste puntualizzazioni si aggiunge la lettera dell’ISPRA dove si afferma che la presenza di nuclei di lupo non comporta alcun rischio per la sicurezza dell’uomo, considerato che non sì è registrato alcun caso di attacco da parte del lupo all’uomo dal dopoguerra nel nostro Paese, né esiste alcun dato di attacco successivamente al 1825.
Inoltre, l’ISPRA ribadisce che la cattura e il trasferimento del branco responsabile degli episodi di predazione non appare una soluzione tecnicamente applicabile in quanto il lupo compie naturalmente spostamenti anche di centinaia di chilometri e un trasferimento degli esemplari rischia di avere effetti solo temporanei.
Già nel piano d’Azione Nazionale per la Conservazione del Lupo è stato ribadito come questo tipo di interventi sia poco efficace e da scongiurare.
Per cui la soluzione, al fine di mitigare gli impatti causati dal lupo in Lessinia (e in tutta Italia, NdR) sta nella prevenzione e compensazione dei danni.
Fin qui, i documenti ufficiali.
Però la situazione è estremamente fluida e pericolosa per il lupo in tutta Italia.
Si rischia di tornare al Medioevo, come afferma il GRUPPO LUPO ITALIA.
Il problema è molto più vissuto sull’arco alpino che non nel resto d’Italia.
Questo perché il lupo, che si era estinto da queste regioni agli inizi del Novecento, poi è ritornato (e non è vero che è stato reintrodotto, come sostengono alcuni esperti) ad attaccare mandrie e greggi, con grosse difficoltà per i pochi allevatori rimasti in queste valli.

Manifestazione contro i lupi in Francia a Grap
in occasione del Giro di Francia (foto dal web)
Gli allevatori – soprattutto delle valli piemontesi, lombarde e venete – sostengono che il “Piano di conservazione e gestione del lupo in Italia presentato dall’Unione Zoologica Italiana lo scorso 19 ottobre su incarico del Ministero dell’Ambiente è un altro esempio di errata gestione del problema, creato da un gruppo di esperti di lupi ma inevitabilmente inesperti in pastorizia. Stiamo rischiando di mettere a rischio il futuro dei pastori e di conseguenza, mancando il loro lavoro nella conservazione del territorio, avremo gravi danni per l’ambiente”.

L’intervento del professor Michele Corti, docente di zootecnia montana presso l’Università di Milano e rappresentante dei pastori lombardi, ha analizzato la diffusione del lupo non solo sulle Alpi e sugli Appennini ma a livello europeo,ed ha evidenziato che è possibile notare, negli ultimi decenni, una grande diffusione del predatore. A differenza dell’Italia però, in quasi tutti gli altri Paesi sono stati autorizzati abbattimenti in seguito alle richieste del settore agricolo. Il lupo viene cacciato in Svizzera, Francia, Svezia e molti altri stati, nonostante il predatore sia tra le specie protette dalla convenzione di Berna e dalla direttiva Habitat.

“In Italia – spiega il professor Corti – sembra che l’abbattimento del lupo sia una parola da non pronunciare assolutamente, impossibile da realizzare in quanto la legislazione non lo permette. Il lupo ha trovato nelle nostre montagna un territorio pieno di cibo, in cui nessuno gli fa del male: il paradiso. Mentre per i pastori questa situazione si sta trasformando in un inferno. Ma è poi vero che il lupo è l'unica cosa importante e tutelata? Esistono molte altre convenzioni internazionali volte a tutelare le pratiche agricole, la biodiversità delle razze animali autoctone, la cultura locale, oltre a norme fondamentali che tutelano la sicurezza, la libertà economica, la proprietà. Tutte queste tutele, sono diritti che vanno difesi: non si può dare come unica priorità la conservazione del lupo ma serve il giusto compromesso.

siamo tornati al Medioevo (foto dal web)
Intanto il lupo sta arrivando in pianura e vicino alle grandi città mentre sui pascoli la situazione è insostenibile: le recinzioni non bastano, il lupo non si mangia solo le pecore ma in alcuni casi si sbrana addirittura il cane da guardia, gli indennizzi sono troppo bassi, spesso non concessi.

Le conseguenze? I pastori si stufano di denunciare le predazioni, molti alpeggi non vengono più pascolati, le misure di difesa si scontrano con il corretto utilizzo dei pascoli e il benessere animale.

Il Presidente di Alte Terre, Giorgio Alifredi, in quanto allevatore della Valle Maira ha espresso la sua volontà nel potersi difendere in caso di attacchi: “Finché esiste l’allevamento e la pastorizia dobbiamo poter difendere i nostri animali dagli attacchi. Non pensate che il pastore abbia il tempo di andare a caccia del lupo, ma nel momento in cui un predatore attacca il gregge devo poterlo allontanare, non posso stare a guardare mentre si sbrana i miei animali, il mio lavoro.”

Esemplare di Canis Lupus (foto da internet )
Alifredi ha poi esposto il “manifesto antilupo” redatto dalle associazioni AlteTerre e Adialpi con il quale si vuole portare alla attenzione della politica europea quali sono le difficoltà che ha recato il ritorno del lupo sulle Alpi e quali provvedimenti occorre attuare per far sì che la pastorizia non scompaia dalle nostre montagne. “L’unica soluzione efficace – riporta il documento - per risolvere a lungo termine il conflitto tra predatori e gente di montagna è mettere in discussione la Direttiva Habitat e uscire dalla Convenzione di Berna: in effetti, la vera specie che rischia ormai l’estinzione sulle Alpi non è certo il lupo, ma l’essere umano, in particolare il contadino e la sua famiglia!”

Tra gli interventi anche Daniele Massella, allevatore della Lessinia in Veneto, che descrive la situazione delle vallate veronesi dopo l’arrivo dei lupi: “Sugli alpeggi ci sono meno animali perché molti malgari non si fidano più a lasciare le vacche al pascolo, preferiscono tenerle in stalla, nonostante i costi più elevati. I risarcimenti non sono abbastanza alti, non si tiene conto del giusto valore genetico degli animali. La convivenza tra lupi e zootecnia è impossibile: occorre cambiare le leggi che lo tutelano altrimenti gli allevatori scompariranno dalle nostre montagne.”

Aiassa Tiziano, margaro di Limone Piemonte ha descritto la sua situazione: “Sono un allevatore di bovini di razza Piemontese. In cinque anni ho subito 30 perdite per attacco da lupo. I primi anni mi venivano risarciti. Ultimamente nemmeno quello: i veterinari dell’Asl, incaricati di fare le perizie delle predazioni in campo, non vogliono attestare che si tratta di attacchi da lupo e gli animali oltre i 3 anni non sono comunque indennizzati. Oltre al danno, veniamo messi in dubbio delle nostre dichiarazioni. Serve una controperizia oltre a quella dell’Asl per i casi in cui questa non sia sufficiente.”

Questo è quanto sta succedendo nell’arco alpino e oltre i confini, in Francia.
L’anno scorso la ministra francese dell’Ambiente è dovuta correre a Grap dove un gruppo di sindaci, allevatori in corteo aperto da mandrie di capre minacciava di bloccare il Giro di Francia.

Come se ne esce?

Se ne esce dando piena attuazione al Piano di Conservazione del Lupo senza abbattimenti e catture. Erogando rimborsi rapidi e consistenti, finanziamenti per le recinzioni, cani da guardia e incentivi ai pastori per migliorare le condizioni di vita dei/nei propri pascoli.
Disponibilità di risorse economiche per far fronte ai problemi su menzionati.


Fine seconda parte



lunedì 22 febbraio 2016

Ricordo di Umberto Eco


Umberto Eco . Dieci frasi celebri[1]
Anch’io, nel mio piccolo, voglio ricordare Umberto Eco.
Ho letto quasi tutti i suoi libri, tuttavia non sono in grado di fare una critica letteraria e quantomeno una recensione dei suoi lavori.
Pubblico di seguito alcune delle sue tantissime frasi celebri che amava lanciare in occasione di incontri con giornalisti o in eventi accademici, per provocare e agitare le acque.
Ho ascoltato, anni fa a Bari, una sua Lectio Magistralis, in occasione della giornata del libro organizzata dalla Laterzaeditori, e, siccome, bisognava premiare la scuola che aveva meglio interpretato il concorso letterario proposto dalla casa editrice, Eco non esitò a mettersi in tasca gli appunti e andare a braccio.
Fu una lezione godibilissima e unica.
Si, è stato davvero un grande della letteratura italiana!


1.      I social e gli imbecilli
“I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione
Umberto Eco (foto dal web)
degli imbecilli”.

Durante un incontro con i giornalisti nell’Aula Magna della Cavallerizza Reale a Torino in occasione del conferimento della laurea honoris causa in Comunicazione e Cultura dei media


2.    Chi non legge
“Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5.000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… Perché la lettura è un’immortalità all’indietro”.

Dall’articolo “Perché i libri allungano la vita” pubblicato sulla rubrica La bustina di Minerva, L’Espresso, 2 giugno 1991

3.     Il Computer non è intelligente
“Il computer non è una macchina intelligente che aiuta le persone stupide, anzi, è una macchina stupida che funziona solo nelle mani delle persone intelligenti”.

Dalla prefazione a Claudio Pozzoli “Come scrivere una tesi di laurea di laurea con il personal computer”

4.     Vent’anni di vantaggio
“Di qualsiasi cosa i mass media si stanno occupando oggi, l’università se ne è occupata venti anni fa e quello di cui si occupa oggi l’università sarà riportato dai mass media tra vent’anni. Frequentare bene l’università vuol dire avere vent’anni di vantaggio. È la stessa ragione per cui saper leggere allunga la vita. Chi non legge ha solo la sua vita, che, vi assicuro, è pochissimo. Invece noi quando moriremo ci ricorderemo di aver attraversato il Rubicone con Cesare, di aver combattuto a Waterloo con Napoleone, di aver viaggiato con Gulliver e incontrato nani e giganti. Un piccolo compenso per la mancanza di immortalità. Auguri”.

Da un discorso alle matricole del corso di laurea in Scienze della Comunicazione a Bologna nel 2009.


5.      I due tipi di libro
“Ci sono due tipi di libro, quelli da consultare e quelli da leggere. I primi (il prototipo è l’elenco telefonico, ma si arriva sino ai dizionari e alle enciclopedie) occupano molto posto in casa, sono difficili da manovrare, e sono costosi. Essi potranno essere sostituiti da dischi multimediali, così si libererà spazio […] I libri da leggere non potranno essere sostituiti da alcun aggeggio elettronico. Sono fatti per essere presi in mano, anche a letto, anche in banca, anche là dove non ci sono spine elettriche, anche dove e quando qualsiasi batteria si è scaricata, possono essere sottolineati, sopportano orecchie e segnalibri, possono essere lasciati cadere per terra o abbandonati aperti sul petto o sulle ginocchia quando ci prende il sonno, stanno in tasca, si sciupano, assumono una fisionomia individuale a seconda dell’intensità e regolarità delle nostre letture […] Il libro da leggere appartiene a quei miracoli di una tecnologia eterna di cui fan parte la ruota, il coltello, il cucchiaio, il martello, la pentola, la bicicletta”.

Dalla rubrica La bustina di Minerva, l’Espresso 1985

6.     Il terrorismo
“Quando il terrorismo perde, non solo non fa la rivoluzione ma agisce come elemento di conservazione, ovvero di rallentamento dei processi di cambiamento”.


       Dall’articolo “Sparare perché nulla cambi”, pubblicato su Repubblica il 22 marzo 2002

7.     Fidarsi di Wikipedia
“Quanto ci si deve fidare di Wikipedia? Dico subito che io mi fido perché la uso con la tecnica dello studioso di professione [… ] Ma io ho fatto l’esempio di uno studioso che ha imparato un poco come si lavora confrontando le fonti tra loro. E gli altri? Quelli che si fidano? I ragazzini che ricorrono a Wikipedia per i compiti scolastici? [… ] da gran tempo io avevo consigliato, anche a gruppi di giovani, di costituire un centro di monitoraggio di Internet, con un comitato formato da esperti sicuri, materia per materia, in modo che i vari siti fossero recensiti e giudicati quanto ad attendibilità e completezza“.
Dall’articolo “Ho sposato Wikipedia?”, pubblicato su L’Espresso il 4 settembre 2009.
8.     Mike Bongiorno
Mike Bongiorno non si vergogna di essere ignorante e non prova il bisogno di istruirsi. Entra a contatto con le più vertiginose zone dello scibile e ne esce vergine e intatto [… ] pone grande cura nel non impressionare lo spettatore, non solo mostrandosi all’oscuro dei fatti, ma altresì decisamente intenzionato a non apprendere nulla”.
Dalla raccolta di scritti “Diario minimo” del 1963

9.     Paranoia e cospirazione
“La paranoia della cospirazione universale non finirà mai e non puoi stanarla perché non sai mai cosa c’è dietro. È una tentazione psicologica della nostra specie. Berlusconi ha passato tutte le sue campagne elettorali a parlare di doppia cospirazione, dei giudici e dei comunisti. Non ci sono più 
comunisti in circolazione, nemmeno a cercarli col lanternino, eppure per Berlusconi stavano tentando di conquistare il potere”.
Da un’intervista al Guardian nel 2011

10.  L’uomo colto
“Per me l’uomo colto non è colui che sa quando è nato Napoleone, ma colui che sa dove andare a cercare l’informazione nell’unico momento della sua vita in cui gli serve, e in due minuti”.

Da “Se tutta la conoscenza è un viaggio giocoso”, Stefano Bartezzaghi a colloquio con Umberto Eco, pubblicato su Repubblica il 1 settembre 2003





[1] Queste frasi sono state trovate su: il fatto quotidiano.it 

domenica 21 febbraio 2016

La Shell lascia il Mare Jonio

Piattaforma petrolifera (foto dal web)
Ogni tanto un effetto positivo della nostra tremenda burocrazia ministeriale dà un nuovo corso alla politica energetica del nostro paese.
È di questi giorni la notizia che la Shell ha scritto al Ministero dello Sviluppo economico dicendo di voler rinunciare alla ricerca di petrolio e gas nel Golfo di Taranto.
Forse (dico forse perché non si sa mai) non vedremo più quelle orribili piattaforme che sbucano dall’orizzonte del mare come carciofi fuori posto, brutte come la morte e inquinanti come un qualsiasi impianto industriale e forse più.
Ufficialmente la motivazione è di ordine economico, visto il calo del petrolio. Sicuramente non l’unica: c’è da aggiungere l’incertezza dell’esito del referendum del 17 aprile (ANDATE TUTTI A VOTARE!!!!), la riperimetrazione delle aree interessate e – sicuramente – le offerte più vantaggiose del governo Iraniano. Infatti, la recente fine dell’embargo durato quasi quattro decenni, Teheran vuole recuperare il terreno perduto. Così la multinazionale potrebbe investire nel Golfo Persico quei 2 miliardi di euro che aveva intenzione di spendere nei progetti italiani.
Le continue riperimetrazioni della superficie oggetto di ricerca, lo spostamento della distanza oltre le dodici miglia marine dalla costa per poter estrarre idrocarburi (grazie al Governo Berlusconi), il ricorso delle dieci regioni che hanno richiesto il referendum, l’incertezza dell’esito hanno convinto la compagnia petrolifera a rinunciare alle prospezioni. Nonostante il governo Monti avesse aperto loro uno spiraglio (salvando le procedure già avviate) e le autorizzazioni dell’inutile Ministero dell’Ambiente e tutela del territorio e del mare (sic!).

Forse, la Secca di Amendolara è salva. 

venerdì 19 febbraio 2016

Foto dell'anno

World Press Photo 2016 
Vince lo scatto “della speranza”: bimbo migrante passa sotto il filo spinato

 Quest’anno, a vincere il World Press Photo 2016 prestigioso concorso internazionale, è l’immagine realizzata dal freelance australiano Warren Richardson che ritrae un uomo che passa un bambino attraverso una recinzione tra i campi di Röszke, lungo il confine tra Serbia e Ungheria. Il titolo è ‘Speranza per una nuova vita’. 

giovedì 18 febbraio 2016

Il Presidente generale del Club Alpino Italiano in Calabria

Martedì 23 febbraio, nell'aula magna dell'università della Calabria ci sarà un importante incontro, organizzato dalla delegazione regionale del Club Alpino Italiano, con la presenza del presidente Generale Umberto Martini, per discutere dell'importanza dell'UTILIZZAZIONE DEI SENTIERI E DEL TREKKING PER PROMUOVERE IL TURISMO SOSTENIBILE IN MONTAGNA.

Programma
L'incontro sarà moderato dal presidente della Delegazione calabrese del CAI, Aldo Ghionna.
Oltre alla presenza di numerosi sindaci interessati, dai responsabili dei tre parchi nazionali calabresi e del parco regionale delle Serre, studiosi, sindaci, associazioni di Guide del Parco.
In questa occasione il Presidente Generale stipulerà i Protocolli d'Intesa con i Parchi nazionali riguardanti la sentieristica e i rifugi.
Infatti, nel pomeriggio è previsto un incontro alle ore 18.00 presso il Museo etnico di Civita per informare Martini della intesa intercorsa nei mesi scorsi tra la presidenza della sezione del CAI Castrovillari, il sindaco di Civita e il presidente dell'Ente Parco del Pollino, di prendere in gestione il Rifugio di Colle Marcione dopo i lavori di ristrutturazione che partiranno a breve.

MORTE AL LUPO! RITORNO AL MEDIOEVO prima parte


E’ tornato il tempo della “caccia al lupo”, un’isterìa scatenata dalla valanga di menzogne tuffate nel mare di ignoranza che ormai nutre la politica, la mediatica e l’incultura di questo povero Paese, capace di autodistruggersi giorno dopo giorno. Sono tornate in auge le vecchie favole del “lupo cattivo”, dei ripopolamenti di belve lanciate dagli elicotteri, dell’invasione di torme di predatori scatenati, sufficienti a giustificare le corse alle sparatorie senza limiti. L’ultima “perla” è stata offerta alla Televisione da “Le Jene”, con un incredibile servizio televisivo che conferma, per chi ancora ne dubiti, l’incessante dominio dell’analfabetismo ecologico nazionale. Ma il Gruppo Lupo Italia si ribella, protesta a nome dei lupi italiani e dei cittadini ancora in grado di ragionare con la propria testa: e ha scritto lettera aperta, che qui riportiamo per intero.

Care Jene, Cara Jenner, carissimi mezzi di (dis)informazione,
credete davvero che il tema del ritorno del lupo vada affrontato con il metodo della “caccia alle streghe”? Nessuno vi aveva mai parlato dell’Operazione San Francesco, che mezzo secolo fa aveva salvato il
Lupo italico. (foto dal web)
lupo appenninico dall’estinzione? Non pensate che i grandi predatori svolgano un ruolo essenziale nell’ambiente naturale, contenendo l’eccessiva espansione degli erbivori e tenendoli in continuo movimento?
Anziché affogare nel consueto “analfabetismo ecologico” che ispira oggi la politica e la (in)cultura prevalente, non sarebbe meglio approfondire un poco gli equilibri dinamici dell’ecosistema, in cui le uniche storture sono i goffi e disordinati interventi dell’uomo?
Certo, dobbiamo concedervi qualche attenuante. Perché se a scuola nessuno insegna l’ecologia (e si bandiscono anche musica, lingue antiche e storia dell’arte), il futuro di un popolo di cementificatori, trivellatori, inquinatori, massacratori di alberi e foreste, sarà bello che segnato. Del resto si sa bene che, come sancisce un manifesto sottoscritto da 500 scienziati europei, ormai “la politica ha scelto l’ignoranza”. E’ più comodo, o meglio consente di fare sempre e comunque i propri comodi. E poi, diciamolo: la vostra bibbia sono alcuni splendidi piani di azione per il lupo, dove si sposano le lungimiranti strategie del ministero dell’ambiente (venatorio) e le tattiche accademiche da “lupomat” (vale a dire, il lupo visto come bancomat per attingere sempre e comunque a nuovi fondi). Né mancano a vostro conforto sproloqui di certe associazioni parambientaliste filo-venatorie… Così il vostro credo insegna che la povera Italia sia invasa da migliaia di lupi ferocissimi (che però non hanno ancora prodotto neanche la millesima parte di morti e feriti del glorioso esercito di fucilieri). E prescrive rimedi da squartatori, facendo tacere chiunque dissenta. Ma non vi avevano raccontato che invece a Yellowstone, dopo il ritorno del lupo, la natura è rifiorita grazie alla cosiddetta “cascata trofica”? Perché, dicono, quanto più l’ecosistema è in movimento, tanto più la biodiversità se ne avvantaggia…
In Italia, invece, stiamo ripiombando precipitosamente nel Medioevo. Si rispolvera la vecchia leggenda extra-metropolitana dei lupi siberiani lanciati da aerei ed elicotteri (magari col paracadute?), si alimenta con ogni mezzo la paura del diavolo-lupo. Grazie alla combutta tra ignoranza e malafede, si mescola il sacro con il profano: ai branchi di autentici lupi, si sommano incoscientemente le legioni di ibridi, e di cani ranndagi, vaganti e inselvatichiti, che non vivono certo di aria e di erbe selvatiche, ma qualche danno al bestiame domestico lo producono, o no? Per non parlare poi dei cani lupi da compagnia, frutto di incroci con i lupi della Cecoslovacchia, venduti a caro prezzo ma poi spesso abbandonati perché voraci e pericolosi. Tutto colpa davvero del lupo cattivo, oppure di quell’uomo sapiente che oggi anela a distruggerlo?
Un dubbio ci arrovella, un quesito più penetrante sorge spontaneo.
Manifesto del Gruppo Lupo Italia
Dunque il futuro della società umana verrà assicurato solo sterminando tutti gli animali e annientando le forze della natura con cui non sappiamo convivere? Morte ai grandi predatori della terra, come orso lupo lince, e poi leone tigre leopardo ghepardo giaguaro, e poi delle acque, come squalo orca sula cormorano? Lasciamo perdere poi a piccola fauna, perché lo sterminio degli insetti e delle api sembra deciso da un pezzo. Quanto alle minoranze etniche, stiamo già facendo il possibile. In pratica, ci prepariamo a un bel futuro da grande sparatoria, sempre e dovunque (al diavolo le regole!), per migliorare la nostra qualità di vita. Sparare ai lupi perché sono troppi. E poi anche ai caprioli e ai cinghiali, perché aumentano a dismisura. Incrementare predatori ibridi, e ripopolare di porcastri, perché la giostra delle doppiette e degli affari in nero non abbia a cessare, ma punti gloriosamente sempre più a crescita e sviluppo, le due parole magiche.
E sia consentita un’ultima domanda. Nelle dilaganti inchieste contro la natura matrigna, non punge il vago sospetto che dietro alla fiera dei fucilieri giustizieri e al festival delle libere sparatorie non covino magari anche gli interessi delle industrie armiere? Quelle che facevano, e fanno ancora, lauti affari con il commercio degli ordigni di morte, dalle mine anti-uomo ai giocattoli esplosivi, dai fucili di precisione ai missili, dalle pistole alle mitragliette, fino a ogni varietà di bombe e proiettili… Ma forse questi sono solo cattivi pensieri momentanei, da scacciare lontano.

Una cosa però resta certa. Proprio la stessa Italia, che mezzo secolo fa sbalordì l’Europa, salvando quel lupo appenninico, che poi riconquistò la Francia (Bonne nouvelle, le loup revient! = Buone notizie, il lupo ritorna!, titolava il settimanale L’Express), sta ora cambiando rotta. E ha deciso di conquistare il primo posto internazionale non solo in materia di corruzione, evasione, sfacelo del territorio e pagliacciate, questo forse non era sufficiente. Vuole anche mettere a ferro e a fuoco tutto ciò che resta, o che tentava di risorgere, della vera natura. 

Segreteria Gruppo Lupo Italia