Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.

Art. 21 della Costituzione della Repubblica italiana

Io sono sempre dello stesso parere: sino a quando non sarà rinnovata la nostra classe dirigente, sino a quando le elezioni si faranno sulla base di clientele, sino a quando i Calabresi non indicheranno con libertà e coscienza i loro rappresentanti, tutto andrà come prima, peggio di prima.
Umberto Caldora (lettera a Gaetano Greco Naccarato, 1963)

venerdì 25 novembre 2016

Montanari per forza o per scelta?

Nelle mie peregrinazioni per le montagne italiane incontro sempre meno gente:
non solo escursionisti ma anche i montanari.
Sugli Appennini il problema si mostra da qualche anno; sulle Alpi, invece, ha origini antiche.
Infatti, a partire dagli anni Sessanta, con il miraggio delle fabbriche, del lavoro al riparo dalle intemperie e del reddito sicuro molti montanari sono scesi in pianura.
Ecco, questo problema comincia a essere registrato con tutta la sua forza anche sulle nostre montagne del Pollino.

Approfittando di un mio soggiorno in Lombardia ho partecipato a un convegno dal titolo molto eloquente: “Montanari per forza. Immigrazione straniera nelle montagne italiane: accoglienza ripopolamento, confino”, tenutosi presso l’Università di Milano Bicocca.

La tematica mi aveva colpito, tanto più perché l’incontro era stato organizzato dalla gloriosa associazione DISLIVELLI di Torino che da anni si occupa di montagna e dei problemi connessi allo spopolamento delle terre alte.

martedì 22 novembre 2016

Una bella notizia, molte notizie … inutili

       È mai possibile che un Ente Parco finanzi a una società privata la realizzazione di un film che non ha nulla a che fare con la “missione” della sua area protetta?
A quanto pare è possibile.

È accaduto al Parco del Pollino. Infatti, questa estate è stata presentata dalla società  Fabrique entertaiment srl (sponsorizzata dal Vice presidente del parco) la richiesta di 20,000 euro per la realizzazione di un film dal titolo molto eloquente: “Potere lucano” .
Un docufilm che, tra l’altro, ha avuto il contributo del MIBACT e il sostegno della Lucana Film Commission, e che porta, per la regia, la firma di Gigi Roccati.
Dal sito della produzione non si sa nulla sulla trama, sui protagonisti e sullo stato delle riprese.
Uno dei tanti striscioni mostrati in occasione di manifestazioni
con la Centrale del Mercure (Photo dal web)
Il provvedimento economico era stato classificato nelle spese straordinarie e quindi il Consiglio direttivo lo aveva approvato (con il voto contrario di uno dei consiglieri – Laghi – e l’astensione di Volponi, consigliere ISPRA), all’unanimità.
Per fortuna - una volta tanto - il Ministero dell’ambiente, in quanto organo vigilante sulle spese dei parchi, ha chiesto ulteriori delucidazioni sulle motivazioni che avevano portato a tale erogazione finanziaria ad un soggetto privato per la realizzazione di un prodotto commerciale.
In attesa della documentazione la proposta è stata bocciata.

mercoledì 16 novembre 2016

Il Senato licenzia le modifiche alla legge quadro sui parchi

Nell’ottica ormai quasi ventennale di attivarsi per fa sì che le aree protette in Italia siano … meno protette anche questa ultima modifica alla legge quadro si avvia verso tale direzione.
Piccoli tasselli, un comma aggiunto “per caso”, un aggettivo sostituito all’ultimo minuto, una parola messa nell’articolato complesso e unico fanno sì le tante battaglie fatte per giungere all’istituzione dei Parchi e riserve in Italia con lo spirito principe della Conservazione in primo luogo, anche in questa battuta subisce un piccolo ritocco.
Nevaio sul Pollino. (foto da internet)
Se da una parte la legge ha di fatto dato vita a molti parchi nazionali (ne avevamo cinque prima della entrata in vigore delle norme contenute nella 394, oggi ne abbiamo ventiquattro, considerando anche l’ultimo parco nato qualche giorno fa), dall’altra la vecchia legge ha garantito percorsi chiari (forse con tempi lunghi) nella nomina della Governance di un Ente Parco.
Oggi con la scusa di accelerare i tempi, per esempio, si nomina il Direttore direttamente.

«11. Il direttore del parco è nominato dal Presidente del parco in considerazione delle attitudini, delle competenze e delle capacità professionali possedute, purché attinenti al conferimento dell’incarico. Il Presidente del parco provvede a stipulare con il direttore nominato un apposito contratto di diritto privato per una durata non superiore a cinque anni. Alla cessazione dalla carica del Presidente che lo ha nominato il direttore può essere revocato dall’incarico entro novanta giorni, decorsi i quali si intende confermato sino alla naturale scadenza del contratto»;

I Piani del Parco che oggi devono essere approvati dalle Regioni hanno tempi di attesa lunghissimi (per esempio, il Piano del Parco del Pollino, nonostante l’ente di gestione l’abbia licenziato da diversi anni, non è stato ancora approvato); allora come si risolve questo problema? Con il silenzio-assenso. Infatti, se entro dodici mesi le regioni non si esprimono sui contenuti e muovono eventuali suggerimenti, il Piano si intende approvato, nonostante probabili o possibili (direi voluti) articolati che al momento opportuno vanno ad incidere sugli obiettivi di un area protetta.
Altra novità sta nel fare un unico piano che contiene sia gli indirizzi di tipo socio-economico che quelli paesistici.
Però, d’ora in poi questo non si chiamerà più Piano ma Carta del Parco.
Con un sistema complesso di modifiche e di “rimpalli” tra Comuni, Regioni, Comunità montane (lì dove sono ancora in vigore), la Carta del Parco dopo essere stata approvata dal Consiglio Direttivo ed essere approvata dalla Comunità del Parco (parere vincolante): entro trenta giorni.
Seguono altri quaranta giorni presso gli enti di cui sopra.
Altri quaranta giorni per le osservazioni scritte di qualsiasi cittadino.
Altri trenta giorni per esprimere il parere dell’Ente Parco sulle osservazioni presentate.
Entro quarantacinque giorni, la regione d’intesa con l’Ente Parco.
Per un totale di 185 giorni, ossia sei mesi.     
Qualora trascorsi questi mesi e non si è fatto nulla, sarà il Ministero dell’Ambiente che interverrà. In che modo la norma non lo dice.
Un’altra questione che lascia parecchie perplessità è l’istituzione di una specie di tassa che gli interessati pagheranno all’Ente Parco qualora decidano di sfruttare le risorse presenti all’interno dell’area protetta.
Si parla di royalties che gli interessati verseranno all’Ente Parco per sfruttare cave, minerali, acque e petrolio. Riguardo quest’ultimo argomento, l’idea è venuta a Domenico Totaro, presidente del Parco dell’Appennino lucano, che ha più volte parlato di “criterio di ristoro ambientale” come rimborso per i danni causati dallo sfruttamento delle risorse ricadenti dentro un parco nazionale.

1-ter. I titolari di autorizzazioni all’esercizio di attività estrattive, già esistenti alla data di entrata in vigore della presente disposizione, nelle aree contigue di cui al comma 2-bis dell’articolo 12 sono tenuti a versare annualmente all’ente gestore dell’area protetta, in un’unica soluzione e a titolo di contributo spese per il recupero ambientale e della naturalità, una somma pari ad un terzo del canone di concessione.

1-quinquies. I titolari di concessioni di coltivazione degli idrocarburi liquidi e gassosi, già esistenti alla data di entrata in vigore della presente disposizione nel territorio dell’area protetta e nelle aree contigue di cui al comma 2-bis dell’articolo 12, sono tenuti a versare annualmente all’ente gestore dell’area protetta, in un’unica soluzione e a ti-tolo di contributo alle spese per il recupero ambientale e della naturalità, una somma pari, in sede di prima applicazione, all’1 per cento del valore di vendita delle quantità prodotte. L’ammontare definitivo di detto contributo e le modalità di versamento all’ente gestore dell’area protetta sono determinati con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.

Infine, entra dalla finestra, quella che è stata cancellata nella prima stesura della 394: la questione caccia.

Infatti, l’ente parco si occuperà delle aree contigue dove si possono esercitare la caccia, pesca e le attività estrattive che verranno regolamentate dall’Ente Parco.
Per questo il Parco e i suoi organi dirigenziali sono paragonati alla pari di altri enti in fatto di elargizione di contributi per i fini più disparati anche estranei agli obiettivi di conservazione della natura: l’Ente parco finanzierà impianti di depurazioni, di risparmio energetico servizi ed impianti di carattere turisticonaturalistico da gestire in proprio o da concedere in gestione a terzi sulla base di atti di concessione alla stregua di specifiche convenzioni; l’agevolazione o la promozione, anche in forma cooperativa, di attività tradizionali artigianali, agro-silvo-pastorali, culturali, di servizi sociali e biblioteche, di restauro, anche di beni naturali, e di ogni altra iniziativa atta a favorire, nel rispetto delle esigenze di conservazione del parco, lo sviluppo del turismo e delle attività locali connesse. Una quota parte di tali attività deve consistere in interventi diretti a favorire l’occupazione giovanile ed il volontariato, nonché l’accessibilità e la fruizione, in particolare per i soggetti diversamente abili».

Il Bosco del Pollinello in veste autunnale. 
Neanche una parola per quanto riguarda la vigilanza nelle aree protette.
L’attività di sorveglianza che fino ad oggi è stata condotta dal Corpo forestale dello Stato, a partire dal prossimo anno non si sa a chi verrà affidata, visto che il CFS è stato accorpato ad altri corpi di polizia.
Altra questione importante è la composizione del Consiglio Direttivo di un area protetta.
Eliminate, da un decreto del governo Monti, le figure dei docenti universitari in rappresentanza degli atenei ricadenti nel territorio del Parco, sono state inserite rappresentanze di organizzazioni agricole e rafforzata la presenza dei sindaci.
Ridotta la presenza dei rappresentanti delle associazioni ambientali.
Come dire che sono stati messi da parte gli interessi generali per favorire quelli locali e localistici.
Mentre i componenti del Consiglio direttivo possono essere confermati una sola volta, il presidente non ha vincolo di mandato.
Un’altra novità sta nell’inserimento della FEDERPARCHI – l’associazione che raggruppa tutte le aree protette – come rappresentante istituzionale degli enti di gestione dei parchi.
Questa, estrema sintesi, sono alcune delle tantissime modifiche inserite nella norma appena licenziata dal Senato.
Centoventiquattro pagine piene di commi, rettifiche, adeguamenti, nuove definizioni e competenze che sicuramente lasceranno un segno indelebile nella governance delle aree protette italiane.
Speriamo bene!

Ma veniamo alle reazioni.
Ovviamente, tutti i presidenti in carica si sono affrettati ad osannare il nuovo articolato appena licenziato dal Senato.
Così il presidente Domenico Totaro del Parco nazionale Appennino lucano
“La legge che reca nuove disposizioni in materia di aree protette era attesa da tempo e finalmente, dopo l’approvazione del Senato, si appresta ad essere varata definitivamente con il passaggio alla Camera. Naturalmente può sempre essere migliorata ma oggi non possiamo non esprimere moderata soddisfazione per i suoi contenuti.”

Fa eco la dichiarazione congiunta dei presidenti del Parco d’Aspromonte Bombino e del Pollino, Pappaterra.

Essi affermano che:
“Le modifiche della Legge Quadro 394/91 sulle aree protette, approvate a larga maggioranza in Senato, migliorano l’efficienza gestionale dei Parchi e assicurano una più ottimale tutela dei valori naturalistici dei territori protetti in Italia. Tra le importanti integrazioni al testo è da segnalare l’inserimento, in seno ai consigli direttivi dei Parchi e in aggiunta ai rappresentanti del mondo scientifico e delle associazioni ambientaliste, degli esponenti del mondo agricolo; elemento, questo ultimo, che qualifica il rapporto tra l’Istituzione e le espressioni più prossime al territorio e contribuisce, inoltre, a 
Il presidente del Parco del Pollino Mimmo Pappaterra
intervistato da Roberto Fittipaldi
coniugare alle scelte in materia di gestione del patrimonio naturale le istanze degli operatori del settore. Le modifiche approvate rappresentano una pagina nuova nella capacità di fare sistema e di elevare la dignità descrittiva dei territori protetti, nel convincimento che esaltino e sostengano le loro peculiarità. Siamo certi che sul cammino intrapreso confluiranno anche quanti, in questo momento, avversano il portato normativo approvato da uno dei due rami del Parlamento.”

A scanso di equivoci, però, è meglio che la Commissione Ambiente della Camera dia un’altra occhiata alle norme licenziate dal Senato. Non si sa mai!

Ed ecco l’auspicio di Pappaterra e Bombino, quest’ultimo in qualità anche di presidente calabrese della Federparchi.
 A tale scopo fondamentale sarà il contributo della Commissione Ambiente della Camera dei Deputati, che, in seconda lettura del ddl, potrà individuare eventuali possibili punti di convergenza, che valorizzeranno la pluralità di sensibilità, fornendo un valore aggiunto all’impianto che, di per sé, racchiude già elementi di grande rilevanza e novità”.

WWF

Gli unici che cantano fuori dal coro sono solo le associazioni ambientaliste; in primis il WWF parla di mancata accoglienza delle osservazioni e delle proposte di centinaia di esperti e uomini di cultura e quindi chiede che la riforma venga modificata alla Camera.
In sintesi, ecco alcuni punti critici sollevati dal WWF:
1.   Una modifica della governance delle aree protette che peggiora la qualità delle nomine e non razionalizza sufficientemente la composizione del Consiglio direttivo, in cui viene prevista la presenza di portatori di interessi specifici e non generali come deve essere. Non vengono definiti strumenti di partecipazione dei cittadini né la previsione di comitati scientifici;
2.       Una governance delle Aree marine Protette che non prevede alcuna partecipazione delle competenze statali e individua Consorzi di gestione gli uni diversi dagli altri;
3.       L’assenza di competenze specifiche in tema di conservazione della natura di Presidente e Direttore degli Enti Parco;
4.       Un sistema di royalties che, pur legato ad infrastrutture ad alto impatto già esistenti, deve essere modificato per evitare di condizionare e mettere sotto ricatto i futuri pareri che gli enti parco su queste dovranno rilasciare;
5.       Una norma che attraverso la “gestione faunistica”, con la governance prevista, acuirà le pressioni del mondo venatorio;
6.        L’istituzione di un fantomatico Parco del Delta del Po senza che venga definito se si tratti o meno di un parco nazionale, quando peraltro la costituzione di questo, come Parco Nazionale, è già oggi obbligatoria ai sensi dalla legge vigente
7.       Non si vietano le esercitazioni militari nei parchi e nei siti natura 2000;
8.       Non si garantisce il passaggio delle Riserve naturali dello Stato, del personale e delle risorse impegnato, ai parchi.

A questo canto si aggiunge Legambiente e il Centro Parchi Internazionale.

venerdì 4 novembre 2016

Vie ferrate e Dolomiti lucane

Un binomio che ultimamente riscuote sempre più successo di pubblico e consenso.
Qualche giorno fa, come CAI Castrovillari, abbiamo fatto una “uscita” in stile alpino con l’obiettivo di percorrere una delle due vie ferrate recentemente realizzate da una ditta trentina per conto della Regione Basilicata.
La nostra meta sono state le Dolomiti lucane.
Escursionisti del CAI Castrovillari impegnati
sulla ferrata "Marcirosa" nelle "Dolomiti lucane"
(foto di Luigi Perrone)
Un complesso roccioso tra i comuni di Pietrapertosa e Castelmezzano, nella Basilicata centrale, attraversato dal Basento. Un sistema di guglie spettacolari, di varie forme, che evocano animali, demoni e antiche tradizioni che contribuiscono a rendere più affascinanti questi luoghi.
L’arrivo era previsto, per la tarda mattinata, a Pietrapertosa, splendido centro abitato situato oltre i mille metri di quota a cavallo tra la Val Basento e la Val d’Agri.
All’uscita dello svincolo della Basentana per Pietrapertosa si è unito a noi Vincenzo Armentano, un nostro socio, nativo di San Lorenzo Bellizzi e che abita a Potenza.
Superato il ponte sul Basento, abbiamo iniziato a percorrere i numerosi tornanti che portano a Pietrapertosa: mi ha colpito il cartello che avverte come in paese non ci siano distributori di carburante.
Man mano che si sale, il paesaggio si diversifica, aumentano gli spazi e appare il primo dei tanti parchi eolici che avremo avuto modo di vedere durante la giornata.
Enormi pali, alti fino a cento metri, che svettano poco sopra l’abitato di Campomaggiore e, minacciosi, sfidano le forze del vento per produrre energia.
In molti dubitiamo sul reale apporto energetico di questi sistemi, almeno nel meridione d’Italia e ne abbiamo parlato un po’ con i compagni d’escursione… ma questa è un’altra questione.
La stradina si inerpicava sul versante settentrionale di Costa la Rossa nello splendido bosco di Gallipoli-Cognato, tra alberi di cerro, roverella e leccio, poi il bosco si è diradato ed è apparso qualche campo coltivato a non abbiamo capito bene cosa, mentre il centro abitato non si vedeva neanche lontanamente.
Abbiamo deciso di fare una modifica al programma iniziale e di prendere la vecchia stradina chiusa al traffico automobilistico che porta direttamente a Castelmezzano.
È questo un tratto   della strada provinciale che collegava la provinciale per Pietrapertosa con Castelmezzano, chiusa da tempo al traffico a causa di frane e smottamenti. Vistosi cartelli avvertono del divieto di transito che tutti, puntualmente, disattendono… e anche noi lo abbiamo fatto …  

lunedì 31 ottobre 2016

Ben tornate vecchie, care e utili carte geografiche!

A proposito di mappe cartacee
Carta geografia della calabria
(da internet)
Un recente studio pubblicato da alcuni esperti americani informa su come, dopo oltre dieci anni, ci sia un ritorno alle mappe cartacee. 
Infatti, le mappe vettoriali (quelle, per intenderci, che sono alla base di qualsiasi navigatore) spesso non soddisfano le esigenze dei cultori più curiosi.
Se da un lato indicano con precisione i luoghi, al contempo difettano di particolari se non sono strettamente legate (si riferisce alle mappe vettoriali…) a quelli per la navigazione in corso.
Quindi, ad esempio, se viaggiando sulla Salerno-Reggio Calabria si volessero conoscere i nomi dei monti circostanti, questo non è possibile.  
Infatti, la quantità di dati, a corredo delle mappe digitali, è strettamente connessa alla viabilità e, per non appesantirne il database, essa è ridotta agli elementi essenziali dal punto di vista delle informazioni geografiche, mentre abbonda di POI (Point of interest - Punti di Interesse) quali: distributori di carburante, ristoranti, pizzerie, supermercati, bar, alberghi e quant’altro possa servire all’automobilista in transito per quella località.
Invece, la solita, vecchia e cara mappa cartacea, se non è prettamente turistica, sicuramente contiene i nomi dell’orografia circostante e, in base alla scala, può riportare un maggiore o un minore numero di dettagli relativi al territorio che si sta attraversando.

Una schermata classica di un GPS Garmin (foto da Internet) 
Torniamo ai vecchi atlanti stradali? Sembrano maturati i tempi per rielaborarli, magari in abbinamento al navigatore per informazioni sulla logistica dei luoghi (i POI di cui sopra) in modo da avere informazioni immediate, di risposta al classico quesito: “che montagna è quella?” Oppure come si chiama il paesino che si vede su quella collina o il nome del santuario che spicca sopra la cima di un monte… e l’unirvi anche il nome di un buon ristorante tipico per fermarsi e gustare un buon piatto locale…
Consultazione di una carta escursionistica del Pollino a Piano Ruggio.
Fermo immagine tratto da una trasmissione RAI del TG1

Ben tornate vecchie, care e utili carte geografiche! 

giovedì 27 ottobre 2016

I finlandesi del MAGMA visitano le comunità arbereshe

Un gruppo di finlandesi del MAGMA, una sorta di centro di ricerche nazionali, ha visitato le comunità arbereshe della Calabria.
Il programma di visita è stato preparato dal CONFEMILI (Comitato Nazionale delle Minoranze Linguistiche) di Roma in collaborazione con i referenti locali.

Il Gruppo di studio era formato da:
Nils-Erik Forsgård, segretario generale di Magma, docente presso l’università di Helsinki  e scrittore famoso;
Olav S Melin, responsabile stampa di Magma ed ex-capo redattore di due importanti giornali in Finlandia e di uno in Svezia, è anche stato segretario generale di Folktinget, l'Assemblea della comunità svedese in Finlandia, prima di Christian Brandt;
Lia Markelin, responsabile di ricerca di Magma, professoressa di giornalismo nelle lingue minoritarie all'Università di Kautokeino in Norvegia;
Kaisa Kepsu, responsabile di progetti di Magma, ex-giocatrice della squadra nazionale di pallacanestro di Finlandia e professionista della serie A di pallacanestro in Spagna. È anche stata responsabile degli affari esteri di Hanasaari;
Markus Österlund, segretario generale di Folktinget, l'organizzazione che rappresenta la minoranza svedese della Finlandia.  Ex-consigliere di vari ministri finlandesi;
Johan Häggman, è stato responsabile degli studi e degli eventi di multilinguismo della Commissione europea. Membro di gabinetto del commissario di multilinguismo, l’economista romeno Leonard Orban, ex-consigliere del gruppo liberale del Parlamento europeo;
Johan Aaltonen, capo redattore di YLE, la RAI finlandese, Finnish Broadcasting Corporation;
Heidi Hakala, Capo redattrice della STP : agenzia di stampa dei giornali svedesi editi in Finlandia.

Il Gruppo di Masma fotografato al Belvedere "N. Douglas"
sulle Gole del Raganello a Civita. (Ph. di E. Pisarra) 
Il primo incontro è stato fissato a Civita dove, ospiti dell’Amministrazione comunale guidata da Alessandro Tocci, per l’occasione sono stati invitati tutti i sindaci dei comuni arberesh e tutte le associazioni culturali che si occupano di problematiche riguardanti le nostre comunità.
L’evento a cui ha partecipato anche il presidente del Parco del Pollino, Domenico Pappaterra, è stato un vero spettacolo folklorico e folkloristico.

Sono fuori da questo mondo da oltre otto anni e ho perso il polso della situazione, ma, improvvisamente, mi sono ritrovato con gli stessi compagni di cordata di un tempo: sì, solo un pochino più invecchiati, ma sempre gli stessi. 
Intervento del prof. Morelli del Confemili all'incontro di Civita con
amministratori arberesh e associazioni culturali. (Ph. di E. Pisarra)
Così mi sono ritrovato con Agostino Giordano, un po’ più canuto, ma sempre in forma, con il suo brio di sempre che si ostinava a parlare in arberesh provocando grosse difficoltà per la traduzione in finlandese; e con Damiano Guagliardi, già assessore al Turismo della Regione Calabria, padre della Legge Regionale sulle minoranze, attuale ideatore della Federazione delle Associazioni culturali che si occupano della comunità. Damiano ha ripercorso la genesi della Legge Regionale e si è lamentato del modo in cui la Regione Calabria abbia speso i fondi previsti in bilancio in opere pubbliche. Poi sono seguiti gli interventi politici dei vari sindaci. Tra i tanti si è notato il pessimismo del sindaco di Acquaformosa il quale ha affermato che ormai sono in pochi a parlare in lingua e questo a causa, soprattutto, della grande emigrazione dei giovani, cosa che rappresenta il vero problema del Meridione e delle comunità piccole e di montagna.
In giro tra i vicoli di Civita.
I finlandesi hanno fatto fatica a stare dietro a tanta animosità: loro non sono abituati a discutere a voce alta e con toni accesi. Chiedono. Si informano. Vogliono capire, al netto della discussione politica, cosa di concreto si stia facendo per bloccare questa fuga di giovani dai paesi e quali sono le iniziative per conservare la lingua nelle comunità.
È apparso chiaro come ci siano due correnti di pensiero: quella dei comuni, pressati da incessanti richieste da parte della popolazione (lavoro, servizi primari e beni di prima necessità), che cercano di sfruttare anche questa legge per ottenere fondi e risorse per sistemare strade, acquistare edifici che poi, una volta ristrutturati, rimangono chiusi, in quanto mancano altre risorse (oltre alle idee) per come utilizzarli;
Il presidente Pappaterra conclude l'incontro di Civita
(Ph. di E. Pisarra)
la seconda linea è dettata dalle associazioni culturali di vario titolo che arrancano, fanno progetti per la tal ricorrenza alla quale non in molti partecipano, per ristrutturare musei, spesso vuoti di visitatori, sostenere i vari periodici, che in pochi leggono e seguono. Sembra che queste associazioni vivano in un mondo a sé stante, incuranti del fluire del tempo e di come le comunità si spopolino sempre di più.
Si tratta di due realtà che non potranno mai coabitare perché hanno obiettivi e scopi diversi.
Una soluzione potrebbe essere quella di fare in modo che ognuno dei due vada per conto proprio, ma i progetti delle associazioni devono essere presentati alle Amministrazioni comunali per essere poi inoltrati alle Amministrazioni regionali per poter essere finanziati.

Ecco, a distanza di otto anni nulla è cambiato.
Alle insistenti domande dei finlandesi su cosa si stia facendo per conservare usi costumi e lingua sono state date infinite risposte, nessuna però, in concreto, ha convinto gli ospiti della bontà dell’idea al fine di realizzare tale salvaguardia.
Il presidente del Confemili, Domenico Morelli, autore, fautore e deus ex machina della Legge quadro 482, ha più volte ribadito come la mancata attuazione delle norme in essa contenute sia stata la causa del mancato raggiungimento degli obiettivi fissati evidenziando anche come le risorse, messe a disposizione dal Governo per tutte le minoranze italiane, sono risibili.

mercoledì 26 ottobre 2016

Ventitré anni fa qualcuno incendiò "Zi Peppe"

Sono passati ventitré anni da quel fatidico 20 ottobre 1993, giorno dell’attentato incendiario al Pino loricato “Zi Peppe”, il simbolo del nostro parco.
Emanuele Pisarra e personale del CFS davanti a "Zi Peppe"
ancora fumante. (Foto di Salvatore Esposito, tratte dal suo sito)

Me lo ha fatto ricordare Francesco Sallorenzo inviandomi alcune foto trovate in internet su un sito di un signore di Acri.

A parte il fatto di riconoscermi in alcune immagini, con qualche chilo in meno, molti capelli in più e una folta barba nera, mi vengono in mente tutti i cattivi pensieri che in quel momento ho fatto, davanti al povero “Zi Peppe” piegato su se stesso, ancora fumante, con gli agenti del CFS alla ricerca di elementi probanti per capire chi potesse essere stato, cercando di capire quali motivazioni fossero alla base di un così vile gesto.

Ricordo che guidavo una escursione con scolari della scuola media di San Giorgio Albanese, allora diretta dall’ottimo e intraprendente preside Carmelo Tucci, quando, giunti all’inizio del Piano di Pollino, provavo a cercare, leggendo la carta topografica, la posizione geografica della chioma di “Zio Peppe” che da quel punto si intravedeva appena.
Ecco come si presentava ai nostri occhi il pino loricato simbolo
del Pollino ( (Foto di Salvatore Esposito, tratte dal suo sito)
Invece in quella mattina di fine ottobre la chioma non si vedeva per niente.

Guardando poi con il binocolo si vedeva un leggero pinnacolo di fumo che si alzava verso l’alto dal punto in cui doveva esserci l’albero simbolo del Pollino.

Invitai i ragazzi a correre insieme con me verso il pino loricato perché sentivo che era successo qualcosa.

Infatti, appena arrivati vedemmo con sgomento che il povero “Zi Peppe” era piegato su se stesso e il leggero filo di fumo partiva dal suo interno, avvolgendosi in leggere spirali che salivano ordinate verso l’alto.
Nella foto di Salvatore Esposito si riconosce (di spalle) il preside
Carmelo Tucci della Scuola Media di San Giorgio Albanese.
Sul posto c’erano già gli uomini del Corpo Forestale di Rotonda con il maresciallo Madormo e altri funzionari intendi a fare i rilievi scientifici del caso.

Queste foto mi hanno fatto venire in mente la rabbia del momento, la mia intervista a caldo al cineoperatore della scuola e la dura lezione che impartii a qui poveri scolari che avevano faticato a salire fino a lì pensando di essere al cospetto di uno splendido esemplare di albero gigantesco e maestoso e invece si ritrovarono davanti un pezzo di legno che finiva di ardere.

Dalle prime considerazioni si capì subito che non era stato un fulmine, che pure a quelle quote e a fine stagione calda, sono la norma: bensì un fiasco di benzina che qualcuno sparse con sapienza dall’alto verso il basso all’interno del tronco cavo, per poi appiccicare il fuoco, creando una sorta di effetto “camino” che ha bruciato in pochi minuti la pianta.

Ecco come si è presentato "Zi Peppe" alla
scolaresca di San Giorgio Albanese
Non si seppe mai chi è stato materialmente ad innescare la miccia. Le ipotesi furono tante ma di concreto non si conobbe mai il colpevole.
Ma questo non ha importanza perché spetta alle autorità inquirenti trovare il responsabile e le motivazioni di un simile vile gesto. In compenso percepii che eravamo solo all’inizio di una lunga battaglia di posizione tra fronti opposti all’istituzione del Parco nazionale del Pollino.
Altri pini loricati maestosi furono le vittime sacrificali conseguenti alla nascita del Parco del Pollino. Ricordo un altro splendido esemplare gigantesco a Serra di Crispo, così come altre bellissime piante di Timpa Castello: tutte incendiate con la medesima tecnica.

Ovviamente anche in questi altri casi non furono mai individuati gli autori.
La notizia dell'attentato incendio apparve perfino su Repubblica

La notizia suscitò grande sgomento. Ne parlarono perfino i giornali nazionali (grazie a Francesco per l’articolo di Repubblica) e i tg del tempo.

Da questo vile gesto capii che la partita era appena incominciata e si preannunciava molto dura.
E ancora non è finita!









PS

Un grazie particolare a Salvatore Esposito che ha messo sul suo sito le foto di quel giorno. A Francesco Sallorenzo per avermi fatto ricordare quel triste giorno della mia vita


giovedì 20 ottobre 2016

Il Rifugio “Alcide De Gasperi” ha riaperto i battenti*

Finalmente!
Il Rifugio più antico del Pollino, dopo anni impegnati in ristrutturazioni e adeguamenti alle varie normative è pronto ad accogliere i numerosi visitatori che raggiungono Piano Ruggio.
Nuova ristrutturazione, ambienti accoglienti, cordialità degli operatori, piatti ricchi e abbondanti, ottima cucina e birra fresca.
Tuttavia, il rifugio De Gasperi, come il suo gemello, il “Fasanelli”, ha perso le peculiarità del … rifugio.
Siamo passati dalla gestione umorale di Carmelo che, tra la preparazione di un ottimo panino al prosciutto locale una birra e un caffè, si preoccupava di dar da mangiare alla “sua” vipera custodita in un rettilario, a una gestione altamente professionale, con personale in divisa, operatori culturali e ambientali che organizzano gite ed escursioni sui monti circostanti e anche oltre.
Il rifugio De Gasperi (foto da internet)
I lavori di costruzione del “De Gasperi”, destinato al ricovero di uomini e bestie in alta montagna, iniziarono nel 1956, in seguito alla legge che porta il nome del nostro primo ministro del tempo, e fu inaugurato nell’estate del 1958. 
Si trattava dell’applicazione della “Legge sulla Montagna” pensata e realizzata da Amintore Fanfani. La Basilicata sfruttò molto questa norma realizzando la costruzione di un rifugio in quasi ogni comune montano della Regione.
Sul Pollino abbiamo quello di Piano Ruggio, Piano Visitone e tanti altri
Nel corso del tempo queste strutture anno avuto alterne vicende. Il De Gasperi rimase chiuso a lungo, poi fu utilizzato come stalla e, in ultimo, era riuscito a diventare un vero e proprio punto di accoglienza per escursionisti, sciatori e appassionati di montagna.
Pensato come rifugio, un po’ sullo stile dei rifugi alpini, aveva questa ampia vetrata che dava verso Sud-Est e che, con le ultime luci del giorno, incorniciava il Timpone Capanna e l’imponente versante occidentale di Serra del Prete.
Oltre al bar di prima accoglienza al piano terra, aveva, al piano superiore, una grande sala con il caminetto al centro che riscaldava l’ambiente favorendo il dialogo e lo scambio di esperienze tra gli avventori, tutte persone appassionate di montagna e spesso anche di scacchi: come dimenticare le belle sfide che ho seguito e alle quali a volte ho partecipato?
Questa struttura è stata anche un rifugio che ha formato una nuova classe di operatori turistici e di piccoli albergatori, grazie ai tanti convegni ospitati sulle varie tematiche legate al parco e al futuro dell’area protetta.
Questo era il De Gasperi prima della ultima ristrutturazione. 
Oggi il De Gasperi è un ristorante a tutti gli effetti. Sì, certo carino, ben gestito, accogliente…, ma ha perso tutte le caratteristiche del rifugio! Dove c’era il barretto al piano terra ora in quello spazio, che risulta striminzito, ci sono un bar e la reception; nella superficie rimanente un divano e quattro poltrone: un po’ misero per adempiere al concetto di rifugio, dove la funzione più importante è quella di accogliere persone perché possano ripararsi dalle intemperie.
Al piano superiore non c’è più il caminetto. Al suo posto vi sono altre camere.
Il piano terra è tutto occupato dalla grande sala ristorante dove l’escursionista bagnato non può accedere se non ha prenotato.
Questa estate, durante uno dei temporali estivi che hanno imperversato sui nostri monti, un gruppo di escursionisti si è sentito negare l’ingresso alla sala ristorante perché non erano lì per mangiare.
La nuova proprietà concessionaria non ha alcun interesse nel fare accoglienza come è nello spirito dei rifugi di montagna di tutto il mondo.
D’altronde i nuovi gestori sono parte integrante di una Società per Azioni e quindi, alla fine dell’anno, devono dare conto agli azionisti dell’andamento degli incassi, e non del numero di escursionisti o alpinisti che sono stati accolti.
Se i proprietari della struttura hanno acconsentito a questo tipo di trasformazione del più antico rifugio del Pollino, dovrebbero avere anche la correttezza di cambiare il suo nome: invece di rifugio De Gasperi albergo-ristorante De Gasperi.

E, comunque, ...chissà se il grande Statista italiano sarebbe contento di tutto questo!  



Questo articolo esce in contemporanea su questo blog e sul periodico PASSAMONTAGNA della sezione CAI di Castrovillari 

mercoledì 19 ottobre 2016

Un parco per abitare*

Stiamo vivendo anni determinanti per il futuro delle nostre montagne: solo un turismo e uno sviluppo che abbiano un occhio di riguardo nei confronti del territorio e della biodiversità avranno un futuro. Possono i parchi, con la loro sintesi tra uomo e habitat, diventare un laboratorio per salvaguardare il loro futuro?

Escursionisti in cammino verso la cima di Serra delle Ciavole
(Photo di E. Pisarra)
Agli inizi degli anni Ottanta uno slogan lungimirante promuoveva la politica dei parchi: “vogliamo un parco per abitarci”.
Furono anni di grande impegno di sensibilizzazione a tutti i livelli: a partire dal rispetto per la natura e della coscienza ecologica; tempi segnati dalla nascita delle associazione ambientaliste: dalla rivista Airone che vendeva centinaia di migliaia di copie; mentre molte regioni si andavano dotando di norme di salvaguardia per le proprie aree protette regionali.
Lo spirito delle norme nazionali fu chiaro: pianificazione territoriale a livello nazionale e regionale con la gestione affidata a enti che avessero al loro interno una rappresentanza locale.
I parchi nacquero proprio in un momento importante per salvaguardare un patrimonio naturale sopravvissuto agli effetti più catastrofici della industrializzazione e della rivoluzione tecnologica. 

mercoledì 5 ottobre 2016

Non è vero che non c’è più nulla da scoprire: il Sentiero dell'Annanza

Da tempo non percorrevo un sentiero nuovo. È capitato domenica scorsa a Cerchiara di Calabria, dove è stato inaugurato un antico sentiero che collegava il centro abitato con i poderi terrazzati alle pendici del Monte Sellaro.
Cerchiara di Calabria. Tracciato del sentiero dell'Annanza. 
La mulattiera è conosciuta come il sentiero dell’Annanza che, nel dialetto locale, significa dell’ ”affaccio”. Basta percorrerlo e si coglie subito la pregnanza del nome: infatti, una volta superati i bastioni rocciosi del Caldanello, si giunge al Piano di Pedarredo e già qui la vista sullo spazio si amplia, comincia a intravedersi tutto il Golfo di Sibari, la pianura omonima e, soprattutto, i terreni terrazzati, che sono una vera e autentica ricchezza per la qualità e la resa del suolo.
Il lavoro di recupero, segnaletica e manutenzione di questo nuovo sentiero è stato curato dalla sottosezione di Cerchiara di Calabria del Club Alpino Italiano.
Il sentiero ha il numero 946A del Catasto del CAI perché si trova nel Gruppo montuoso del Monte Sellaro e si sviluppa in parallelo al percorso “ufficiale” che conduce al Santuario di Madonna delle Armi, contrassegnato come 946.
Questo percorso, che secondo alcuni storici locali, era utilizzato anche dai pellegrini della “Piana” che si recavano in pellegrinaggio a Madonna delle Armi, si aggiunge alle altre sette tracce che rendono Cerchiara e il Monte Sellaro il territorio del Parco dotato di una prima rete sentieristica ben segnalata e percorribile quasi tutto l’anno.
Cerchiara di Calabria (Photo E. Pisarra)
Domenica non è stata una delle giornate più adatte per camminare: umida, afosa, con un cielo grigiolino; se a questo si aggiunge che il cammino era in controluce, si capisce che per noi appassionati di fotografia, la giornata e l’ora non si siano rivelate come ottimali.
Mi sono ripromesso di rifare il percorso scegliendo anche un’altra ora del giorno.
Domenica, è stata una giornata speciale perché si inaugurava il nuovo sentiero: un evento che dovrebbe caratterizzare un’area protetta e diventare una consuetudine e che, invece, rimane una cosa episodica.
Arrivo tardi alla cerimonia e già il comitato di benvenuto aveva dato la parola al direttore del Parco, che sottolinea l’importanza della circostanza e la necessità che queste giornate siano più frequenti.
Gli organizzatori gongolano nell’informarmi del gran numero di presenti, oltre cento, convenuti per percorrere il sentiero.
In più noto subito come, per la maggioranza degli astanti, si tratta di ragazzi e giovani che affrontano per la prima volta non solo questo sentiero, ma proprio la montagna: lo si vede dall’abbigliamento non proprio da provetti montanari, caratterizzato da scarpe da tennis e zainetti scolastici o di quelli dati in omaggio con le raccolte dei punti dai supermercati o dai distributori di carburanti.
Ne sorrido tra me e me… in effetti è tanto l’entusiasmo che l’abbigliamento passa in secondo piano.
Il Direttore del Parco Milione, Paolo Franzese e Carla Primavera
illustrano il percorso dell'Annanza (photo di E. Pisarra)
Un fiume umano colorato arranca a mezzacosta lungo la pietraia di Serra dei Bovi, percorrendo la mulattiera di antico retaggio, sale scalini scolpiti nella roccia, attraversa prati incolti, invasi da rosa canina, ginestre, cardi e rovi.
Nel primo tratto la traccia aggira quasi a picco un ansa del torrente Caldanello, poco sotto i ruderi dell’antico castello normanno di Cerchiara. Spiccano in controluce i resti di un maniero che è stato per lungo tempo punto di riferimento dell’intera comunità; e che ora fa da quinta alle case colorate del centro abitato, quasi a dire come quell’epoca sia passata.