Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.

Art. 21 della Costituzione della Repubblica italiana

Io sono sempre dello stesso parere: sino a quando non sarà rinnovata la nostra classe dirigente, sino a quando le elezioni si faranno sulla base di clientele, sino a quando i Calabresi non indicheranno con libertà e coscienza i loro rappresentanti, tutto andrà come prima, peggio di prima.
Umberto Caldora (lettera a Gaetano Greco Naccarato, 1963)

domenica 19 giugno 2016

La nuova catasta di legna

Un tempo l’uscita autostradale di Campotenese costituiva un luogo di incontro e di appuntamenti o, semplicemente, un posto per godere della frescura di quota e di una bevanda in uno dei tanti punti vendita.

Oggi è un caotico luogo (per via dei lavori autostradali) e ingorgo di camion, auto di servizio e qualche autobus in carico-scarico di passeggeri da e per tutta Italia e oltre.

Rumori, caos, odori da gas di scarico mortificano questo posto caro alla memoria di quanti, in un passato non troppo lontano, venivano qui proprio per fuggire l’afa e tutto il resto.

In più Campotenese, oggi ha anche una struttura, che è in corso di ultimazione, progettata nientedimeno che dal famoso architetto bolognese Mario Cuccinella.

Come si legge nel tabellone si tratta del “CENTRO ECOSOSTENIBILE” che richiama nelle sue forme le cataste di legna che caratterizzano il paesaggio del Parco coniugando un giusto equilibrio tra tradizione e innovazione, tra architettura moderna e cultura locale.    

Il nuovo "CENTRO ECOSOSTENIBILE" di Campotenese.
Qualche giorno fa in attesa di un gruppo escursionistico sono andato a vedere da vicino questa struttura e mi ha fatto molta impressione.

Sarà stata anche la luce del mattino, il ferro della struttura, la forma, il contrasto con i monti circostanti e la completa estraneità al luogo che mi spingono a scrivere “due righe” di impressioni, visto anche che nessuno ne parla, ma in molti pensano che si tratti di una vera e propria ciofeca avulsa da qualsiasi motivazione artistica e architettonica.

845 metri quadrati – per parafrasare Enzo Biagi – sottratti all’agricoltura e alla bellezza del paesaggio di Campotenese e del Pollino.

Forse quando sarà ultimata si contestualizzerà nel territorio come una gigantesca catasta di legna. Attualmente è un ammasso di ferro in corso di rivestimento in legno.

La facciata del nuovo "CENTRO ECOSOSTENIBILE" di Campotenese.
Giro in lungo e in largo il Pollino ormai da molti anni e non ho mai visto cataste di legno di questa forma e di queste dimensioni.

E queste cataste di legno non caratterizzano nessun paesaggio del Pollino.

Una vera bruttura!

Uno spreco di denaro pubblico.

Una struttura inutile perché di uffici del Parco ne abbiamo già fin troppi.

Una struttura inutile perché il Parco non ha bisogno di nuovo spazio didattico ed espositivo in quanto ne ha già tanto!

Ha perfino chiuso quasi tutti i centri visita: questi sì ricchi di spazi espostivi e tematici dell’area protetta.

Una struttura inutile, contraria alla filosofia del recupero edilizio e del patrimonio artistico e architettonico del quale il nostro Parco abbonda: mi viene in mente – tanto per stare nelle vicinanze – il Complesso di San Bernardino a Morano, l’imponenza del Castello, sempre di Morano, oppure la struttura dell’ex carcere mandamentale o il vasto seminario diocesano di Mormanno.

In molti parchi italiani (penso al Parco del Gran Sasso e allo splendido lavoro di recupero del castello di Assergi) hanno deciso di recuperare il patrimonio storico, artistico ed architettonico del proprio territorio, ma noi, sempre bastian contrari, investiamo il nostro futuro, nella costruzione di una schifezza architettonica inutile, ingombrante e brutta.

Mah!

giovedì 16 giugno 2016

Nuova segnaletica

Da qualche mese in gran parte del Pollino calabro appare una strana segnaletica in legno, carente di informazioni e invasiva.

Da Morano a Saracena, da Mormanno a Castrovillari, questa segnaletica su legno di castagno con scritte nere a fuoco invade ogni via ed ogni incrocio.


Una segnaletica "molto chiara". (Photo di E. Pisarra)
Non ho capito la logica (ma questo non ha importanza) di questa segnaletica in quanto molti cartelli indicatori di località non specificano le distanze oppure i tempi di percorrenza.

Altre (come quella nella foto) – a dir poco – confondono l’utenza.

Inoltre, questa logica dell’usare il legno a tutti i costi, con la pretesa di mimetizzare tutto nell’ambiente è – spesso – fuorviante.



Abbondanza di informazioni o mancanza di dati?
Le insegne, le indicazioni stradali o dei sentieri, devono essere visibili non solo nelle belle giornate di sole agostane, ma anche nei giorni uggiosi di autunno, nelle giornate di nebbia e di notte.

Invece queste tabelle non sono per niente visibili appena cala la luce. E sono nuove di zecca. Figuriamoci fra qualche anno quando il legno comincerà a inzupparsi di acqua ed a scurirsi ulteriormente.

Se a questo aggiungiamo le capannine vuote (a proposito: a chi tocca riempiere di contenuti queste capannine?) questi incroci sembrano affollati più delle strade di una periferia di una grande città italiana.


Capannina vuota
Ne avevamo tanto bisogno?

Infine, se queste capannine cascano per terra di chi è il compito di rimetterle a posto?






La capannina di Colle Marcione è a terra da quasi un mese.
Di chi è il compito di rimetterla in piedi? (Photo di E. Pisarra)

Colle Marcione. Escursionisti incuranti del crollo della capannina
si preparano per un escursione alla Manfriana. (Photo di E. Pisarra)

 


giovedì 9 giugno 2016

Per un nuovo umanesimo delle montagne

Spero che Franco Arminio non se la prenda per il fatto che mi sono permesso (senza la sua autorizzazione) a pubblicare sul mio blog questo articolo uscito sul Manifesto.

 Mi piace tanto, sintetizza tutto ciò che penso ed è scritto in modo mirabile.

Buona Lettura!

Terra e cultura più che cemento e uffici. Prodotti tipici da consumare non solo nelle sagre.
Canti e teatro al posto delle betoniere.
Svuotare le coste e riportare le persone sulle montagne.
Sistemare le strade provinciali, togliere le buche, restaurare i paesaggi, le pozze d’acqua per gli ovini, ripulire i fiumi, i torrenti.
Ora al sud si fanno buoni vini, ma il pane potrebbe essere migliore. E così pure il latte. 

La Fontana del Principe abbandonata a se stessa. (Photo di E. Pisarra)
Imparare a fare il formaggio.
Dare ai giovani le terre demaniali. Coltivare un pezzo di terra.
Essere scrupolosi, ma farsi tentare dalla fantasia, dall’impensato.
Distendersi ogni tanto con la pancia per terra.
Avere cura che i propri figli imparino a cucinare e a fare lavori manuali.
Adottare un luogo e prendersene cura.
Passare ogni giorno un po’ di tempo vicino a un animale.
Ogni paese deve avere un piano regolatore del suo paesaggio. Un piano dove siano previste zone inoperose, in cui non solo non si fabbricano case, ma non si fa neppure agricoltura. Zone dove non si taglia neppure la legna. Un piccolo cuore selvatico per ogni paese.
Nei piccoli paesi dovrebbero essere esentati dall’Imu le persone che abitano nel centro antico.
Stare all’aria aperta almeno due ore al giorno.
Ascoltare gli anziani, lasciare che parlino della loro vita.
Ogni paese deve avere un piccolo teatro e una sala per suonare. Le scuole devono essere aperte la mattina per i ragazzi e la sera per gli adulti.
Riattivare la vita comunitaria. Oltre al museo della civiltà contadina ci devono essere dei luoghi in cui i ragazzi possano apprendere vecchi mestieri: fare un cesto, una sciarpa, potare un albero.
Viaggiare nei dintorni.
Tenersi la testa tra le mani ogni tanto.
Incontrare delle persone che sappiano sverniciare la nostra modernità incivile.
Costruirsi delle piccole preghiere personali e usarle. Esprimere almeno una volta al giorno ammirazione per qualcuno.
Svegliarsi ogni tanto alle tre di notte.
La biblioteca Chidichimo durante la presentazione di un libro.
(Photo di E. Pisarra)
Uscire all’alba almeno una volta al mese.
Comprare il formaggio da chi lo fa, fare la spesa nei piccoli negozi.
Riportare gli animali nei paesi. Un paese in cui non ci sia un uovo fresco non ha senso.
Mettere una libreria comunale in cui si vendono i libri a prezzo ridotto.
Stabilire che in ogni consiglio comunale ci debba essere come primo punto all’ordine del giorno un’iniziativa culturale. Riportare le feste patronali alle antiche tradizioni.
Dire quello che vediamo assai più di quello che pensiamo.
Regalare almeno un libro la settimana, magari dopo averlo letto.
Mettere una tassa di trentamila euro l’anno per ogni pala eolica e usare questa cifra per servizi agli anziani.
Stabilire gemellaggi tra i paesi interni e quelli della costa.
Dimezzare il costo del gas e del gasolio da riscaldamento nei paesi più freddi.
Dare incentivi a chi abbatte edifici incongrui o a chi restaura la propria casa rendendola più adatta al contesto.
Obbligare ogni paese ad avere un’isola pedonale in funzione tutto l’anno.
Dare attenzione a chi cade e aiutarlo a rialzarsi, chiunque sia.
Leggere poesie ad alta voce. Far cantare chi ama cantare.
Abituare i cittadini a un uso limitato della macchina.
Diminuire l’uso della plastica e degli imballaggi. Fare una vera raccolta differenziata e stimolare azioni locali di recupero e riciclaggio dei materiali.
Stabilire che ogni amministrazione comunale faccia per legge un’assemblea pubblica ogni sei mesi sulle scelte riguardanti la comunità.
Piantare alberi da frutta e obbligare gli acquedotti a mettere almeno una fontana pubblica in ogni paese.
Abituare i cittadini a fare un manifesto in cui si annuncia la nascita di un bambino: perché annunciare la morte e non la nascita?
Il futuro dei luoghi sta nell’intreccio di azioni personali e civili. Per evitare l’infiammazione della residenza e le chiusure localistiche occorre abitarli con intimità e distanza. E questo vale per i cittadini e più ancora per gli amministratori. Bisogna intrecciare in ogni scelta importante competenze locali e contributi esterni. Intrecciare politica e poesia, economia e cultura, scrupolo e utopia.
 
Franco Arminio
(fonte. il manifesto, 15 dicembre)
 
 

martedì 7 giugno 2016

Il Club Alpino Italiano fa scuola

Come è noto ai nostri lettori, il Club Alpino Italiano gestisce in tutta la penisola circa sessantamila chilometri di sentieri.

Uno dei panorami "normali" che si possono vedere salendo lungo al "tagliata"
(Photo di E. Pisarra)
Non sentieri qualsiasi, ma antichi cammini, vecchi tratturi, mulattiere che hanno collegato per secoli popoli e hanno contribuito al commercio e al progresso di intere popolazioni.

Stiamo parlando di RETE SENTIERISTICA ITALIANA, ricchissima di storia, di fatti, di notizie: una serie di percorsi che, inanellati uno dietro l’altro, dà vita a quella sorta di Filo di Arianna che collega Alpi, Appennini, isole e lo propone a tutti coloro che vogliano “andar per monti”.

Questa realtà, ormai consolidata nel tempo e nello spazio, sta conquistando terreno anche in Calabria e in particolare sui nostri monti.

All’escursionista è idealmente affidata la memoria storica di un patrimonio plasmato dalla fatica, dal sacrificio, dalla caparbia determinazione degli uomini della montagna.
All’escursionista, più che ad ogni altro frequentatore della montagna, è demandata la conservazione di questo ingente capitale culturale.”

 
Escursionisti in cima al Timpone della Neviera ad Alessandria del carretto
 (photo di E. Pisarra)
Con queste parole l’ex presidente generale Annibale Salsa, in occasione della inaugurazione del nostro rifugio intitolato al compianto Biagio Longo, affermava con forza l’impegno del CAI e di tutti i suoi iscritti nella cura del patrimonio dei sentieri.

 Nel nostro piccolo, anche se non abbiamo il ‘pedigree’ delle blasonate sezioni del Nord Italia, nel corso di questi ultimi anni siamo riusciti a far passare il principio che i sentieri vadano realizzati secondo un egida consolidata da anni di esperienza e di insegnamenti che nessun ente pubblico ha mai fatto nel corso della sua storia.