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Io sono sempre dello stesso parere: sino a quando non sarà rinnovata la nostra classe dirigente, sino a quando le elezioni si faranno sulla base di clientele, sino a quando i Calabresi non indicheranno con libertà e coscienza i loro rappresentanti, tutto andrà come prima, peggio di prima.
Umberto Caldora (lettera a Gaetano Greco Naccarato, 1963)

giovedì 21 agosto 2014

Rotonda e il museo naturalistico-paleontologico del Pollino

È veramente triste e sconsolante, a trent’anni di distanza dalla prima scoperta dell’elefante Antico nella Valle del Mercure, nei pressi di Rotonda vedere l’abbandono in cui si trovano i reperti così faticosamente recuperati in diversi anni di scavi.
Il Museo naturalistico del Pollino è sempre chiuso. Ogni volta bisogna fare i salti mortali per poter vedere i reperti paleontologici che stanno su di un tavolaccio così che se un visitatore non è un esperto non riesce a percepire la grandezza, le dimensioni di questo animale preistorico che ha vissuto nella Valle per diverso tempo.
Eppure come è pomposamente descritto nel cartello, in questo edificio dovevano esserci i numerosi reperti che sono stati scoperti, a partire dal 1979, allorquando il povero Mario Caldarelli, mentre stava preparando un suo appezzamento di terreno per impiantarvi un vigneto, vede apparire, portato in superficie dalle potenti “orecchie” di un aratro gigantesco, degli strani oggetti pietrificati.  
Un grande fermento fu all’origine del ritrovamento.
Furono invitati i migliori specialisti per studiare i reperti, classificarli e dare un nome all’animali preistorico appena rinvenuto.
Il primo fu il professore Ernesto Cravero, paleontologo di fama internazionale, a dare un “nome” ed un “cognome”  a questi strani “oggetti” affioranti dal profondo della terra.
Si tratta -  sentenziò Ernesto Cravero - di un “elephas antiquus italicus” ", vissuto nel Pleistocene medio-superiore (400 mila - 700 mila anni fa) , alto 4 m e lungo 6, zanne comprese; infatti, i femori misurano circa 1,20 m, altre ossa, quali gli omeri, hanno grandezze in proporzione per cui si può dedurre una tale statura. Le zanne hanno uno sviluppo di circa 2,70 m.
Da uno studio dell’apparato dentario dell’Elefante antico si pensa che si tratti di un esemplare di circa trent’anni.
Probabilmente l’animale è morto scivolando lungo una sponda molto ripida nel Lago del Mercure, rompendosi la testa, perdendo una zanna  e spezzandosi il collo. Il limo, la terra di caduta e i vari sedimenti lacustri lo hanno ricoperto e conservato fino ai nostri giorni.
Si avviò così una lunga campagna di scavi promossa dall’amministrazione comunale di Rotonda di concerto con la Soprintendenza Archeologica della Basilicata, in collaborazione con vari paleontologi.
Furono anni di intenso lavoro che hanno portato al ritrovamento di altri animali tra i quali lo scheletro di un ippopotamo e molti oggetti risalenti all’età del bronzo a testimonianza che la Valle del Mercure è stata abitata da moltissimi anni.
Furono anni anche di costruzione di un unico grande Museo Naturalistico di tutto il Pollino e non solo della Valle del Mercure.
Furono anni dove molti ragazzi e giovani di Rotonda iniziarono ad imparare come si fanno i calchi di un reperto paleontologico, di come si restaura una tibia o un femore. Come si puliscono dai detriti e come si ricostruiscono arti, zanne e teschi di animali preistorici.
Furono anni in cui l’amministrazione comunale di Rotonda era all’avanguardia nell’accoglienza del visitatore del futuro Parco nazionale del Pollino.
Furono anche anni di grande entusiasmo da parte di tutti gli operatori di vario genere che speravano in una rinascita del territorio attraverso il turismo, l’agricoltura con i suoi prodotti di nicchia e una rete di rifugi pronti ad accogliere comitive di escursionisti entusiasti di percorrere sentieri di una delle montagne più belle d’Italia.
Rotonda fu una delle prime comunità che organizzò un servizio navetta con l’alta quota per favorire l’accesso all’alta montagna con un basso impatto ambientale.
Rotonda fu anche il primo paese che meritò l’attenzione di un grande giornale come il Corriere della Sera che scrisse, nel lontano 1973, un articolo dal titolo profetico: un sindaco, una guardia forestale ed un naturalistica passeggiano per la piazza sognando un parco Nazionale. 
Rotonda fu anche il primo paese del Parco ad accogliere – attraverso i suoi alberghi – un pubblico qualificato entusiasta di visitare un lembo di terra ai più ancora sconosciuto.
Ancora. Rotonda fu il primo paese lucano del futuro Parco del Pollino ad organizzare, nel lontano 1989, un primo corso per Guide Escursionistiche capaci di accompagnare i visitatori sulle cime più difficili ed impervie dove, per recarvisi, necessita, ancora oggi, una notevole resistenza fisica, gratificata dalle meraviglie dei luoghi.
Rotonda è anche un antico borgo dai bei palazzi, ricchi di storia, con un centro antico degno di nota, dai portali magnifici, dai vicoli selciati da brave maestranze riconosciute a livello nazionale.
Rotonda è anche il paese delle numerose fontane scolpite in pietra dal bravo scalpellino rotondese Giuseppe De Consoli.
Rotonda è un laborioso paese, capoluogo della valle del Mercure posto come “statio” sulla antica Via Popilia  che collegava Reggio Calabria con Santa Maria Capua Vetere.
Rotonda si vanta di essere sede dell’Ente parco nazionale del Pollino.
All’improvviso questa progettualità, questa lungimiranza sembra svanita nel nulla.
Il Museo naturalistico del Pollino è sempre chiuso ed ogni volta bisogna patire per poterlo visitare.
Dove è finita tutta quella professionalità creata in tanti anni di progetti con giovani volenterosi e desiderosi di rimanere in casa, avere un lavoro degno di tale significato in una nuova professione quale è la paleontologia. Ricordo con nostalgia un giovane disegnatore, autore di numerosi disegni dell’elefante antico sparsi per tutte le strade di Rotonda, che ho incontrato qualche anno fa, ormai trasferitosi a Maratea, a “vendere souvenir ai turisti stranieri”  perché non trovava più nessun sbocco lavorativo nel suo paese. Eppure aveva acquisito una ottima conoscenza su come si rilevano e si disegnano – prima dell’arrivo di fotocamere digitali e di photoshop – reperti geologici e paleontologici.
All’improvviso tutto questo patrimonio di saperi è finito alle ortiche. Il ruolo di polo museale geo-paleontologico della Valle del Mercure e del Pollino è abortito prima della sua nascita. Eppure potrebbe essere un ottima “scusa” per ottenere i classici due piccioni con una fava: occupazione e professionalità.
Occupazione, perché la struttura necessita di personale qualificato che Rotonda e la Valle ne ha in qualità industriale, per poter portare avanti le ricerche, tenere aperto la struttura e offrire assistenza turistica ai numerosi visitatori del parco che soggiornano a Rotonda e nell’intero territorio.
 Professionalità perché non tutti sono in grado di maneggiare con cura un reperto paleontologico, restaurarlo o addirittura farne il calco.
La tristezza che si avverte e si tocca con mano quando si entra nel Museo e in una delle aule ci sono i tavoli con ancora i vecchi reperti classificati e da classificare abbandonati alla mercede di tutti, senza un controllo e senza la possibilità di poterne tutelare la loro incolumità da furti e da “mano leste”.
Mentre nell’altra sala giacciono in completo abbandono tutti i macchinari per la pulitura e controllo dei reperti.
Eppure la struttura è un edificio scolastico con tantissime aule vuote che si potrebbero benissimo utilizzare come laboratori di scienze geologiche per conoscere meglio la valle del Mercure e l’intero territorio del Parco nazionale del Pollino; anche perché Rotonda ne è la sede legale dell’Ente di gestione dell’area protetta più estesa d’Italia.
Non si capisce come non ci sia una “comunità di intenti” tra i due enti per far diventare questo luogo una eccellenza nelle scienze geologiche di tutto il Paese. Anche perché il Pollino è studiato ed è oggetto di tesi di laurea di numerosi studenti di queste discipline provenienti da tutto il mondo.
La struttura potrebbe contenere anche una biblioteca specialistica di queste discipline, magari con l’aiuto delle due università più vicine che hanno la facoltà di Scienze geologiche e di difesa del suolo.   
Così come potrebbe ospitare un Centro Studi sulle Acque, come disciplina annessa alle scienze geologiche, visto che questa comunità ne ha fatto una bandiera di legalità e come bene pubblico, dato anche che la regione Basilicata fornisce questo prezioso “liquido” a molte regioni limitrofe.

Sicuramente il problema sta nella mancanza di fondi in cui versano i comuni. Anche perché l’amministrazione comunale di Rotonda è guidata da uno dei più bravi primi cittadini che ha sempre guardato lontano e molto prima degli altri. Infine, la regione Basilicata non potrebbe stornare un po’ di fondi di provenienza, per esempio, dall’Acquedotto Lucano oppure dai proventi derivanti dal petrolio?  E proprio per questo la mia rabbia è sconfinata …

sabato 3 maggio 2014

DISNEYLANDIZZAZIONE DI UN PARCO



Senza dinari non si cantano missi.
Mai come ora questo antico adagio è di attualità. Mi  limito  ad  un  commento  dentro  i  parametri
ambientali che più mi si confanno alla mia cultura di modesto conoscitore e studioso di problemi ambientali.

Qualche giorno fa il presidente dei Verdi (esistono ancora?) un certo Bonelli si lamentava che «Il taglio del 50% ai parchi nazionali previsto dall'articolo 7 della manovra non è una svista ma fa parte di una precisa  strategiche miralla privatizzazione delle aree protette italiane. Non è la prima volta che il ministro Tremonti prova di mettere in piedi questo meccanismogià con il Dpef del 2008 aveva provato a far  sciogliere i parchi inserendoli fra gli enti inutili e da tagliare, oggi ci riprova con la manovra».

Non so se quanto afferma il Verde corrisponda a verità. Non ho motivi per credere neanche al contrario.

So con certezza che il sistema parchi che si voleva attuare agli inizi degli anni ottanta è miseramente fallito.

Per tanti motivi.

Uno di questi è la completa mancanza di una visione di insieme del ruolo che le aree protette dovevano rappresentare per la nazione.

Il vecchio ministro Ronchi in una interpellanza al Parlamento pose ai suoi colleghi una domanda fondamentale: i parchi di chi sono ? E chi li deve gestire?

La risposta fu unanime.

La giostra panoramica realizzata da Carsten Holler a
 “Timpa della guardia” di San Severino Lucano (Potenza)
(Foto da internet)
I Parchi sono dello Stato e di conseguenza è lui il gestore principale. È ovvio che in epoca di federalismo questa risposta suona male per coloro che gridano a Roma ladrona. La conseguenza di questo quesito che stabilì con assoluta certezza chi doveva gestire i parchi nazionali fu la logica dell’abbandono.

Il governo di sinistra cadde. Ritornò il centro destra al potere e il dicastero dell’ambiente venne affidato alla signora Prestigiacomo. La quale dopo un primo rigurgito di orgoglio della estate scorsa che animò le notizie dell’ombrellone” si ritirò in buon ordine e lasciò le aree protette al suo destino.

Il ministro delle finanze non credendo ai suoi occhi intervenne con estrema decisione ed anche questa finanziaria tagliò i finanziamenti ai parchi.

Oggi abbiamo 25 parchi nazionali finanziati con … 25 milioni di euro. Come dire un milione di euro ad area protetta.

Giusto per fare un paragone, il ministro della difesa ha chiesto ed ottenuto la partecipazione alla costruzione di un nuovo aereo difensivo europeo dalla modica cifre di 250 milioni di euro per ogni esemplare.

È solo una questione di uni di misura. È anche lo specchio dei tempi che non cambiano mai. Raoul Follerau molti anni fa chiese l’equivalente somma di un caccia bombardiere per sfamare il mondo. Facile immaginare quale fu la risposta. Tant’è che la fame nel mondo è aumentata e di parecchio.

Infine, un funzionario del nostro parco,  alla notizia del taglio dei fondi, esordì con una frase che mi colpì molto: Meglio. Co la smettiamo di credere che il parco possa risolvere tutti i mali del mondo e di creare inutili aspettative.
Ottima risposta! Non ce che dire. A questo punto forse non è troppo campata in aria lidea del ministro Brunetta che si stava prodigando con una mentali da ragioniere (tutti gli enti sotto i cinquanta dipendenti vanno chiusi) a mandare a casa tutta questa pletora di lavoratori che aspirano a non fare nulla per guadagnarsi la pagnotta.

Se questi sono i funzionari addetti alla conservazione del nostro patrimonio naturale non mi sorprende che allingresso di uno dei centri visita del Parco nazionale del Gran Paradiso un tempo un glorioso Parco campeggi la seguente definizione di area protetta: Un area protetta è un territorio in continua evoluzione, che luomo modifica in positivo e in negativo. È anche un importante fonte di dati che consentono di misurare l’evoluzione del territorio, la sua complessità e dinamicità. La gestione di un parco consiste nellarmonizzare la conoscenza dei dati con lusattentdelle risorse. La gestione di un territorio protetto è la risposta alla complessità, in quanto  la protezione delle risorse naturali è legata agli effetti delle trasformazioni del territorio.

Roba da matti!

Per i lettori del nostro periodico mi permetto di riportare la definizione esatta di Parco Nazionale che il nostro ministro dellambiente del tempo ha sottoscritto: è (il parco nazionale) un area naturale di terra o di mare destinata a:

1.       Proteggere lintegrità ecologica di uno o più ecosistemi per la presente e le future generazioni;


2.       Escluder lo   sfruttamento    o loccupazione umana contrarie agli scopi della destinazione dellarea;

3.       Provvedere un insieme di misure per il profitto spirituale, scientifico, educativoe ricreativo dei visitatori, misure che devono essere compatibili ambientalmente e culturalmente.

In questa sintesi è contenuta la esperienza concreta e la filosofia dei parchnazionaldi tutto il mondo, da Yellowstone al Parco dAbruzzo, quando funzionava e si sforzava di applicare un nuovo modello di sviluppo.

Ho la amara impressione ( per non dire la quasi certezza) che la disneylandizzazione” dei parchi sia già in atto e che per quieto vivere si fa finta di non vederla altrimenti si incorre nelle ire del direttore di turno e allora sono guai.

Avanti allora con la giostra da luna park di San Severino lucano per ammirare le vette del Pollino, oppure con la mega buca di Latronico dove i visitatori sono invitati ad entrare e a guardare da una feritoia per sentirsi parte integrante della natura e ancora che dire delle uova di pietra” - una sorta di stonhenge - da installare in un bellissimo promontoridell’alta Val Sarmento, alla quale va aggiunto lo sbarco dei greci tra luci psichedeliche ed effetti cinematografici sul Lago di Monte Cotugno, per non parlare del Teatro Vegetale. Tutta questa roba dal costo di svariati milioni di euro (lultima stima parla di circa venti milioni di euro) che va sotto il nome di Arte Pollino va esattamente nella direzione opposta di quanto stabilito dalla IUCN (Organizzazione mondiale per la conservazione della Natura).

Ma chi se ne accorto?

Oppure , visto che i Parchi nazionalnosono stati quel volano di sviluppo che tutti si aspettavano non è forse meglio ricorrere agli effetti speciali?

Ai posteri lardua sentenza!

Emanuele Pisarra