Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.

Art. 21 della Costituzione della Repubblica italiana

Io sono sempre dello stesso parere: sino a quando non sarà rinnovata la nostra classe dirigente, sino a quando le elezioni si faranno sulla base di clientele, sino a quando i Calabresi non indicheranno con libertà e coscienza i loro rappresentanti, tutto andrà come prima, peggio di prima.
Umberto Caldora (lettera a Gaetano Greco Naccarato, 1963)

mercoledì 18 maggio 2016

La Badia cistercense di Fonte di Laurato

Il trenta o il quaranta per cento del patrimonio culturale mondiale risiede in Italia.
Non so se è vero questo dato; una cosa è certa la nostra regione non sfigura in questa classifica.
La Badia di Fonte Laurato nel comune di Fiumefreddo Bruzio.
(Photo E. Pisarra)
Forse fa una brutta figura in fatto di conoscenza, pubblicità e manutenzione di questo patrimonio.
Qualche settimana fa ho fatto una escursione sulla Catena costiera calabrese, grazie all’invito di una associazione di Bisignano, che propone, con cadenza quasi settimanale, un percorso alla conoscenza di un luogo della nostra splendida regione.
In questa circostanza mi è toccato andare a camminare su di un antico sentiero che collegava l’interno cosentino con la costa tirrenica.
Questa antica via chiamata dei “Mercatanti” è stata battuta fino agli inizi degli anni sessanta, quando cadde in disuso con la costruzione della statale 113 Cosenza – Mendicino - Cerisano– Fiumefreddo Bruzio.

un tratto della costa tirrenica calabrese. (Photo di E. Pisarra)
La via dei mercatanti, era usata principalmente da mercanti di pesce, che trasportavano il pesce nelle ceste con i muli, da antichi artigiani che facevano l’impagliatura delle sedie con la paglia di fiume (erba lacustre che cresce nel di fiume) e costruivano ceste e cestini, i cosiddetti “crivielli” usando le foglie e gli steli dei “putami” (nome dialettale), un arbusto molto diffuso in quelle zone, che dà ancora il nome ad alcune località. Questa via era usata anche dai famosi scalpellini di Mendicino, che hanno costruito chiese e case a Fiumefreddo, da boscaioli, pastori, carbonari e calciaioli (operai che producevano calce nelle antiche calcare di Monte Cocuzzo e di Pietra Feruggia, cuocendo la pietra calcarea della montagna).
Splendida escursione su di un tracciato tra boschi, valloni sperduti, ormai sempre meno frequentati, se non da mandrie di animali che vagano per le colline e i pianori, apparentemente senza meta.

escursionisti in cammino sulla "Via dei Mercatanti".
(Photo di E. Pisarra)
Con la sapiente guida di Paolo Pepe della Associazioni Amici della Montagna abbiamo raggiunto la meta senza difficoltà alcuna.
Dimenticavo di ricordare che a questa gita ha partecipato lo “stato maggiore” del CAI Castrovillari e in particolare
L’escursione aveva, però, come meta finale una abbazia cistercense, confesso, a me sconosciuta.
A causa dei tempi di trasferimento si è deciso di raggiungere la Badia cistercense di “Fonte Laurato” in auto, rispetto a come era stato proposto in primo luogo dal programma.

La Badia di “Fonte Laurato” fu fondata nel 1195 dall’Abate Gioacchino Da Fiore.

Questo Monastero è situato in un luogo molto suggestivo, sotto una rupe detta “timpa della Badia“dalla quale sgorgano diverse sorgenti  e  nei pressi di una di queste, l’Abate Gioiacchino ebbe l’apparizione della Vergine, e fu proprio lì che volle fondare il monastero, detto appunto di “Fonte Laurato”. Un’altra sorgente fu usata per il mulino annesso alla badia. In una delle diverse grotte presenti nella rupe, visse per più di due anni un Eremita francese.  I monaci di questa Badia, i cistercensi, coltivavano quasi 200 ettari di terreni annessi al monastero, i cui confini arrivavano alle falde di monte Cocuzzo.  Nei pressi della badia ci sono
Interno della Badia di Fonte Laurato. (Photo di E. Pisarra)
ancora i resti del frantoio e dell’antico mulino. Il monastero sorge nella contrada Patia ai piedi del monte Barbaro, contrafforte di roccia calcarea sul versante nord ovest di Monte Cocuzzo, a 200 metri di altezza, in posizione di sicura protezione dalle scorrerie saracene. Gioacchino Da Fiore riuscì a completare la badia grazie al benefattore Simone Da Mamistra, feudatario di casa sveva. Forse questo monastero rappresenta un raro esempio di architettura di stile normanno-gotico-claunicense presente in Italia, poiché l’Abate   lo aveva costruito al ritorno dal monastero di Cluny in Francia, ed aggiunse allo stile gotico-normanno elementi appartenenti all’ordine claunicense.  Questo monastero, scrive Franco Del Buono, “nella valle delle Cento Acque, in una mirabile cornice di verde, tra il gorgoglio delle fresche e purissime acque, leva al cielo i suoi secolari pregi artistici”.
Veramente uno dei luoghi più belli della nostra Calabria, ricco di un fascino misterioso.
Fin qui le dotte spiegazioni sia di Paolo Pepe che di uno degli ultimi eredi della Dinastia dei Mazzarone, proprietari dell’intero immobile.
Poi lo sconforto ti viene dopo, quando mi sono reso conto della straordinaria importanza del luogo e del completo abbandono in cui versa la Badia.
Al punto tale che siamo entrati dentro a nostro rischio e pericolo a causa del tetto fatiscente e dell’abbandono in cui versa l’intero edificio sacro.
Ho visto nel signor Mazzarone l’entusiasmo di chi sa di essere di fronte ad un immenso tassello della nostra storia ma è altrettanto consapevole che di questo bene non interessi nessuno.
Un bel posto in uno scenario fantastico, una storia ricca di storie, un ambiente fiabesco!
Un plauso alla associazione e agli amici del CAI Castrovillari che imperterriti continuano a “propinarci” nuovi luoghi della nostra splendida regione Calabria.

 

domenica 1 maggio 2016

La casa Editrice Prometeo di Castrovillari ha dato alle stampe l'ultima fatica di Luigi Troccoli: 

Piante alimurgiche ed officinali dell’area del Pollino - Con appendice sulle piante tossiche


In questo libro vengono prese in considerazione piante spontanee che possono rappresentare una risorsa, per i loro usi alimentari e officinali.
Alcune piante alimentari ancora oggi sono note e vengono raccolte per essere usate in cucina, altre sono cadute in disuso, pur avendo caratteri di commestibilità che in passato le rendevano ricercate.
Da qui il concetto di piante “alimurgiche”, intese come quelle che in caso di necessità possono dare sollievo a bisogni alimentari di base.
Ma accanto alle piante buone, nei campi si incontrano anche quelle cattive. Queste, tossiche o velenose, vanno evitate. Ed anche queste è opportuno conoscere! Nella pubblicazione sono descritte in totale 210 piante.
·       179 piante alimentari e/o officinali sono fotografate ed elencate con la loro denominazione scientifica ed il nome italiano.  Di molte vengono riportati i nomi dialettali, italo-albanesi ed inglesi, nonché miti e leggende che le hanno seguite nel tempo.
              Per ogni specie, descrizione di usi culinari e/o officinali.
·       Oltre 40 ricette facilmente realizzabili con le più svariate “erbette” dei nostri campi.
·       E in più, 35 piante tossiche o velenose, da conoscere ed evitare.
·       Più di 600 foto a colori.

 

Pag. 408, € 18,00           
 
info:
 www.prometeoedizioni.it