Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

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Art. 21 della Costituzione della Repubblica italiana

Io sono sempre dello stesso parere: sino a quando non sarà rinnovata la nostra classe dirigente, sino a quando le elezioni si faranno sulla base di clientele, sino a quando i Calabresi non indicheranno con libertà e coscienza i loro rappresentanti, tutto andrà come prima, peggio di prima.
Umberto Caldora (lettera a Gaetano Greco Naccarato, 1963)

martedì 28 febbraio 2017

Monte Coppolo. il Sentiero della traversina

Caro Emanuele,
vedendo i tuoi recenti articoli sui problemi della sentieristica nel nostro amato Parco, mi sono un po' scosso dal torpore da rassegnazione che mi ha preso negli ultimi mesi. 
Un tratto del Sentiero che porta in cima al Monte Coppolo
fatto con le traversine ferroviarie (Foto per gentile
concessione di Giorgio Braschi)
Ho deciso quindi di inviarti queste foto della straordinaria nuova ferrovia del Pollino, quella di Monte Coppolo. Le ho riprese a maggio dell'anno scorso in occasione di una memorabile gita al profumo d'olio di creosoto con amici friulani (non ti dico come sono rimasti…) e successivamente a settembre in occasione di un'altra escursione. 
Il sentiero è il 990, nel tratto classico, percorso anche dagli appassionati di archeologia, quello che sale alla vetta dal grande Serbatoio dell'Acquedotto posto sul valico di fronte al Rifugio M. Coppolo. 
Bene,… qualche buontempone ha pensato di arricchire il patrimonio sentieristico del nostro Parco di una nuova particolare tipologia di sentiero, il "Sentiero alla traversina".!!.. Pensa, tutto il tracciato fino alla vetta, che prima era un normale bel sentiero di montagna comodamente percorribile anche da persone non particolarmente allenate, ora si presenta come una interminabile scalinata fatta di vecchie traversine ferroviarie che spezza le gambe, soprattutto in discesa, anche ai più allenati. 
In compenso possiamo ammirare la bellezza e l'unicità di questo nuovo straordinario "sentiero ferrovia" (come le ciliege di Turi), perfettamente integrato nell'ambiente boschivo ed emanante nelle calde giornate di sole un fragrante olezzo di olio di creosoto, suggestivo ricordo delle vecchie stazioni ferroviarie di quando eravamo piccoli… 
Particolare delle traversine impregnate di creosoto
(foto di Giorgio Braschi)
Poi, per risolvere il problema degli escursionisti sporcaccioni, si è pensato bene di disporre lungo il sentiero decine e decine di costosi e raffinati cestini per rifiuti in acciaio zincato ricoperto di legno, con cestoni più grandi presso i tavoli da picnic nella parte iniziale e in quella più alta, quasi sulla vetta, in zona archeologica, in previsione di più consistenti apporti da abbuffate domenicali. Naturalmente chi gestisce il tutto avrà sicuramente in servizio spazzini-sherpa muniti di capienti gerle per riportare a valle i rifiuti raccolti. 
Ma non basta, preoccupati di dare la massima visibilità al panorama circostante, si è anche pensato di agevolarne la visione con una splendida torretta panoramica in legno che "innalza" gli osservatori di tre metri sul già più che sufficiente terrazzo panoramico naturale… viene proprio spontaneo chiedersi (come hanno fatto anche gli amici delle due gite) come sia mai stato possibile spendere tanti soldi per snaturare in questo modo un percorso splendido di per sè e ricco di fascino per la presenza del sito archeologico. 
Oltre alla traversine al creosoto
(foto di Giorgio Braschi)
Avessero almeno speso in zona i soldi per tutto quel materiale (staccionate, panche, tavoli, cestini, cestoni coperchiati, tabelle, tabelloni, leggii, gazebi, torre panoramica…), si sarebbe data una boccata d'ossigeno all'economia locale; sul territorio ci sono ottime aziende di falegnameria… invece vai a vedere le targhette e che trovi?… che il tutto proviene dal ricco Alto Adige! 
Un'ultima considerazione: ma le traversine ferroviarie di legno in disuso, impregnate d'olio di creosoto e olii vari persi dalle parti meccaniche dei convogli non sono considerate rifiuti speciali pericolosi?
Leggo in proposito su due siti specializzati: 


"Risulta quindi opportuno suggerire a chi le possiede che precauzionalmente quelle traversine al creosoto devono essere eliminate e sostituite per il bene di chi le ha, perché, ovviamente, rappresentano una seria minaccia alla loro salute. Va anche ricordato che vi è un obbligo al loro smaltimento, peraltro, come rifiuti speciali pericolosi. Guai ad eliminarle bruciandole! Oltre a commettere gravissimo illecito, in tal modo si libererebbe tutta la tossicità che poi si disperderebbe nell'aria! Va ancora ricordato che trattandosi di rifiuti speciali pericolosi la normativa applicabile alla loro detenzione, trasportoe smaltimento è di carattere penale." 
Torretta panoramica (foto di Giorgio Braschi)

 
Ricordiamo, in ultimo, come la Corte di Cassazione abbia in più occasioni affermato che "le traversine in legno impregnate di olio di creosoto dimesse dall'ente ferroviario vanno qualificate quale rifiuto pericoloso …" (ex multis Cassazione Penale, Sez. III,sentenza del 26 maggio 2004, n. 23988).






Non so proprio se essere perplesso, indignato, scoraggiato, amareggiato, arrabbiato, deluso, disilluso, rassegnato… forse sono semplicemente stanco.
Un caro saluto,
Giorgio


Che dire?
Come spesso amava ricordare Leonardo Sciascia (al fondo non c’è mai fondo) anche quest’altro episodio sulla questione sentieri è emblematico.
area picnic (foto di Giorgio Braschi)
La Rete sentieristica per un’area protetta dovrebbe essere come le arterie del corpo umano, senza le quali tutto si ferma, nulla funziona.
Eppure ancora in molti non hanno capito questo principio elementare.
In molti non hanno ancora capito che la tutela del territorio è di per sé conservazione e sviluppo.
Se tutto viene abbandonato all’incuria del tempo, o peggio, tutti i sentieri, come è accaduto in un parco vicino al nostro, sono stati ripresi e recuperati a colpi di benna di ruspa vuol dire che non solo non abbiamo rispetto per tutti coloro che hanno camminato per lavoro, per necessità o anche per semplice piacere, ma che non conosciamo la storia. E chi non conosce la propria storia è condannato a ripetere gli errori che generano a loro volta altri errori in una spirale senza fine che, in ultimo, fa perdere lo scopo del recupero dei vecchi cammini.

In molti diranno che questi pensieri sono “pura nostalgia” di un passato che non tornerà mai più; proprio perché è stato un passato difficile, causa di molte sofferenze e fuga di popoli verso le periferie di grandi città in Italia e all’estero.

Gazebo e capannina (vuota). (foto di Giorgio Braschi) 
Invece, proprio ora che intorno ai grandi Cammini d’Europa si muovono milioni di persone (il solo Cammino di Santiago di Compostela, nel 2015, è stato percorso da oltre 245.000 pellegrini) noi che abbiamo ancora una natura più o meno intatta, in gran parte disabitata, abbandonata da anni, non possiamo farci sfuggire questa occasione.

Potrebbe essere (e in alcune zone lo è) l’ultimo treno prima dell’abbandono.
E invece assistiamo a simili scempi senza che nessuno intervenga, le autorità preposte addirittura si vantano per la “bellezza dell’opera (in questo caso del sentiero che porta sul Monte Coppolo) che darà occasione a centinaia, ma che dico, a migliaia di escursionisti di recarsi in pochi minuti in vetta per ammirare i resti di una città fortificata, forse fondata da Epeo, il costruttore del cavallo di Troia.  Cosa vuoi che sia l’uso di “quattro traversine ferroviarie” che non sono "in sintonia" se poi ti permettono di raggiungere facilmente un sito archeologico risalente al quarto secolo avanti Cristo.

Capannina in allestimento (foto di Giorgio Braschi)
La puzza di creosoto è il prezzo da pagare per raggiungere la cima del Monte Coppolo.
Inoltre, che senso ha riempire il percorso di cestini, bacheche vuote, gazebo inutili, torri di avvistamento, panche e tavoli da picnic – rigorosamente forniti da una ditta del Trentino Alto Adige, come se in Basilicata e nella Valle del Sinni mancassero falegnami e ditte specializzate – senza preoccuparsi di chi farà manutenzione a questi beni?

Il CAI Castrovillari qualche anno fa ha recuperato l’antico percorso che collegava Valsinni al Monte Coppolo, pare molto usato dalla poetessa Isabella Morra, in un’ottica di riutilizzazione di antichi tratturi al fine di non dimenticare la memoria storica locale e, nel contempo, creare un piccolo reddito per la comunità.
Ovviamente questo sentiero è stato completamente abbandonato a favore del facile e corto cammino che in pochi minuti porta dal serbatoio comunale dell’acqua alla cima del Monte Coppolo: aggira
I "contenuti" della Capannina informativa. (foto di Giorgio Braschi)
la comunità per cui non porta alcun reddito e produce solo sfruttamento del bene senza ricaduta economica sul territorio.

Cartello che indica la fonte del finanziamento
(foto di Giorgio Braschi)


Marchio pubblicitario della ditta trentina costruttrice
(Foto di Giorgio Braschi)

Sulla scelta culturale di dare priorità all’area archeologica rispetto alla storia medioevale, il mio quesito è: perché non utilizzare entrambi i periodi?
Altra cosa è la capacità di vigilanza e intervento del nostro Ente Parco: 
anche in questo caso appare in tutta la sua inutilità e incapacità di incidere sulle politiche di sviluppo del territorio o, quantomeno, di indirizzarne gli obiettivi.
Area picnic con panche cestoni


Infine, mi sconvolge anche l’assenza di qualsiasi “vagito” della Soprintendenza archeologica della Basilicata, solitamente molto attenta a concedere parere favorevole a simili lavori.

Una cosa è certa: in questo modo modo si aiuta ulteriormente la fuga da questi territori a favore di altri che hanno meno ma che sanno valorizzarlo in modo efficace e proficuo per la memoria e per il reddito della comunità.



venerdì 17 febbraio 2017

Il clima che cambia


Alla fine di ogni inverno ci si augura che il prossimo sia con tanta neve e tanta pioggia, però nei luoghi “giusti”: in montagna, per esempio.
Invece anche quest’anno il “Generale inverno” – come si diceva una volta – non ha mancato di sorprendere ancora. Poche piogge e nevicate nel Nord Italia, moltissima neve nelle regioni centrali e tanta pioggia, con qualche sparuta nevicata, sulle cime delle regioni meridionali.
Una foto del nostro pianeta ... sciolto nell'acqua! (foto dal web)
Si sono capovolte le situazioni: meno neve e freddo alle latitudini superiori e più nevicate e piogge a carattere torrenziale man mano che ci avviciniamo all’equatore.
È un caso? Una pura coincidenza? Tutto ciò fa parte di un ciclo?
Su questi argomenti le opinioni divergono e molto; infatti, i climatologi seri e liberi (pochi, in verità) affermano che il clima stia cambiando, e in peggio, con la conseguenza che le generazioni future avranno seri problemi in termini di aumento di temperature e di stagioni sempre più calde.
Però nessuno parla di questi fenomeni come conseguenza scellerata dell’uso enorme, e talvolta ingiustificato, di fonti energetiche derivanti dal petrolio.
Tanto più non è il caso di parlarne in questo momento, perché la priorità, da parte dei mezzi di informazione, va data alle popolazioni abruzzesi e alla tragedia dell’albergo di Rigopiano.
Senza voler toglier valore a questa grande tragedia né ad altre notizie che meriteranno priorità nell’aprire le prime pagine dei giornali e dei telegiornali, constato qui come i problemi climatici non trovino mai lo spazio giusto per essere portati alla conoscenza delle popolazioni.

Qualche giorno fa, curiosando tra le pagine del WEB, mi sono imbattuto in un articolo che racconta come un gruppo di ragazzi abbia portato in tribunale gli Stati Uniti d’America sulla questione del Clima con la motivazione che “Non fanno abbastanza per l’ambiente”.
foto dal web
L’iniziativa presa da un tredicenne di Seattle, Gabriel Mandell, ha dato inizio a una vasta campagna di informazione sugli effetti disastrosi dei cambiamenti climatici.

"Siamo noi quelli che dovranno vivere con gli oceani acidi, la temperatura della terra sempre più calda e i ghiacci che si sciolgono", scrive il ragazzo nella petizione che ha depositato presso il tribunale federale della Pennsylvania contro il governo degli Stati Uniti.
Queste cose succedono solo in America?
A prima vista pare di sì.
Nel resto del mondo, e in Italia in particolare, sulle questioni legate ai cambiamenti climatici non se ne parla proprio.
Perché?
In primo luogo perché si tratta di fenomeni a “lunga scadenza” e quindi non interessano la quotidianità: come se non parlandone, o rimandando la discussione, il problema si risolvesse da sé.
Un’altra motivazione la troviamo nelle ragioni di chi investe miliardi di dollari per affermare che i cambiamenti climatici sono fenomeni naturali che si sono sempre stati nel corso della storia del nostro pianeta.

Però, se questa affermazione proviene da studi sovvenzionati dalle grandi lobby dei combustibili fossili, Exxon-Mobil, Total e ENI, sorge qualche dubbio.
Poi, ogni dubbio scompare dopo aver letto l’articolo di Paolo Mieli[1] pubblicato sul Corriere della Sera in novembre.  
Il pezzo si apre così: “Un nuovo uragano di irragionevolezza rischia di abbattersi sul mondo in coincidenza con l’apertura — oggi a Marrakech — della Conferenza sui cambiamenti climatici”.
L’«uragano di irragionevolezza» sarebbe quello scatenato dai «sostenitori della tesi che questo sia un campo delle certezze assolute». Tra questi Mieli annovera alcune star del cinema che «spiccano per spirito militante», tra cui Arnold Schwarzenegger e Leonardo Di Caprio – protagonista di Before The Flood, un documentario sul global warming trasmesso in anteprima il 30 ottobre sul canale del National Geographic.
carta del riscaldamento del pianeta (fonte: IPCC)
Da una parte, sostiene il giornalista, è «ragionevole che, sia pure a titolo precauzionale, vengano prese misure anche drastiche» per combattere il riscaldamento globale. Ma, d’altra parte, scrive, è irrazionale dar retta ai sostenitori delle «certezze assolute».
Il neo presidente Trump, ha nominato come Segretario di Stato Rex Tillerson, Amministratore Delegato della Exxon Mobil, la società che aveva stipulato un contratto di 5 miliardi di dollari con la Rosneft, (la compagnia petrolifera di proprietà del governo russo), contratto bloccato per l'embargo voluto da Obama dopo l'invasione della Crimea.

Se questa nomina è un caso…

Il problema del cambiamento climatico non è un “uragano di irragionevolezza” come sostiene lo storico Paolo Mieli.
Le questioni dei cambiamenti climatici non sono né di destra né di sinistra: ci sono semplicemente dati scientifici, fisici e matematici. 

Emanuele Pisarra





PS
Questo articolo esce in formato cartaceo su PASSAMONTAGNA - Periodico del Club Alpino Italiano - sezione di Castrovillari, numero 1/2017





[1] Paolo Mieli, I dati, i dubbi e gli eccessi sul cambiamento climatico, Corriere della Sera, lunedì 7 novembre 2016.

mercoledì 15 febbraio 2017

IL Lupo: dall'Operazione San Francesco all'abbattimento

  In questi giorni è in discussione presso la Conferenza Stato-Regioni la nuova bozza del “Piano per la conservazione e gestione del lupo”.
Dalla precedente bozza, dove qualche pseudo illuminato aveva proposto l’abbattimento selettivo di un certo numero di capi all’anno, alla situazione attuale il problema di fondo è rimasto invariato: dove sono le risorse economiche per aiutare e prevenire i conflitti con gli allevatori e bloccare il bracconaggio?
Tutte le norme, quando non sono accompagnate da sanzioni e fondi, sono inutili e dannose.
Giovane lupo (foto dal web)
Argomento delicatissimo e fondamentale è l’intento di porre alcuni paletti tra le attività produttive e la presenza della fauna selvatica.
Il successo dell’ “Operazione San Francesco”, che ha dato avvio nel 1970 al ripopolamento del lupo in Italia e al suo ritorno in quasi tutto l’Appennino, negli stessi anni in cui si registrava il picco dell’abbandono della montagna da parte dell’uomo, ha segnato anche gli scontri tra gli allevatori e il riproporsi di atti di bracconaggio.
Un Piano, senza risorse economiche per l’attuazione delle diverse misure da esso previste, è destinato a fallire com’era già fallito quello emanato nel 2002. A leggerlo nei dettagli la cosa più eclatante di questo nuovo Piano è al Cap. III.7 relativo alle “Deroghe al divieto di rimozione di lupi dall’ambiente naturale”: una vera e propria assurdità sostenuta dalla direttiva “Habitat” dell’Unione Europea che prevede la possibilità di uccidere un certo numero di lupi in aree a forte conflitto con gli allevatori.
Per fortuna in Italia il nostro Ministero dell’Ambiente non si è mai avvalso di questa Direttiva europea perché in molti sono sicuri che questa specie non sia fuori pericolo, giacché si contano ancora oltre un centinaio di esemplari morti per cause non naturali. Invece del problema del randagismo canino, molto più grave, il nuovo Piano in discussione non ne fa alcun cenno limitandosi ad un generico e, non vincolante, criterio sulla valutazione di dati relativi alla “Presenza di cani randagi e vaganti”.
Per cui, se il Piano non trova fondi per un protocollo operativo tra i vari enti per sostenere azioni innovative tese alla riduzione dei danni e applicare metodiche di accertamento e indennizzo, già sperimentate positivamente nelle aree protette attraverso l’esperienza del progetto comunitario “Life Wolfnet” inevitabilmente apre la strada all’abbattimento.

E a farne le spese, come sempre, sarà solo il lupo.





PS
Questo articolo esce in formato cartaceo su PASSAMONTAGNA - Periodico del Club Alpino Italiano - sezione di Castrovillari, numero 1/2017