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Umberto Caldora (lettera a Gaetano Greco Naccarato, 1963)

giovedì 25 febbraio 2016

Morte al lupo! Ritorno al Medioevo - seconda parte

In questo momento in Italia si combattono due battaglie: una contro i cinghiali e l’altra contro il lupo.
Foto dal web
Per il cinghiale la soluzione è presto trovata: basta assoldare schiere di selettori in tutta Italia, parchi compresi, e demandare a questi l’uccisione del surplus di questi animali e tutto va bene. Salvo poi ritrovarsi lo stesso problema l’anno successivo. Infatti, il prelievo selettivo come avviene ora non serve a nulla. Se non a rimpinguare le scorte di carne fresca nel proprio congelatore o in quello degli amici e di ristoratori compiacenti.
Non ha importanza se alcune province continuano ad immettere nel territorio nuovi esemplari.
Invece la questione lupo è diversa.
È di questi giorni la notizia della stesura di una bozza di “PIANO NAZIONALE” sulla gestione e conservazione del lupo in Italia.
Pare che non sia previsto nessun abbattimento o prelievo selettivo autorizzato a priori di lupi : invece è fissata con criteri scientifici una precisa autolimitazione al prelievo, un confine massimo invalicabile di 60 lupi: numero calcolato dagli esperti per garantire una soglia di assoluta sicurezza rispetto all’impatto sulla popolazione (????).
In nessun punto nel Piano d’azione si fa riferimento all’abbattimento di cani-lupo e cani randagi, né all'interno delle aree protette né al di fuori.
"E’ previsto dal testo che, nel quadro di un insieme di misure volte a migliorare lo stato di conservazione del lupo, il Ministero potrà autorizzare deroghe al divieto di prelievo, secondo quanto già previsto dalla Direttiva ‘Habitat’ e dal decreto 357 del 1997 che recepisce l’atto europeo, ponendo però allo stesso tempo una serie di prescrizioni ancor più stringenti rispetto alla normativa vigente.
Il Ministro dell'Ambiente, Gianluca Galletti
(foto da internet)
Proprio per garantire il rigore scientifico e l’impegno nella conservazione del lupo, la bozza di Piano, che nei prossimi giorni sarà all’attenzione del Comitato paritetico per la biodiversità e successivamente della Conferenza Stato-Regioni, è stata redatta a partire dalle più aggiornate informazioni scientifiche raccolte dai massimi esperti italiani, in un processo pubblico e aperto di consultazione con tutte le associazioni e i soggetti interessati.
Le eventuali deroghe, da valutare e autorizzare caso per caso sulla base di analisi e dati oggettivi, hanno l’obiettivo di mitigare il conflitto sociale, connesso alla coesistenza uomo-lupo: conflitto che in questi anni si è manifestato in molteplici ambiti geografici e che ha concorso all'aumento di episodi di bracconaggio, pur in presenza di un consistente e costante impegno di Amministrazioni pubbliche, associazioni ambientaliste e progetti finanziati dalla Comunità europea per promuovere la conservazione".

foto dal web
Fino a qui le precisazioni fatte dal Ministero dell’ambiente per la richiesta avanzata da parte del comune di Verona di poter abbattere diversi lupi in Lessinia in seguito alle denunce di frequenti casi di predazione sul bestiame domestico.

A queste puntualizzazioni si aggiunge la lettera dell’ISPRA dove si afferma che la presenza di nuclei di lupo non comporta alcun rischio per la sicurezza dell’uomo, considerato che non sì è registrato alcun caso di attacco da parte del lupo all’uomo dal dopoguerra nel nostro Paese, né esiste alcun dato di attacco successivamente al 1825.
Inoltre, l’ISPRA ribadisce che la cattura e il trasferimento del branco responsabile degli episodi di predazione non appare una soluzione tecnicamente applicabile in quanto il lupo compie naturalmente spostamenti anche di centinaia di chilometri e un trasferimento degli esemplari rischia di avere effetti solo temporanei.
Già nel piano d’Azione Nazionale per la Conservazione del Lupo è stato ribadito come questo tipo di interventi sia poco efficace e da scongiurare.
Per cui la soluzione, al fine di mitigare gli impatti causati dal lupo in Lessinia (e in tutta Italia, NdR) sta nella prevenzione e compensazione dei danni.
Fin qui, i documenti ufficiali.
Però la situazione è estremamente fluida e pericolosa per il lupo in tutta Italia.
Si rischia di tornare al Medioevo, come afferma il GRUPPO LUPO ITALIA.
Il problema è molto più vissuto sull’arco alpino che non nel resto d’Italia.
Questo perché il lupo, che si era estinto da queste regioni agli inizi del Novecento, poi è ritornato (e non è vero che è stato reintrodotto, come sostengono alcuni esperti) ad attaccare mandrie e greggi, con grosse difficoltà per i pochi allevatori rimasti in queste valli.

Manifestazione contro i lupi in Francia a Grap
in occasione del Giro di Francia (foto dal web)
Gli allevatori – soprattutto delle valli piemontesi, lombarde e venete – sostengono che il “Piano di conservazione e gestione del lupo in Italia presentato dall’Unione Zoologica Italiana lo scorso 19 ottobre su incarico del Ministero dell’Ambiente è un altro esempio di errata gestione del problema, creato da un gruppo di esperti di lupi ma inevitabilmente inesperti in pastorizia. Stiamo rischiando di mettere a rischio il futuro dei pastori e di conseguenza, mancando il loro lavoro nella conservazione del territorio, avremo gravi danni per l’ambiente”.

L’intervento del professor Michele Corti, docente di zootecnia montana presso l’Università di Milano e rappresentante dei pastori lombardi, ha analizzato la diffusione del lupo non solo sulle Alpi e sugli Appennini ma a livello europeo,ed ha evidenziato che è possibile notare, negli ultimi decenni, una grande diffusione del predatore. A differenza dell’Italia però, in quasi tutti gli altri Paesi sono stati autorizzati abbattimenti in seguito alle richieste del settore agricolo. Il lupo viene cacciato in Svizzera, Francia, Svezia e molti altri stati, nonostante il predatore sia tra le specie protette dalla convenzione di Berna e dalla direttiva Habitat.

“In Italia – spiega il professor Corti – sembra che l’abbattimento del lupo sia una parola da non pronunciare assolutamente, impossibile da realizzare in quanto la legislazione non lo permette. Il lupo ha trovato nelle nostre montagna un territorio pieno di cibo, in cui nessuno gli fa del male: il paradiso. Mentre per i pastori questa situazione si sta trasformando in un inferno. Ma è poi vero che il lupo è l'unica cosa importante e tutelata? Esistono molte altre convenzioni internazionali volte a tutelare le pratiche agricole, la biodiversità delle razze animali autoctone, la cultura locale, oltre a norme fondamentali che tutelano la sicurezza, la libertà economica, la proprietà. Tutte queste tutele, sono diritti che vanno difesi: non si può dare come unica priorità la conservazione del lupo ma serve il giusto compromesso.

siamo tornati al Medioevo (foto dal web)
Intanto il lupo sta arrivando in pianura e vicino alle grandi città mentre sui pascoli la situazione è insostenibile: le recinzioni non bastano, il lupo non si mangia solo le pecore ma in alcuni casi si sbrana addirittura il cane da guardia, gli indennizzi sono troppo bassi, spesso non concessi.

Le conseguenze? I pastori si stufano di denunciare le predazioni, molti alpeggi non vengono più pascolati, le misure di difesa si scontrano con il corretto utilizzo dei pascoli e il benessere animale.

Il Presidente di Alte Terre, Giorgio Alifredi, in quanto allevatore della Valle Maira ha espresso la sua volontà nel potersi difendere in caso di attacchi: “Finché esiste l’allevamento e la pastorizia dobbiamo poter difendere i nostri animali dagli attacchi. Non pensate che il pastore abbia il tempo di andare a caccia del lupo, ma nel momento in cui un predatore attacca il gregge devo poterlo allontanare, non posso stare a guardare mentre si sbrana i miei animali, il mio lavoro.”

Esemplare di Canis Lupus (foto da internet )
Alifredi ha poi esposto il “manifesto antilupo” redatto dalle associazioni AlteTerre e Adialpi con il quale si vuole portare alla attenzione della politica europea quali sono le difficoltà che ha recato il ritorno del lupo sulle Alpi e quali provvedimenti occorre attuare per far sì che la pastorizia non scompaia dalle nostre montagne. “L’unica soluzione efficace – riporta il documento - per risolvere a lungo termine il conflitto tra predatori e gente di montagna è mettere in discussione la Direttiva Habitat e uscire dalla Convenzione di Berna: in effetti, la vera specie che rischia ormai l’estinzione sulle Alpi non è certo il lupo, ma l’essere umano, in particolare il contadino e la sua famiglia!”

Tra gli interventi anche Daniele Massella, allevatore della Lessinia in Veneto, che descrive la situazione delle vallate veronesi dopo l’arrivo dei lupi: “Sugli alpeggi ci sono meno animali perché molti malgari non si fidano più a lasciare le vacche al pascolo, preferiscono tenerle in stalla, nonostante i costi più elevati. I risarcimenti non sono abbastanza alti, non si tiene conto del giusto valore genetico degli animali. La convivenza tra lupi e zootecnia è impossibile: occorre cambiare le leggi che lo tutelano altrimenti gli allevatori scompariranno dalle nostre montagne.”

Aiassa Tiziano, margaro di Limone Piemonte ha descritto la sua situazione: “Sono un allevatore di bovini di razza Piemontese. In cinque anni ho subito 30 perdite per attacco da lupo. I primi anni mi venivano risarciti. Ultimamente nemmeno quello: i veterinari dell’Asl, incaricati di fare le perizie delle predazioni in campo, non vogliono attestare che si tratta di attacchi da lupo e gli animali oltre i 3 anni non sono comunque indennizzati. Oltre al danno, veniamo messi in dubbio delle nostre dichiarazioni. Serve una controperizia oltre a quella dell’Asl per i casi in cui questa non sia sufficiente.”

Questo è quanto sta succedendo nell’arco alpino e oltre i confini, in Francia.
L’anno scorso la ministra francese dell’Ambiente è dovuta correre a Grap dove un gruppo di sindaci, allevatori in corteo aperto da mandrie di capre minacciava di bloccare il Giro di Francia.

Come se ne esce?

Se ne esce dando piena attuazione al Piano di Conservazione del Lupo senza abbattimenti e catture. Erogando rimborsi rapidi e consistenti, finanziamenti per le recinzioni, cani da guardia e incentivi ai pastori per migliorare le condizioni di vita dei/nei propri pascoli.
Disponibilità di risorse economiche per far fronte ai problemi su menzionati.


Fine seconda parte



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