In
questo momento in Italia si combattono due battaglie: una contro i cinghiali e l’altra contro il lupo.
Foto dal web |
Per
il cinghiale la soluzione è presto trovata: basta assoldare schiere di
selettori in tutta Italia, parchi compresi, e demandare a questi l’uccisione
del surplus di questi animali e tutto va bene. Salvo poi ritrovarsi lo stesso
problema l’anno successivo. Infatti, il prelievo selettivo come avviene ora non
serve a nulla. Se non a rimpinguare le scorte di carne fresca nel proprio
congelatore o in quello degli amici e di ristoratori compiacenti.
Non
ha importanza se alcune province continuano ad immettere nel territorio nuovi
esemplari.
Invece
la questione lupo è diversa.
È
di questi giorni la notizia della stesura di una bozza di “PIANO NAZIONALE” sulla
gestione e conservazione del lupo in Italia.
Pare
che non sia previsto nessun abbattimento o prelievo selettivo autorizzato a priori di lupi : invece è fissata con criteri scientifici una precisa autolimitazione al
prelievo, un confine massimo invalicabile di 60 lupi: numero calcolato dagli esperti
per garantire una soglia di assoluta sicurezza rispetto all’impatto sulla
popolazione (????).
In nessun
punto nel Piano d’azione si fa riferimento all’abbattimento di cani-lupo e cani
randagi, né all'interno delle aree protette né al di fuori.
"E’ previsto dal testo che, nel quadro di un
insieme di misure volte a migliorare lo stato di conservazione del lupo, il
Ministero potrà autorizzare deroghe al divieto di prelievo, secondo quanto già
previsto dalla Direttiva ‘Habitat’ e dal decreto 357 del 1997 che recepisce
l’atto europeo, ponendo però allo stesso tempo una serie di prescrizioni ancor
più stringenti rispetto alla normativa vigente.
Il Ministro dell'Ambiente, Gianluca Galletti (foto da internet) |
Proprio per garantire il rigore
scientifico e l’impegno nella conservazione del lupo, la bozza di Piano, che
nei prossimi giorni sarà all’attenzione del Comitato paritetico per la
biodiversità e successivamente della Conferenza Stato-Regioni, è stata redatta
a partire dalle più aggiornate informazioni scientifiche raccolte dai massimi
esperti italiani, in un processo pubblico e aperto di consultazione con tutte
le associazioni e i soggetti interessati.
Le eventuali deroghe, da valutare e
autorizzare caso per caso sulla base di analisi e dati oggettivi, hanno
l’obiettivo di mitigare il conflitto sociale, connesso alla coesistenza
uomo-lupo: conflitto che in questi anni si è manifestato in molteplici ambiti
geografici e che ha concorso all'aumento di episodi di bracconaggio, pur in
presenza di un consistente e costante impegno di Amministrazioni pubbliche,
associazioni ambientaliste e progetti finanziati dalla Comunità europea per
promuovere la conservazione".
foto dal web |
Fino
a qui le precisazioni fatte dal Ministero dell’ambiente per la richiesta avanzata da
parte del comune di Verona di poter abbattere diversi lupi in Lessinia in
seguito alle denunce di frequenti casi di predazione sul bestiame domestico.
A
queste puntualizzazioni si aggiunge la lettera dell’ISPRA dove si afferma che
la presenza di nuclei di lupo non comporta alcun rischio per la sicurezza dell’uomo,
considerato che non sì è registrato alcun caso di attacco da parte del lupo all’uomo
dal dopoguerra nel nostro Paese, né esiste alcun dato di attacco
successivamente al 1825.
Inoltre,
l’ISPRA ribadisce che la cattura e il trasferimento del branco responsabile
degli episodi di predazione non appare una soluzione tecnicamente applicabile
in quanto il lupo compie naturalmente spostamenti anche di centinaia di chilometri
e un trasferimento degli esemplari rischia di avere effetti solo temporanei.
Già
nel piano d’Azione Nazionale per la Conservazione del Lupo è stato ribadito come questo tipo di interventi sia poco efficace e da scongiurare.
Per
cui la soluzione, al fine di mitigare gli impatti causati dal lupo in Lessinia
(e in tutta Italia, NdR) sta nella prevenzione e compensazione dei danni.
Fin
qui, i documenti ufficiali.
Però la situazione è estremamente fluida e pericolosa per il lupo in tutta Italia.
Si
rischia di tornare al Medioevo, come afferma il GRUPPO LUPO ITALIA.
Il problema è molto più vissuto sull’arco alpino che non nel resto d’Italia.
Questo
perché il lupo, che si era estinto da queste regioni agli inizi del Novecento, poi è
ritornato (e non è vero che è stato reintrodotto, come sostengono alcuni
esperti) ad attaccare mandrie e greggi, con grosse difficoltà per i pochi
allevatori rimasti in queste valli.
Manifestazione contro i lupi in Francia a Grap in occasione del Giro di Francia (foto dal web) |
Gli
allevatori – soprattutto delle valli piemontesi, lombarde e venete – sostengono
che il “Piano di conservazione e gestione del lupo in Italia
presentato dall’Unione Zoologica Italiana lo scorso 19 ottobre su incarico del
Ministero dell’Ambiente è un altro esempio di errata gestione del problema,
creato da un gruppo di esperti di lupi ma inevitabilmente inesperti in
pastorizia. Stiamo rischiando di mettere a rischio il futuro dei pastori e di
conseguenza, mancando il loro lavoro nella conservazione del territorio, avremo
gravi danni per l’ambiente”.
L’intervento
del professor Michele Corti, docente di zootecnia montana presso l’Università
di Milano e rappresentante dei pastori lombardi, ha analizzato la diffusione
del lupo non solo sulle Alpi e sugli Appennini ma a livello europeo,ed ha evidenziato che è possibile
notare, negli ultimi decenni, una grande diffusione del predatore. A differenza
dell’Italia però, in quasi tutti gli altri Paesi sono stati autorizzati abbattimenti
in seguito alle richieste del settore agricolo. Il lupo viene cacciato in
Svizzera, Francia, Svezia e molti altri stati, nonostante il predatore sia tra
le specie protette dalla convenzione di Berna e dalla direttiva
Habitat.
“In Italia –
spiega il
professor Corti – sembra che
l’abbattimento del lupo sia una parola da non pronunciare assolutamente,
impossibile da realizzare in quanto la legislazione non lo permette. Il lupo ha
trovato nelle nostre montagna un territorio pieno di cibo, in cui nessuno gli
fa del male: il paradiso. Mentre per i pastori questa situazione si sta
trasformando in un inferno. Ma è poi vero che il lupo è l'unica cosa importante
e tutelata? Esistono molte altre convenzioni internazionali volte a tutelare le
pratiche agricole, la biodiversità delle razze animali autoctone, la cultura
locale, oltre a norme fondamentali che tutelano la sicurezza, la libertà
economica, la proprietà. Tutte queste tutele, sono diritti che vanno difesi:
non si può dare come unica priorità la conservazione del lupo ma serve il
giusto compromesso.
siamo tornati al Medioevo (foto dal web) |
Intanto il
lupo sta arrivando in pianura e vicino alle grandi città mentre sui pascoli la
situazione è insostenibile: le recinzioni non bastano, il lupo non si mangia
solo le pecore ma in alcuni casi si sbrana addirittura il cane da guardia, gli
indennizzi sono troppo bassi, spesso non concessi.
Le conseguenze? I pastori si stufano
di denunciare le predazioni, molti alpeggi non vengono più pascolati, le misure
di difesa si scontrano con il corretto utilizzo dei pascoli e il benessere
animale.
Il
Presidente di Alte Terre, Giorgio Alifredi, in quanto allevatore della Valle
Maira ha espresso la sua volontà nel potersi difendere in caso di attacchi:
“Finché esiste l’allevamento e la pastorizia dobbiamo poter difendere i nostri
animali dagli attacchi. Non pensate che il pastore abbia il tempo di andare a
caccia del lupo, ma nel momento in cui un predatore attacca il gregge devo
poterlo allontanare, non posso stare a guardare mentre si sbrana i miei
animali, il mio lavoro.”
Esemplare di Canis Lupus (foto da internet ) |
Alifredi ha
poi esposto il “manifesto antilupo” redatto dalle associazioni AlteTerre e
Adialpi con il quale si vuole portare alla attenzione della politica europea quali sono le
difficoltà che ha recato il ritorno del lupo sulle Alpi e quali provvedimenti
occorre attuare per far sì che la pastorizia non scompaia dalle nostre
montagne. “L’unica soluzione efficace – riporta il documento - per risolvere a
lungo termine il conflitto tra predatori e gente di montagna è mettere in
discussione la Direttiva Habitat e uscire dalla Convenzione di Berna: in
effetti, la vera specie che rischia ormai l’estinzione sulle Alpi non è certo
il lupo, ma l’essere umano, in particolare il contadino e la sua famiglia!”
Tra gli interventi anche Daniele Massella, allevatore
della Lessinia in Veneto, che descrive la situazione delle vallate veronesi
dopo l’arrivo dei lupi: “Sugli alpeggi ci
sono meno animali perché molti malgari non si fidano più a lasciare le vacche
al pascolo, preferiscono tenerle in stalla, nonostante i costi più elevati. I
risarcimenti non sono abbastanza alti, non si tiene conto del giusto valore
genetico degli animali. La convivenza tra lupi e zootecnia è impossibile:
occorre cambiare le leggi che lo tutelano altrimenti gli allevatori
scompariranno dalle nostre montagne.”
Aiassa Tiziano, margaro di Limone Piemonte ha
descritto la sua situazione: “Sono un
allevatore di bovini di razza Piemontese. In cinque anni ho subito 30 perdite
per attacco da lupo. I primi anni mi venivano risarciti. Ultimamente nemmeno
quello: i veterinari dell’Asl, incaricati di fare le perizie delle predazioni
in campo, non vogliono attestare che si tratta di attacchi da lupo e gli
animali oltre i 3 anni non sono comunque indennizzati. Oltre al danno, veniamo
messi in dubbio delle nostre dichiarazioni. Serve una controperizia oltre a
quella dell’Asl per i casi in cui questa non sia sufficiente.”
Questo è
quanto sta succedendo nell’arco alpino e oltre i confini, in Francia.
L’anno
scorso la ministra francese dell’Ambiente è dovuta correre a Grap dove un
gruppo di sindaci, allevatori in corteo aperto da mandrie di capre minacciava di
bloccare il Giro di Francia.
Come se ne esce?
Se ne esce dando piena attuazione al
Piano di Conservazione del Lupo senza abbattimenti e catture. Erogando rimborsi
rapidi e consistenti, finanziamenti per le recinzioni, cani da guardia e
incentivi ai pastori per migliorare le condizioni di vita dei/nei propri pascoli.
Disponibilità di risorse economiche
per far fronte ai problemi su menzionati.
Fine seconda
parte
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