Un binomio che
ultimamente riscuote sempre più successo di pubblico e consenso.
Qualche giorno fa, come
CAI Castrovillari, abbiamo fatto una “uscita” in stile alpino con l’obiettivo
di percorrere una delle due vie ferrate recentemente realizzate da una
ditta trentina per conto della Regione Basilicata.
La nostra meta sono
state le Dolomiti lucane.
Escursionisti del CAI Castrovillari impegnati sulla ferrata "Marcirosa" nelle "Dolomiti lucane" (foto di Luigi Perrone) |
Un complesso roccioso
tra i comuni di Pietrapertosa e Castelmezzano, nella Basilicata centrale,
attraversato dal Basento. Un sistema di guglie spettacolari, di varie forme,
che evocano animali, demoni e antiche tradizioni che contribuiscono a rendere
più affascinanti questi luoghi.
L’arrivo era previsto,
per la tarda mattinata, a Pietrapertosa, splendido centro abitato situato oltre
i mille metri di quota a cavallo tra la Val Basento e la Val d’Agri.
All’uscita dello
svincolo della Basentana per Pietrapertosa si è unito a noi Vincenzo Armentano,
un nostro socio, nativo di San Lorenzo Bellizzi e che abita a Potenza.
Superato il ponte sul
Basento, abbiamo iniziato a percorrere i numerosi tornanti che portano a
Pietrapertosa: mi ha colpito il cartello che avverte come in paese non ci siano
distributori di carburante.
Man mano che si sale,
il paesaggio si diversifica, aumentano gli spazi e appare il primo dei tanti parchi
eolici che avremo avuto modo di vedere durante la giornata.
Enormi pali, alti fino
a cento metri, che svettano poco sopra l’abitato di Campomaggiore e,
minacciosi, sfidano le forze del vento per produrre energia.
In molti dubitiamo sul
reale apporto energetico di questi sistemi, almeno nel meridione d’Italia e ne abbiamo
parlato un po’ con i compagni d’escursione… ma questa è un’altra questione.
La stradina si inerpicava
sul versante settentrionale di Costa la Rossa nello splendido bosco di
Gallipoli-Cognato, tra alberi di cerro, roverella e leccio, poi il bosco si è diradato
ed è apparso qualche campo coltivato a non abbiamo capito bene cosa, mentre il
centro abitato non si vedeva neanche lontanamente.
Abbiamo deciso di fare
una modifica al programma iniziale e di prendere la vecchia stradina chiusa al
traffico automobilistico che porta direttamente a Castelmezzano.
È questo un tratto della strada provinciale che collegava la
provinciale per Pietrapertosa con Castelmezzano, chiusa da tempo al traffico a
causa di frane e smottamenti. Vistosi cartelli avvertono del divieto di
transito che tutti, puntualmente, disattendono… e anche noi lo abbiamo fatto …
Attraversata la
splendida gola del Torrente Caperrino, abbiamo ripreso a salire dal versante
opposto e in breve tempo percorso la galleria al termine della quale ci è apparso,
come d’incanto, il borgo di Castelmezzano: tante case colorate, ordinate,
graziose, e attaccate alla parete rocciosa come tessere di un mosaico perfetto,
sfruttando tutti gli spazi possibili.
Ferrata "Marcirosa". Attraversamento del ponte tibetano (foto di Luigi Perrone) |
Dopo aver ammirato la
veduta, abbiamo proseguito in direzione del cimitero, dove inizia il tratto di
avvicinamento alla ferrata “Marcirosa”.
Lasciata la macchina
nello spiazzo antistante al cimitero, abbiamo iniziato a percorrere il sentiero
dei mulini oggi, rinominato, avvolto in un’aria di mistero, come il “Percorso
delle Sette pietre” nome ispirato a un racconto di Mimmo Sammartino.
Una splendida mulattiera,
a tratti incisa nella roccia, porta in pochi minuti al torrente Caperrino che abbiamo
attraversato sull’antico ponte di pietra e oltre il quale ci siamo immessi nel
nuovo sentiero di avvicinamento alle ferrate.
Infatti, questo
ingresso consente di accedere a tutte e due le ferrate. Noi avevamo in
programma quella denominata di “Marcirosa”. Dalla parte opposta del
corso d’acqua si accede, tramite uno spettacolare ponte nepalese, all’altra
ferrata, denominata di “Salem” che porta a Castelmezzano.
L’inizio della
“Marcirosa” è abbastanza anonimo: dopo una prima rampa di scale si esce dal
bosco fino a giungere a un primo ponte tibetano: da questo punto cambia e il
panorama e appare, in tutta la sua maestosità, la roccia arenaria ed (?)
epossidica delle Dolomiti lucane.
Impegno, attenzione e
spirito di avventura e mancanza di vertigini sono gli elementi base che uno scalatore
di ferrate deve avere.
Una piccola disattenzione
può essere causa di gravi danni alla persona.
Un moschettone della longe segue l’altro in perfetta
sincronia. La cordata del CAI Castrovillari avanzava e proseguiva senza sosta.
Tutti arrampicavano con sicurezza e decisione. Una vera e propria squadra
coordinata e compatta.
In qualche segmento di
corda, però è stato necessario fermarsi e restare appesi per diversi minuti
perché la via era molto affollata. È
stato un vero grande successo l’idea di attrezzare queste pareti, favorendo l’afflusso
a molti che ne sarebbero esclusi se non si trattasse di bravi rocciatori.
Mi incuriosisce conoscere
lo studio di fattibilità ambientale sotteso a questa ferrata, cosa esso contenga
in tema di impatto ambientale, di disturbo alla fauna selvatica e al paesaggio.
Dalle previsioni
meteorologiche della giornata mi era sembrato un po’ un azzardo affrontare una
ferrata, anche se classificata come “poco difficile”, come questa di “Marcirosa”,
e in special modo dopo la pioggia della notte e del giorno precedenti.
Ma non avevo voluto
abbandonare gli amici e, fiducioso, ero partito con loro confidando nell’antico
adagio “La fortuna aiuta gli audaci”. Intorno a mezzogiorno il cielo si è aperto
completamente e il sole ci ha donato una splendida giornata. L’orizzonte man
mano che si saliva si apriva sempre di più. In attesa di far – è proprio il
caso di dire – la fila, ben ancorato alla sicura, mi sono guardato intorno e il
paesaggio mi è apparso ancora più bello del solito, forse perché lo vedevo da
una angolazione insolita. Le quinte di monti che si susseguono, i paesini
abbarbicati a mezzacosta come se fossero incollati alle rocce circostanti, il
verde intenso dei boschi che, complice la attardata estate, ancora non hanno
perso le foglie, il nastro d’argento del Basento che scorre tra le cime, si
confondevano in un unicum di situazioni e sensazioni che hanno reso l’animo
sereno e felice di abitare e vivere in questi luoghi ancora così semplici e
unici.
Questo magico
incantesimo veniva a volte interrotto da un sibilo fortissimo
Abbiamo affrontato con
molta attenzione l’ultimo ponte tibetano: semplice nella sua forma, non molto
alto dal suolo, tuttavia abbastanza pericoloso in caso di eventuale caduta. Dopo
averlo attraversato, una scaletta metallica con gradini alternati costringe a
prendere la discesa verso l’arrivo.
Una volta raggiunto il
crinale ci si è svelato il mistero del sibilo: si tratta del volo dell’angelo!
È questa una delle tante invenzioni del
vulcanico direttore generale dell’APT lucana: una corda d’acciaio collega
Pietrapertosa con Castelmezzano. Imbracati dentro una speciale sacca agganciata
a questa corda d’acciaio si scorre a velocità incredibile verso il punto di
arrivo. Un minuto e mezzo di volo a oltre centoventi chilometri all’ora che,
sicuramente almeno la prima volta, fa drizzare i capelli anche a chi, come me, non
li possiede da tempo.
Abbiamo atteso la
partenza di un temerario per fare una foto, e quindi ci siamo avviati verso il
centro abitato.
Qualcuno del nostro gruppo
non pienamente soddisfatto da questo primo assaggio, ci lascia per andare percorrere
anche la ferrata di “Salem” a Castelmezzano.
Quelli di noi che hanno
rinunciato all’invito a seguirli, si sono avviati verso la piazzetta principale
di Pietrapertosa dove avevamo appuntamento con quanti del gruppo non hanno
partecipato neanche alla prima ferrata ed hanno nel frattempo visitato il
centro storico; tutti insieme ci siamo recati a Castelmezzano percorrendo il “Sette
pietre”.
Credo che sia stato il
primo sentiero che percorro, nella mia carriera di escursionista in giro per le
montagne italiane, dove ci sono una serie di stazioni – tipo una Via Crucis –
sottolineate da una voce recitante, accompagnata da musica ritmica molto
suggestiva.
Per me è stata veramente
una novità assoluta.
Anche questo è la
Basilicata dei grandi eventi.
L’arrivo a Castelmezzano,
il recupero delle automobili, il trasferimento nella piazzetta principale per
la nostra solita “colazione al sacco” fatta di soppressate, salsicce, peperoni
cruschi, formaggi, olive sott’olio, rape e tanto altro, ha chiuso la nostra
giornata.
Per la nostra colazione
abbiamo scelto la balconata di fronte alla chiesa principale che incornicia le
casette colorate del centro storico, reso anche famoso dall’ultimo film con
Fabio Volo, Miriam Leoni e Silvio Orlando “Un paese quasi perfetto”, e ci siamo
ritrovati ad essere osservati dai tanti turisti stranieri che in questo periodo
frequentano Castelmezzano…
Così, per la foto di
gruppo, abbiamo accolto come ospiti alcuni ragazzi di Taiwan.
Dopo il caffè,
“l’ammazza” caffè e un dolcino, ci siamo spinti in una passeggiata tra i vicoli
fino alla base della “Civetta”: questo spettacolare monolito che per anni ha
fatto da punto di vedetta per la salvaguardia del centro abitato dalle
invasioni arabe e saracene.
Il ritorno in
piazzetta, i saluti, il rientro hanno reso quanto mai attuale quel detto di
Marcel Proust: “L’unico vero viaggio verso la scoperta non consiste nel cercare
nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”.
Alla prossima!
PS
Questo resoconto della giornata a Castelmezzano esce in contemporanea anche sul sito del CAI Castrovillari
Sono nicola Salerno, ho appena letto dal tuo blogg l'articolo sulla ferrata di castelmezzano/pietrapertosa, volevo darti una informazione, i realizzatori della ferrata sono i rocciatori di Terranova tra cui Antonio Miraglia (lavorano per una ditta trentina). La ferrata ha anche un'anima del "Pollino". Un grazie a loro per la grande professionalità nel realizzarla.
RispondiEliminaUn saluto nicola