A differenza di quanti pensino che sul
Pollino è stato scritto tutto e su tutto è uscita una nuova Guida che racconta
di una montagna vissuta tra falesie, roccia, sci-alpinismo e ghiaccio che porta
il lettore a vedere con altri occhi la nostra realtà.
Non ho ancora letto la guida.
Riporto la presentazione che ne ha fatto
Alessandro Gogna, grande alpinista italiano, che, forse, è stato tra i primi a
credere che si può arrampicare anche nel Meridione.
Copertina della nuova guida |
E’ appena uscita la nuova guida Sud verticale, una
completa monografia di ghiaccio, scialpinismo, roccia, falesie e ferrate nei
Parchi del Pollino e dell’Appennino Lucano. L’autore è Guido Gravame, l’editore
è Idea Montagna.
Sono passati quasi 35 anni da
quando, assieme a mia moglie Ornella e Andrea Savonitto, nel corso del nostro
lungo peregrinare nelle montagne del Sud, capitammo sulle montagne del Pollino.
Pur dotati di carte militari dell’IGM eravamo completamente all’oscuro di cosa
avremmo trovato, ma una cosa era chiara fin da subito. Sul versante
settentrionale avremmo trovato una montagna meravigliosa, piena di boschi e di
itinerari anche impegnativi; su quello meridionale grandi dislivelli e
precipizi dirupati e selvaggi. Non mi aspettavo grandi pareti di roccia, perché
non ero riuscito a reperire in anticipo alcuna documentazione fotografica. E
dunque, quale non fu la nostra sorpresa, con conseguente eccitazione, quando
scoprimmo ciò che sovrastava Civita! Gole profondissime, canyon… e soprattutto
pareti a perdita d’occhio, una specie di novello Verdon dalle proporzioni
gigantesche e del tutto inesplorato.
Alessandro Gogna |
Fummo subito presi dalla frenesia
del fare, anche se i giorni che avevo messo a disposizione per la zona del
Pollino erano comunque limitati. Ci scontrammo subito con la difficoltà di
avere qualunque genere di informazioni sul posto, controbilanciata dalla
sorpresa dell’aver trovato alcune strade poderali sterrate che non ci
aspettavamo (sulle carte non c’erano) e che ci facilitavano decisamente le
cose.
Alla fine riuscimmo essenzialmente ad aprire una via
difficile sull'imponente parete ovest della Pietra del Demanio e ad
attraversare in senso est-ovest l’intera Gola del Barile. In realtà ci siamo
impegnati a risalire questo fantastico canyon non propriamente con il solo
scopo esplorativo: ci interessava l’enorme parete sovrastante, la Sud-ovest
della Timpa di San Lorenzo, a occhio e croce la più alta di tutto il Meridione
d’Italia. Pur osservando con molta attenzione, non riuscimmo a trovare un
itinerario possibile nello stile mordi e fuggi. Per tutto il canyon lo zoccolo
basale della parete ci risultò costituito di immani placconate lisce che di
certo avrebbero richiesto molti tentativi, un’attrezzatura e magari anche
qualche chiodo a pressione (che non avevamo neppure). Ci sfuggì la possibilità
sfruttata molti anni dopo da Giovanni Peruzzini e Alessandro Manià: loro
seguirono una lunga cengia che taglia in basso la parete (la cengia di
Sant’Anna) evitando così lo zoccolo e risalirono diretti alla vetta per quella
che chiamarono la via del Moto Perpetuo.
Alessandro Gogna, 1'ascensione della via del Peperoncino, seconda lunghezza, Pietra del Demanio (Gola del Raganello inferiore), 26 settembre1981 |
Questa grande impresa è solo la prima ad affrontare la
grande parete: io mi auguro che prima o poi qualche forte cordata riprenderà il
nostro vecchio progetto e salirà dal fondo della Gola del Barile sull’intera
parete, magari più a destra di Moto Perpetuo, dove
è presumibile trovare difese naturali ancora maggiori.
Insomma, un ricordo meraviglioso, ingigantito dal lungo
silenzio che seguì le nostre esplorazioni, poi ulteriormente amplificato da
vaghe notizie di nuove timide aperture e di qualche grande impresa. Già mi ero
interessato a queste nuove frequentazioni per la stesura del mio La Pietra dei Sogni, ma questa
guida che sto presentando elenca le nuove vie e le descrive con grande
precisione e amore. Rimarchevoli le annotazioni storiche per ciascun
itinerario, sia esso di completa avventura sia plaisir. Alla fine si vengono a
conoscere nei dettagli imprese, uomini e donne che qui hanno esplorato,
sofferto e vinto, oppure qualche volta sono stati sconfitti. Noi questi
alpinisti dobbiamo ringraziarli perché sono loro ad aver portato e portare
avanti un discorso che viene da molto lontano.
Con piacere vedo che il format, già
ampiamente collaudato dall’Editore per la sua bellissima serie di guide del
Gruppo di Brenta, è stato applicato anche qui sul Pollino e dintorni, con il
risultato, grazie anche e soprattutto alla competenza dell’Autore, di fare
chiarezza su un gruppo di montagne che dovrà essere noto d’ora in avanti non
solo perché a suo tempo è stato dichiarato Parco Nazionale, ma anche perché
costituisce un grande luogo d’avventura. Qui l’avventura è propria non solo
delle pareti da arrampicare in tutte le stagioni: qui l’avventura è essenza
intima di ogni modo di muoversi e di conoscere. Sono pochi i luoghi, nelle Alpi
e nell’Appennino, a essere ancora così.
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