È finito anche il 2015 e la storia dei parchi nazionali, o meglio quella che si è trasformata in telenovela delle aree protette d’Italia, non si è ancora chiusa.
Pini loricati lungo il versante occidentale della Murgia di Celsa Bianca (Photo di E. Pisarra) |
Un
anno speso tutto attorno all’Expo 2015.
L’ordine,
arrivato dall’alto del governo per tramite del ministero dell’ambiente, è
stato: spendere tutto, in termini di energie, denari e personale, per
organizzare eventi sul territorio e a Milano in particolare per mostrare agli
italiani (e non solo) le bellezze dei nostri parchi.
Teatro
di questi eventi, oltre al padiglione della Biodiversità, è stato il Mondadori
Center, una struttura presa in affitto dai vari Enti parco per presentare
mostre, libri, materiali audiovisivi sui propri parchi.
Significativa
è stata una delle esperienze vissute dallo stand che ospitava il Parco del
Pollino. Al momento della presentazione, concordata con la Direzione per l’allestimento
di una mostra fotografica e della presentazione di un libro, mancava tutto: quindi
il Direttore del Parco, l’Autore della mostra e alcuni collaboratori sono
andati in un Brico center e hanno acquistato chiodi, martello e quanto altro
potesse servire per l’allestimento.
Roba
da matti!
Altro
problema: la mostra e la presentazione del libro (uno dei tanti) verso chi era
diretta?
Non
si sa.
In cammino verso la Manfiana (Ph. di E. Pisarra) |
L’ufficio
comunicazioni del nostro Parco è composto da un solo giornalista
professionista.
Ovviamente
a questo giornalista non è stato possibile partecipare a nessun evento a Milano
e tanto meno organizzarne qualcuno. Ed ecco che così, almeno per uno degli
eventi del quale abbiamo notizie, hanno partecipato solo cittadini
calabro-lucani residenti a Milano e dintorni.
Bello
ma non sufficiente. Nel senso che se la manifestazione aveva l’intento di
mostrare le bellezze del Parco a un pubblico di potenziali fruitori, possiamo
sicuramente parlare di un grande fiasco, in quanto i nostri corregionali
conoscono già il Pollino e magari vengono qui spesso in vacanza.
Quindi
con questa manifestazione non abbiamo raggiunto nessun nuovo “cliente
potenziale”, tanto per usare il gergo della comunicazione.
Invece,
l’altro Parco calabrese ha un ottimo Ufficio comunicazioni tramite il quale ha affermato di essere stato nel
corso del 2014 il Parco del Meridione più visitato in assoluto.
Alla
domanda di mostrare o fornire la fonte di questi dati, però si rifugiava nella
classica risposta “questo non è il luogo per dare informazioni tecniche”.
Ovviamente
ragguagli più precisi sulla fonte di questi dati non sono stati mai mostrati,
pubblicati o in qualche modo resi noti.
Il
risultato è stato però che è passato il messaggio: il Parco della Sila è stata
l’area protetta più frequentata della Calabria per il 2014.
Se
però la domanda la si gira agli operatori turistici di Camigliatello, lascio
immaginare al lettore di questo post, la risposta.
Non
parliamo poi degli operatori turistici di centri meno noti, ma altrettanto caratteristici.
Di
grazia, non possiamo trovare una via di mezzo?
è sempre vero
che i dati, in assenza di numeri precisi e dettagliati, si possono interpretare
come si vuole. Infatti, se Civita, Rotonda, San Severino Lucano, così come
Camigliatello Silano, Lorica o Marsico Nuovo, hanno avuto un incremento di presenze
rispetto agli altri anni, non vuol dire che di questo dato ne abbiano beneficiato
anche tutte le comunità del Parco.
Quanti
escursionisti hanno raggiunto il Castello di Cersosimo? Oppure quante persone
hanno visitato il centro storico di Fardella, San Sosti, Buonvicino (che tra
l’altro ha uno stupendo e ben organizzato Museo della Civiltà contadina)?
Si
capisce bene che la teoria dei “due polli” di Trilussa non funziona. Non
funziona perché non c’è una redistribuzione equa dei visitatori in tutto il
territorio del Parco. Anche perché, oltre all’assunto imperante che il Pollino
è solo Piano Ruggio e Colle Impiso, ci sono situazioni oggettive di
impossibilità di accesso alla montagna. Mi riferisco alla possibilità, ormai
preclusa da anni, di raggiungere comodamente il Piano di Lanzo, punto di
partenza ideale per tutte le vette dell’Orsomarso. Nessuno se ne preoccupa.
Così come è ancora impossibile raggiungere da Campotenese il Piano di Novacco,
punto nevralgico per lo sci da fondo e per l’escursionismo sul gruppo montuoso
che ruota intorno a quel pianoro.
i grandi boschi del Pollino in veste autunnale (Ph. di E. Pisarra) |
Anni
fa lanciai l’idea di valorizzare alcuni “start point” (Punti di Partenza) presenti
in tutto il Parco e che in gran parte sono abbandonati a se stessi.
Ovviamente
non se ne fece niente, visto che il nostro Ente Parco, come molti altri, è teso
ad inseguire patacche che nulla hanno a che fare con il governo del territorio
e le iniziative di conservazione.
Abbiamo
conquistato la “patacca” della CETS, poi siamo entrati nei Geoparchi
dell’Unesco, abbiamo partecipato all’expo 2015, organizzato trenta eventi in
tutto il territorio riguardanti il cibo, premiato cuochi stellati che hanno
fior di imprese nelle maggiori capitali del mondo (senza curarci di quelli che ogni
giorno creano con sapienza antica nelle cucine dei rinomati ristoranti locali) ma
non abbiamo fatto nulla per la montagna nel senso compiuto del significato.
La
montagna è sempre più sola. A volte si cammina per giorni interi senza
incontrare nessuno. Non riusciamo a realizzare una rete sentieristica efficace
ed efficiente, non abbiamo una rete di rifugi aperti e fruibili in tutto il
territorio, né una segnaletica uniforme e capillare che indichi il perimetro
del Parco; non ci sono punti informativi in luoghi strategici del territorio e
i centri visita, voluti e realizzati dalle precedenti dirigenze, sono
abbandonati con fior di milioni di euro di attrezzature che languono in balia
di topi, pioggia e vento.
Che
tristezza!
Eppure
i Centri Visita sono unanimemente considerati le “vetrine” del territorio e
devono essere direttamente gestiti da personale dipendente dell’Ente di
gestione.
Il
Parco del Pollino è tagliato in senso longitudinale dall’autostrada Salerno –
Reggio Calabria e ha diverse aree di servizio dove in molti si fermano per un
momento di sosta. In nessuna di queste aree c’è un pannello esplicativo e informativo
del Parco, nessun monitor che illustri le peculiarità dell’area protetta: e molti
gestori di queste aree di servizio se ne lamentano.
Forse
in compartecipazione con la proprietà dell’autostrada non si potrebbe pensare a
realizzare pannelli, punti multimediali, uffici informativi?
L’area
di servizio di Frascineto ha un ufficio turistico istituito da tempo dalla
Regione Calabria, in via di dismissione, con scarso materiale informativo che
non sia la brochure di un albergo di Tropea: come è possibile che questa
finestra del turismo in Calabria sia chiusa al fine settimana e nei giorni
festivi, proprio quando la rete stradale è intensamente trafficata?
Il
segno della scarsa attenzione del Governo, delle autorità locali verso le aree
protette è palese.
Scrivo
queste riflessioni mentre con un orecchio ascolto la conferenza stampa di fine
anno del Presidente del Consiglio che, nelle slide di rendicontazione
dell’attività dell’anno quasi trascorso, riguardo all’ambiente si limita a
citare solo le leggi contro i disastri ambientali, il problema dello smog e
delle macchine elettriche. Nessun accenno alle aree protette, alla nomina dei
componenti dei vari Consigli direttivi che sono in attesa di essere completati
da ormai due anni, nessun riferimento alla mancanza dei direttori da
altrettanto tempo, allo stanziamento di fondi per i Parchi, di progettualità, alla
creazione di quella che in molti chiamano economia verde (green economy), dove per
ogni euro investito si ha un ritorno di cinque euro in servizi, qualità della
vita, ed economia locale.
Ma
questo tipo di economia “rende” poco in termini politici, è un investimento a
lungo tempo e nessuno politico ai vertici di questi enti è disposto a
impegnarvisi e a sostenerlo.
D'altronde
già il povero De Gasperi affermava che gli statisti pensano alle future
generazioni mentre i politici spendono le proprie energie in funzione delle
prossime elezioni.
Allora
sorge il dubbio che un politico non sia esattamente la figura più adatta alla
presidenza di un Parco. E qui siamo di nuovo al punto di partenza: quali devono
essere le caratteristiche del dirigente di un area protetta?
Io
che da sempre sono un filo americano, già anni fa, leggendo un documento del
Servizio Parchi degli Stati Uniti (Rethinging the National Parks, del National
Park Services, del 2006), scrissi che urgeva rivedere anche in Italia
la normativa che governa le aree protette (la 394 del 1991 con le successive
modifiche). In parte la legge è stata rivista già dal governo Monti il quale però
si limitò a dare una limata alla governance, togliendo due membri dal Consiglio
Direttivo – e bene ha fatto – eliminando qualsiasi gettone di presenza (e male
ha fatto), e, soprattutto, congelando fino alle fine del 2013 qualsiasi iniziativa.
Inutile
dire che i governi successivi non hanno fatto nulla di nuovo, eccetto che
limare ulteriormente i finanziamenti alle aree protette con il risultato che
molti Enti Parco sono privi di personale, direttore, consigli direttivi e
tecnici.
O
forse questa è una strategia? Nel senso che si va verso “un uomo solo al comando”,
bypassando i Consigli Direttivi, la Comunità del Parco, le popolazioni e, in
ultimo, il territorio pur di non sforare i limiti del Prodotto Interno Lordo?
Come
se ne esce?
Da
quando l’economia ha il monopolio della vita sociale, ambientale e culturale
dei popoli mi vien da dire che non se ne esce.
Tuttavia
voglio “pensare positivo” e dire la solita frase comune: il 2016 sarà l’anno della svolta.
Immagino
tale svolta con queste priorità:
a.
i direttori siano
scelti con pubblico concorso;
b. sia abolito l’Albo dei Direttori di Parco;
c.
il presidente di
un Parco sia scelto per titoli ed esami che comprovino le sue competenze
riguardo a cosa si vada a fare;
d.
il presidente di
un Parco resti in carica per soli due mandati;
e.
sia “certificata”
con una apposita norma la figura del vicedirettore per i parchi più grandi o
multi regionali;
f.
ci sia un
cospicuo finanziamento per le aree protette di tutta Italia;
g.
ogni parco abbia
un congruo numero di centri visita, ben distribuiti sul territorio;
h.
le Guide
Ufficiali “contino” un po’ più del due di picche;
i.
il Corpo
Forestale dello Stato rimanga l’organo vigilante nelle aree protette;
j.
si cambi il Ministro
dell’ambiente;
k.
il WWF e le altre
associazioni ambientaliste ritornino ad essere quelle di un tempo;
l.
sia abolito ogni
finanziamento alle associazioni ambientali;
m.
si spenda più
denaro nella prevenzione degli incendi, invece di comprare sempre più nuove
autobotti per il servizio di spegnimento del fuoco;
n.
i popoli nei/dei
parchi possano trovare lavoro nel proprio territorio;
o.
tutti gli animali
del creato possano vivere in un mondo di pace e di rispetto reciproco;
p.
un giorno non ci
sia più bisogno dei Parchi.
Buon 2016 a tutti voi.
Che
sia ricco di tante gite ed escursioni alla scoperta dello splendido patrimonio
naturale della nostra bell’Italia: il più bel Paese del mondo!