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Umberto Caldora (lettera a Gaetano Greco Naccarato, 1963)

mercoledì 25 novembre 2015

Mezzo metro sopra le nuvole

Qualche giorno fa, prima dell’arrivo del tanto annunciato “Missile Attila”, mi trovavo sulla cima del Cozzo Pellegrino.
Oltre ad essere la mia cinquantanovesima salita a questo picco, contavo le volte in cui la vista spaziava su tutto il versante tirrenico. Ebbene, solo cinque volte ho avuto il piacere di guardare oltre l’orizzonte delle cime vicine.
Oggi è uno di questi pochi giorni: le nuvole camminano, camminano ma non sovrastano le cime occidentali del nostro Parco.
Sembra come se ci fosse una barriera naturale 8e in parte lo è) che trattiene le nuvole pesanti, al punto che non riescono a scavalcare la barriera di roccia e si fermano, impotenti, svuotate, impossibilitate a proseguire il proprio cammino verso la Piana di Sibari.
E io sono sopra di loro. Lo spettacolo è, a dir poco, straordinario. Essere sopra le nuvole, vederle correre ai tuoi piedi, illuminate da un sole radente che stenta a penetrare nelle profondità dense, significa toccare il cielo con le mani.
Dalla cima del Cozzo Pellegrino. Le nuvole avanzano ... (Ph. di E.  Pisarra)
È un momento veramente magico. Chiedo al mio amico Pino di spostarsi sul crinale occidentale del Pellegrino, che, immerso nelle nuvole, sembra uno scoglio che emerge in un oceano bianco, irreale, silenzioso che ogni tanto appare e scompare nel mare di nubi bianche provenienti dal mare, dà l’impressione di essere la parte emersa di un grande promontorio conficcato nelle immensità della terra nascoste dalle nuvole.
Pino gesticola alla grande mentre la nuvola lo avvolge e lo isola come una piccola macchia nera che si agita nel movimento lento e inesorabile della perturbazione che si sposta lentamente verso oriente e poi si dissolve al calore della pianura.

Uno spettacolo indescrivibile, unico e magico che solo le alte cime possono mostrare.  

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