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Umberto Caldora (lettera a Gaetano Greco Naccarato, 1963)

venerdì 18 dicembre 2015

Maledetta, sciagurata riforma Biagi

Premetto che non conosco la riforma Biagi, non sono un giuslavorista e non mi occupo di lavoro.
Tuttavia, scrivo questa riflessione, una mattina mentre cammino per le vie di un paesino della Calabria, meglio dell’alto Jonio cosentino.

Marco Biagi
 
All’improvviso mi imbatto in un gruppo di lavoratori che bighellonano tra i vicoli del paese, certi che nessuno li veda e li ascolti nei loro ragionamenti semplici ed opportunistici.
Mostrano quanto la loro voglia di lavorare sia pari a zero.
Sicuri del fatto che nessuno li coordina, che non ci sia un piano di lavoro, che nessuno li sorvegli, girano tra i vicoli e non disdegnano di assaggiare il nuovo vino.
Anzi, pare che, per quel giorno, sia lo scopo della giornata: si elevano a novelli sommelier, pronti a dare giudizi, anche sprezzanti, verso coloro che non si offrono a far degustare il proprio nettare degli dei.   

La gente comune li guarda con un occhio a dir poco … arrabbiato!
Ma come è possibile, si chiedono in molti, che nessuno controlli questi lavoratori?
E dire che in questo momento sono in gioco le loro sorti. Infatti, alla regione Calabria, stanno discutendo se continuare a tenerli o mandarli a casa.
Per la verità nessuno scommette un centesimo che qualcuno oserà mandarli a casa. A fare cosa?
La maggior parte di loro sono ultra cinquantenni e quindi sono fuori mercato.
In molti in tutti questi anni non hanno acquisito nessuna professionalità e quindi metterli fuori significherebbe che andrebbero ad ingrossare le fila già ingolfate degli uffici dell’impiego.
Maledetta riforma Biagi.
Cosa hai combinato.
Hai creato un vero e proprio ginepraio dove ormai non è più possibile uscirne senza danni.
Infatti, molti di questi sono stati presi ed impiegati nei vari uffici pubblici e quindi sono diventati indispensabili per molti servizi.
Se vanno via loro sono a rischio diecine di servizi pubblici.
Questo sempre grazie alla riforma Biagi.
Grazie a questa riforma per i prossimi vent’anni non si faranno più concorsi pubblici e quindi la qualità dell’impiegato sarà sempre più scadente.
Se a questo aggiungiamo che molti dipendenti comunali sono andati in pensione, abbiamo così il quadro della situazione. Molti comuni privi di diverse figure tecniche e amministrative, alle quali hanno sopperito con incarichi a tempo determinato e spesso in comunione con altre municipalità. Il risultato è – per esempio – la manutenzione ordinaria del verde pubblico non si capisce a chi è demandata.
Siccome il geometra o ingegnere capo dell’ufficio tecnico deve dividersi fra vari comuni, non ha il tempo materiale per pianificare gli interventi nei singoli municipi.
E allora il sindaco pro tempore, è allo stesso tempo, primo cittadino e capo ufficio tecnico.
Come accade a molti sindaci dei nostri piccoli paesi, essendo al contempo lavoratori presso altre strutture, prima di andare al proprio ente di appartenenza, svolgono un primo incontro mattutino con i propri dipendenti comunali e poi si recano al lavoro.
Ritornano al paese nel tardo pomeriggio. Per tutto questo tempo l’ente comunale è sprovvisto di dirigenti.
E allora gli operai della sciagurata riforma Biagi fanno i loro comodi.
Comunque il vino non è ancora buono: non ha fatto per niente freddo!

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