Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.

Art. 21 della Costituzione della Repubblica italiana

Io sono sempre dello stesso parere: sino a quando non sarà rinnovata la nostra classe dirigente, sino a quando le elezioni si faranno sulla base di clientele, sino a quando i Calabresi non indicheranno con libertà e coscienza i loro rappresentanti, tutto andrà come prima, peggio di prima.
Umberto Caldora (lettera a Gaetano Greco Naccarato, 1963)

mercoledì 30 dicembre 2015

Parchi nazionali, quale futuro?


È finito anche il 2015 e la storia dei parchi nazionali, o meglio quella che si è trasformata in telenovela delle aree protette d’Italia, non si è ancora chiusa.

Pini loricati lungo il versante occidentale della Murgia di Celsa Bianca
(Photo di E. Pisarra)
Un anno speso tutto attorno all’Expo 2015.
L’ordine, arrivato dall’alto del governo per tramite del ministero dell’ambiente, è stato: spendere tutto, in termini di energie, denari e personale, per organizzare eventi sul territorio e a Milano in particolare per mostrare agli italiani (e non solo) le bellezze dei nostri parchi.
Teatro di questi eventi, oltre al padiglione della Biodiversità, è stato il Mondadori Center, una struttura presa in affitto dai vari Enti parco per presentare mostre, libri, materiali audiovisivi sui propri parchi.
Significativa è stata una delle esperienze vissute dallo stand che ospitava il Parco del Pollino. Al momento della presentazione, concordata con la Direzione per l’allestimento di una mostra fotografica e della presentazione di un libro, mancava tutto: quindi il Direttore del Parco, l’Autore della mostra e alcuni collaboratori sono andati in un Brico center e hanno acquistato chiodi, martello e quanto altro potesse servire per l’allestimento.
Roba da matti!
Altro problema: la mostra e la presentazione del libro (uno dei tanti) verso chi era diretta?

Non si sa.
In cammino verso la Manfiana
(Ph. di E. Pisarra)

L’ufficio comunicazioni del nostro Parco è composto da un solo giornalista professionista.
Ovviamente a questo giornalista non è stato possibile partecipare a nessun evento a Milano e tanto meno organizzarne qualcuno. Ed ecco che così, almeno per uno degli eventi del quale abbiamo notizie, hanno partecipato solo cittadini calabro-lucani residenti a Milano e dintorni.
Bello ma non sufficiente. Nel senso che se la manifestazione aveva l’intento di mostrare le bellezze del Parco a un pubblico di potenziali fruitori, possiamo sicuramente parlare di un grande fiasco, in quanto i nostri corregionali conoscono già il Pollino e magari vengono qui spesso in vacanza.
Quindi con questa manifestazione non abbiamo raggiunto nessun nuovo “cliente potenziale”, tanto per usare il gergo della comunicazione.
Invece, l’altro Parco calabrese ha un ottimo Ufficio comunicazioni tramite il quale ha affermato di essere stato nel corso del 2014 il Parco del Meridione più visitato in assoluto.
Alla domanda di mostrare o fornire la fonte di questi dati, però si rifugiava nella classica risposta “questo non è il luogo per dare informazioni tecniche”.
Ovviamente ragguagli più precisi sulla fonte di questi dati non sono stati mai mostrati, pubblicati o in qualche modo resi noti.
Il risultato è stato però che è passato il messaggio: il Parco della Sila è stata l’area protetta più frequentata della Calabria per il 2014.
Se però la domanda la si gira agli operatori turistici di Camigliatello, lascio immaginare al lettore di questo post, la risposta.
Non parliamo poi degli operatori turistici di centri meno noti, ma altrettanto caratteristici.
 Quindi questo messaggio ha avuto diffusione grazie a una potente macchina pubblicitaria.

Di grazia, non possiamo trovare una via di mezzo?
è sempre vero che i dati, in assenza di numeri precisi e dettagliati, si possono interpretare come si vuole. Infatti, se Civita, Rotonda, San Severino Lucano, così come Camigliatello Silano, Lorica o Marsico Nuovo, hanno avuto un incremento di presenze rispetto agli altri anni, non vuol dire che di questo dato ne abbiano beneficiato anche tutte le comunità del Parco.
Quanti escursionisti hanno raggiunto il Castello di Cersosimo? Oppure quante persone hanno visitato il centro storico di Fardella, San Sosti, Buonvicino (che tra l’altro ha uno stupendo e ben organizzato Museo della Civiltà contadina)?

Si capisce bene che la teoria dei “due polli” di Trilussa non funziona. Non funziona perché non c’è una redistribuzione equa dei visitatori in tutto il territorio del Parco. Anche perché, oltre all’assunto imperante che il Pollino è solo Piano Ruggio e Colle Impiso, ci sono situazioni oggettive di impossibilità di accesso alla montagna. Mi riferisco alla possibilità, ormai preclusa da anni, di raggiungere comodamente il Piano di Lanzo, punto di partenza ideale per tutte le vette dell’Orsomarso. Nessuno se ne preoccupa. Così come è ancora impossibile raggiungere da Campotenese il Piano di Novacco, punto nevralgico per lo sci da fondo e per l’escursionismo sul gruppo montuoso che ruota intorno a quel pianoro.

i grandi boschi del Pollino in veste autunnale
(Ph. di E. Pisarra)
Anni fa lanciai l’idea di valorizzare alcuni “start point” (Punti di Partenza) presenti in tutto il Parco e che in gran parte sono abbandonati a se stessi.
 
Ovviamente non se ne fece niente, visto che il nostro Ente Parco, come molti altri, è teso ad inseguire patacche che nulla hanno a che fare con il governo del territorio e le iniziative di conservazione.
Abbiamo conquistato la “patacca” della CETS, poi siamo entrati nei Geoparchi dell’Unesco, abbiamo partecipato all’expo 2015, organizzato trenta eventi in tutto il territorio riguardanti il cibo, premiato cuochi stellati che hanno fior di imprese nelle maggiori capitali del mondo (senza curarci di quelli che ogni giorno creano con sapienza antica nelle cucine dei rinomati ristoranti locali) ma non abbiamo fatto nulla per la montagna nel senso compiuto del significato.
La montagna è sempre più sola. A volte si cammina per giorni interi senza incontrare nessuno. Non riusciamo a realizzare una rete sentieristica efficace ed efficiente, non abbiamo una rete di rifugi aperti e fruibili in tutto il territorio, né una segnaletica uniforme e capillare che indichi il perimetro del Parco; non ci sono punti informativi in luoghi strategici del territorio e i centri visita, voluti e realizzati dalle precedenti dirigenze, sono abbandonati con fior di milioni di euro di attrezzature che languono in balia di topi, pioggia e vento.
Che tristezza!
Eppure i Centri Visita sono unanimemente considerati le “vetrine” del territorio e devono essere direttamente gestiti da personale dipendente dell’Ente di gestione.
Il Parco del Pollino è tagliato in senso longitudinale dall’autostrada Salerno – Reggio Calabria e ha diverse aree di servizio dove in molti si fermano per un momento di sosta. In nessuna di queste aree c’è un pannello esplicativo e informativo del Parco, nessun monitor che illustri le peculiarità dell’area protetta: e molti gestori di queste aree di servizio se ne lamentano.
Forse in compartecipazione con la proprietà dell’autostrada non si potrebbe pensare a realizzare pannelli, punti multimediali, uffici informativi?
L’area di servizio di Frascineto ha un ufficio turistico istituito da tempo dalla Regione Calabria, in via di dismissione, con scarso materiale informativo che non sia la brochure di un albergo di Tropea: come è possibile che questa finestra del turismo in Calabria sia chiusa al fine settimana e nei giorni festivi, proprio quando la rete stradale è intensamente trafficata?
Il segno della scarsa attenzione del Governo, delle autorità locali verso le aree protette è palese.
Scrivo queste riflessioni mentre con un orecchio ascolto la conferenza stampa di fine anno del Presidente del Consiglio che, nelle slide di rendicontazione dell’attività dell’anno quasi trascorso, riguardo all’ambiente si limita a citare solo le leggi contro i disastri ambientali, il problema dello smog e delle macchine elettriche. Nessun accenno alle aree protette, alla nomina dei componenti dei vari Consigli direttivi che sono in attesa di essere completati da ormai due anni, nessun riferimento alla mancanza dei direttori da altrettanto tempo, allo stanziamento di fondi per i Parchi, di progettualità, alla creazione di quella che in molti chiamano economia verde (green economy), dove per ogni euro investito si ha un ritorno di cinque euro in servizi, qualità della vita, ed economia locale.
Ma questo tipo di economia “rende” poco in termini politici, è un investimento a lungo tempo e nessuno politico ai vertici di questi enti è disposto a impegnarvisi e a sostenerlo.
D'altronde già il povero De Gasperi affermava che gli statisti pensano alle future generazioni mentre i politici spendono le proprie energie in funzione delle prossime elezioni.
Allora sorge il dubbio che un politico non sia esattamente la figura più adatta alla presidenza di un Parco. E qui siamo di nuovo al punto di partenza: quali devono essere le caratteristiche del dirigente di un area protetta?
Io che da sempre sono un filo americano, già anni fa, leggendo un documento del Servizio Parchi degli Stati Uniti (Rethinging the National Parks, del National Park Services, del 2006), scrissi che urgeva rivedere anche in Italia la normativa che governa le aree protette (la 394 del 1991 con le successive modifiche). In parte la legge è stata rivista già dal governo Monti il quale però si limitò a dare una limata alla governance, togliendo due membri dal Consiglio Direttivo – e bene ha fatto – eliminando qualsiasi gettone di presenza (e male ha fatto), e, soprattutto, congelando fino alle fine del 2013 qualsiasi iniziativa.
Inutile dire che i governi successivi non hanno fatto nulla di nuovo, eccetto che limare ulteriormente i finanziamenti alle aree protette con il risultato che molti Enti Parco sono privi di personale, direttore, consigli direttivi e tecnici. 
O forse questa è una strategia? Nel senso che si va verso “un uomo solo al comando”, bypassando i Consigli Direttivi, la Comunità del Parco, le popolazioni e, in ultimo, il territorio pur di non sforare i limiti del Prodotto Interno Lordo?
Come se ne esce?
Da quando l’economia ha il monopolio della vita sociale, ambientale e culturale dei popoli mi vien da dire che non se ne esce.
Tuttavia voglio “pensare positivo” e dire la solita frase comune: il 2016 sarà l’anno della svolta.

Immagino tale svolta con queste priorità:
 
a.     i direttori siano scelti con pubblico concorso;

b.     sia abolito l’Albo dei Direttori di Parco;

c.      il presidente di un Parco sia scelto per titoli ed esami che comprovino le sue competenze riguardo a  cosa si vada a fare;

d.     il presidente di un Parco resti in carica per soli due mandati;

e.     sia “certificata” con una apposita norma la figura del vicedirettore per i parchi più grandi o multi regionali;

f.       ci sia un cospicuo finanziamento per le aree protette di tutta Italia;

g.      ogni parco abbia un congruo numero di centri visita, ben distribuiti sul territorio;

h.     le Guide Ufficiali “contino” un po’ più del due di picche;

i.       il Corpo Forestale dello Stato rimanga l’organo vigilante nelle aree protette;

j.       si cambi il Ministro dell’ambiente;

k.      il WWF e le altre associazioni ambientaliste ritornino ad essere quelle di un tempo;

l.       sia abolito ogni finanziamento alle associazioni ambientali;

m.   si spenda più denaro nella prevenzione degli incendi, invece di comprare sempre più nuove autobotti per il servizio di spegnimento del fuoco;

n.     i popoli nei/dei parchi possano trovare lavoro nel proprio territorio;

o.     tutti gli animali del creato possano vivere in un mondo di pace e di rispetto reciproco;

p.     un giorno non ci sia più bisogno dei Parchi.

 

Buon 2016 a tutti voi.

Che sia ricco di tante gite ed escursioni alla scoperta dello splendido patrimonio naturale della nostra bell’Italia: il più bel Paese del mondo!

 

 

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