Due grandi vescovi del Pollino, dicono la loro su Petrolio, politica e ... un grande evento. Riporto di seguito i loro interventi.
Al lettore ogni considerazione!
1. Mons. Vincenzo Orofino, vescovo di Tricarico (PZ)POTENZA- Il referendum del 17 aprile sulle piattaforme di estrazione ha aperto una ferita profonda dentro il Partito Democratico, regionale e nazionale, accentuando distanze già note e in alcuni casi mescolando ancora più confusamente le carte. Come se non bastasse, l’inchiesta della Dda di Potenza sul petrolio lucano ha fatto deflagrare la polemica, scatenando da un lato l’ira della popolazione contro politica, compagnie e agenzie di controllo, dall’altro il fuoco di fila delle opposizioni contro Renzi e la giunta Pittella. Ma c’è un altro fronte nella battaglia, sul quale poco ancora è stato raccontato. Quello fra Chiesa, in particolare i vescovi, e governo centrale. Così titolava ieri “Il Giornale” online: “Il referendum e le “minacce” di Lotti: guerra aperta tra esecutivo e vescovi”. La Cei infatti è schierata per il sì al quesito referendario e pare che il braccio destro del premier non abbia mancato di manifestare le proprie perplessità Oltretevere, arrivando a usare toni pesanti, almeno stando alla versione della testata. D’altra parte, sempre nella giornata di ieri sull’Avvenire sono apparsi alcuni articoli forti sulla vicenda del petrolio lucano, con al centro l’impatto sanitario delle estrazioni. Abbiamo così pensato di intervistare su questi temi mons. Vincenzo Orofino. Il vescovo di Tricarico fu infatti uno dei protagonisti del convegno del 17 ottobre scorso dal titolo “Quale futuro per la Basilicata: tra progresso sostenibile e responsabilità verso le nuove generazioni”, organizzato presso il Kiris Hotel di Viggiano nell’ambito del percorso di preparazione al Convegno Ecclesiale di Firenze. Un incontro che suonò come una scomunica al petrolio. In apertura dei lavori, rivolgendosi a Filippo Bubbico, presente in sala, disse: “Invito il Viceministro a dire a Renzi che in Basilicata non si trivella più”. Questo solo per fare un esempio dei segnali lanciati in quella occasione.
Monsignore, qual è il suo giudizio sui contenuti dell’inchiesta di Potenza?
I particolari che sono emersi in questi giorni ci rattristano e ci addolorano, per il bene che vogliamo ai lucani e a questa regione. Sapevamo già che le estrazioni petrolifere comportano diversi problemi a livello ambientale e sanitario. Oggi ne siamo a maggior ragione consapevoli. Gli elementi emersi in questi giorni ci dicono anche che quando l’uomo è chiamato alla responsabilità piena, alla giustizia piena, non sempre è all’altezza del suo compito, non sempre è all’altezza della sua dignità. Dal punto di vista umano siamo sconcertati e come lucani mortificati, perché siamo diventati un brutto spettacolo per l’intera nazione.
Mons. Vincenzo Orofino |
“Avvenire” ha pubblicato numeri preoccupanti sull’incidenza dei tumori e sull’aumento della mortalità in Basilicata. Gli investigatori hanno sequestrato le cartelle cliniche per verificare l’impatto dei presunti illeciti sulla salute dei cittadini della Val d’Agri. Lei è Segretario della Commissione Episcopale per la salute. Le chiedo una considerazione sui risvolti sanitari della vicenda, che sembrano scomparire dietro la polemica politica legata all’emendamento Total.
Il 14 marzo scorso la nostra commissione episcopale ha affrontato il tema ambiente-salute con l’aiuto dell’arcivescovo di Taranto. Siamo seriamente preoccupati ma non abbiamo la risposta magica da offrire alla collettività. Credo però che siano almeno due gli aspetti del problema. Uno scientifico, legato alle competenze, e uno morale. Su questo aspetto morale noi vogliamo fare tutta la nostra parte, che deve consistere innanzitutto nel sensibilizzare le coscienze. La partecipata conferenza dello scorso 17 ottobre organizzata a Viggiano in vista del Convegno Ecclesiale di Firenze si poneva proprio questo obiettivo. E cioè di sensibilizzare innanzitutto la gente lucana sul problema, ma anche la Chiesa lucana. Lo scopo era di trovare una strada percorribile fra sviluppo e tutela ambientale, sviluppo e qualità della vita. E non per voler essere a tutti i costi equilibristi, ma perché lo sviluppo è necessario.
Un equilibrio che si può raggiungere nonostante il petrolio? Proprio nell’occasione che lei cita, illustri relatori, con dati alla mano, segnalarono come il petrolio non abbia portato nessuno sviluppo concreto, stabile e duraturo (pil per abitante, occupazione totale, tassi di disoccupazione e povertà, saldo migratorio gli indicatori presi in considerazione). Nel frattempo però si profila l’ipotesi di disastro ambientale.
Il prof. Zoboli (Università Cattolica, ndr) dimostrò che la perdita delle risorse naturali presenti nel sottosuolo, non è stato ripagato adeguatamente. Un investimento a perdere. Richiamando l’invito del professore avanzai una proposta a nome dei vescovi: con i proventi delle estrazioni petrolifere diamo vita a una “economia della conoscenza e dello sviluppo”, utilizzando in modo più oculato le royalties per finanziare lungimiranti e duraturi progetti di ricerca e di sviluppo culturale e infrastrutturale, e non come “bancomat” per ripianare “disinvolti” bilanci di Enti pubblici. Conoscenza e approfondimento scientifico ci possono aiutare a raggiungere il giusto equilibrio. È possibile guardare avanti con uno sviluppo buono, sapendo che il papa Francesco nell’enciclica Laudato Si’ ci ha detto: “In attesa di un ampio sviluppo delle energie rinnovabili sul quale abbiamo già accumulato ritardi è legittimo optare per il male minore o ricorrere a soluzioni transitorie”. Le estrazioni petrolifere non sono innocue ma sappiamo che al momento gran parte dell’economia dipende dall’uso del petrolio e dei derivati del petrolio. Saggezza vuole che iniziamo a costruire il futuro partendo dal presente, facendoci meno male possibile.
Se le accuse venissero confermate anche in sede processuale ci sarebbe ancora spazio per le attività estrattive in questa regione?
Per rispondere a questa domanda servono altre competenze. Chi ha l’autorità per mettere in campo queste competenze lo faccia. Penso alla Regione innanzitutto. È chiaro che in ogni caso non si potrà prescindere dall’applicazione del massimo rigore scientifico possibile.
Le chiedo però una sua opinione. Non crede che ci sarebbe una credibilità da recuperare?
Non voglio sostituirmi ai giudici, che già esistono e fanno il loro lavoro, e senza voler giudicare nessuno, pensiamo alle responsabilità personali di ognuno di noi. L’uomo non è naturalmente buono o cattivo, ma si impara a essere giusti, solidali, attenti al bene comune. Quello che è accaduto in questi giorni ci dice purtroppo che il male può esistere anche tra di noi. Questo non ci autorizza a dare giudizi netti su nessuno ma ci impone di vigilare, perché anche noi potremmo essere artefici inconsapevoli di un male diffuso.
Il pericolo del lavoro usato come arma di ricatto è sempre dietro l’angolo. Possibile che l’inquinamento sia il prezzo da pagare per lo sviluppo?
Il vero deficit della Basilicata non è economico, ma culturale. Siamo culturalmente indietro. Perché siamo pieni di occasioni di sviluppo. Enormi sono per esempio le potenzialità sul piano turistico. Il discorso petrolio non è stato impostato nel modo giusto e ha alterato il rapporto con la realtà. Ci ha fatto sognare un mondo che non c’è. Da questo punto di vista è stato nocivo. Si pensava che il petrolio avrebbe risolto tutti i problemi della Val d’Agri e invece adesso dobbiamo fare i conti con la realtà. I problemi restano. Anzi, si sono aggravati.
Cosa pensa del sistema “clientelare” che sembra emergere dal filone d’inchiesta relativo a Tempa Rossa? Si parla ormai di un sistema Vicino.
Non ho elementi per entrare nel merito della questione da un punto di vista giudiziario e tecnico. E credo anche che sia giusto e doveroso non entrarvi. Mi dispiace per tutto ciò che è emerso. Nel caso specifico dell’ex sindaco di Corleto Perticara, sono dispiaciuto e addolorato per quello che sento dire, pur nutrendo una stima di fondo della persona. Io l’ho sempre conosciuta come una persona perbene, generosa, legata al suo popolo e che ha speso energia e anche tempo per il bene del suo popolo. È stata però ingenua. In generale, se tutto ciò che sta emergendo fosse vero, dovremmo ancora di più interrogarci tutti sulla qualità della vita morale in Basilicata, sulla qualità dei rapporti e delle relazioni umane. Questa fase rappresenta una sfida anche per la Chiesa. La sfida dell’educazione al rispetto del bene comune.
Voterà Sì o No al referendum del 17 aprile o si asterrà come ha invitato a fare il Presidente del Consiglio Renzi? La stampa racconta di uno scontro in atto fra Governo e Cei sull’argomento.
Certo che andrò a votare! Andrò a votare San Severino Lucano, che è il mio paese, e voterò Sì! Non perché credo che il referendum risolva tutti i problemi ma per mandare un messaggio.Primo: la partecipazione attiva ai processi del Paese è importante. Secondo: i processi del paese vanno governati, tutti, a prescindere dalle necessità del momento. Il fatto che all’Italia serva il petrolio non deve permettere di farci del male. Il referendum non risolve tutto, su questo hanno ragione Renzi e il governatore Pittella. Però servire a lanciare un messaggio. Quello della partecipazione responsabile dei cittadini al governo della realtà, del territorio. I cittadini vogliono partecipare alla gestione del territorio, non possono continuare a subire scelte imposte dall’alto.
Possibile che resti solo la magistratura per realizzare quell’attività di vigilanza che spetterebbe alla Regione, agli enti locali e agli organismi preposti al controllo?
La magistratura ha strumenti diversi, più profondi, per accertare certe situazioni. D’altra parte quando arriva la magistratura vuol dire che altri non hanno fatto fino in fondo il proprio dovere.
Ci sono responsabilità politiche in questa vicenda? E se sì vanno equamente distribuite fra passato e presente e fra i vari livelli di governo?
Io sono ottimista per natura e non credo a un disegno peccaminoso. Credo a errori di incompetenza. Anche per questo abbiamo proposto una economia della conoscenza. Ripeto, il vero problema è culturale. In Basilicata non ci sono mafiosi, non credo a questa cosa. Credo che in Basilicata non ci siamo presi sul serio. Non abbiamo creduto molto alle nostre capacità e alle nostre energie. Abbiamo elemosinato competenze altrove e non abbiamo creato le competenze per uno sviluppo autopropulsivo. Non abbiamo creato gli strumenti per farlo, non ci siamo preparati a questo.
Sudditanza rispetto alle compagnie petrolifere?
Non credo all’esistenza di un sistema mafioso in Basilicata, lo ripeto. La Basilicata non era pronta e non è ancora pronta ad uno sviluppo autopropulsivo. Servivano persone in grado di promuoverlo.
Quindi non è solo una questione di competenze. Sembra alludere anche ad un problema di statura politica della classe dirigente.
Entrambe le cose. In questo senso non ha fatto bene alla Basilicata il monocolore che dura da 80 anni. Perché alla fine il sistema Colombo è uguale al sistema Pd di oggi. Il sistema Colombo non è mai tramontato.
Qualcuno dovrebbe dimettersi?
Questo è il fallimento del Pd, la vicenda petrolio è un fallimento dell’asse Colombo-Pd. Luongo e Colombo adesso non ci sono più, ma credo che su questo punto mi darebbero ragione.
Le posizioni della Chiesa sull’argomento petrolio sono molto variegate. È una impressione condivisibile?
Citando San Paolo: la Chiesa è un “corpo ben compaginato”, guidato dalla comunione, ovvero dall’amore fraterno. Non è un corpo monolitico, uniforme. Le sensibilità e i caratteri sono diversi. Per esempio mons. Ligorio è più misurato, più pacato. Io sono più impulsivo, immediato. Esistono tante sfumature pur nel giudizio globale condiviso. E in questo momento per noi cattolici la bussola che ci guida è Laudato Si’ di papa Francesco (la cd. enciclica verde, ndr).
Il messaggio finale di mons. Orofino è comunque un messaggio di speranza. Usa le parole del Pontefice:
“Eppure, non tutto è perduto, perché gli esseri umani, capaci di degradarsi fino all’estremo, possono anche superarsi, ritornare a scegliere il bene e rigenerarsi, al di là di qualsiasi condizionamento psicologico e sociale che venga loro imposto. Sono capaci di guardare a sé stessi con onestà, di far emergere il proprio disgusto e di intraprendere nuove strade verso la vera libertà. Non esistono sistemi che annullino completamente l’apertura al bene, alla verità e alla bellezza, né la capacità di reagire, che Dio continua ad incoraggiare dal profondo dei nostri cuori. Ad ogni persona di questo mondo chiedo di non dimenticare questa sua dignità che nessuno ha diritto di toglierle”.
- Fonte la Nuova del Sud on line
9 Apr 2016 Scritto da Daniele Corbo
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