Non abbiamo scritto prima sulla proposta di abolire di fatto il Corpo
Forestale dello Stato perché non credevamo che la politica arrivasse a tanto.
Invece il Decreto Madia sulla riforma della pubblica amministrazione ha
partorito il topolino. Dopo una lunga gestazione è diventato legge e quindi
siamo in attesa dei vari decreti attuativi.
Uno dei tanti in preparazione avanzata è la riforma del Corpo Forestale
dello Stato. Di fatto questa struttura confluirà nelle altre forze di polizia
fino ad esaurimento del personale.
Facciamo una premessa: uno Stato
moderno per difendere l’ambiente deve avere delle buone norme e un efficiente apparato di applicazione e di controllo.
Delle leggi abbiamo più volte riferito su questo
giornale.
Della osservanza, applicazione delle norme e la
eventuale repressione dei reati ambientali il CFS è l’unico corpo nazionale di
polizia giudiziaria specializzato in settori delicatissimi e fondamentali quali
la tutela dell’ambiente, del patrimonio boschivo e degli animali, la lotta
all’abusivismo, il rispetto della convenzione Cites sulle specie protette e le
indagini sugli incendi boschivi.
Inoltre, il Corpo Forestale dello Stato ha
fino ad oggi rivestito un importante ruolo nella sorveglianza dei Parchi,
Nazionali ma non solo, e che considerevoli porzioni demaniali dei Parchi
italiani sono oggi gestite direttamente dagli Uffici Territoriali per la Biodiversità
del CFS.
Ma allora perché abolire il
CFS? E a chi conviene la sua soppressione?
Corpo forestale dello Stato (foto dal web) |
Si vuole risparmiare sulla macchina dello Stato, ma
viene da chiedersi: perché cominciare da un Corpo come quello Forestale che da
sempre dà – nonostante il suo organico ristretto (sono 7260, meno dei vigili
urbani di Roma) – una buona prova di se’ soprattutto per quanto riguarda i
reati ambientali (10.200
accertati nel 2013)?
In seguito ad una crisi economica, per promuovere la
crescita bisogna sacrificare la tutela dell’ambiente.
Infatti, leggendo tra le righe del decreto legge n. 5
del 9 febbraio 2012, appare un articolo 14 dal titolo molto significativo: “Semplificazione dei controlli sulle imprese”,
la cui motivazione dichiarata era di limitare al massimo i controlli sulle imprese al fine
di recare alle stesse “il minore
intralcio” possibile; raggiungendo il colmo quando stabiliva che i
controllori devono conformarsi al
principio di “collaborazione amichevole
con i soggetti controllati al fine di prevenire rischi e situazioni di
irregolarità” (principio per fortuna cancellato dalla legge di conversione). Ma il messaggio
agli organi di controllo pubblico è rimasto: in questo momento di difficoltà
economica, le imprese devono essere lasciare in pace – afferma in un intervento
pubblico Gianfranco Amendola, magistrato ed esperto in norme ambientali - meno controlli si fanno meglio è.
Tanto è vero che lo stesso articolo, nella stesura definitiva, non invitava le
imprese a collaborare con i controllori pubblici, ma si rivolgeva a questi
ultimi affinché fossero loro a “collaborare” con gli imprenditori, senza dire
come.
Infatti, la legge non decreta tassativamente la
soppressione del Cfs ma, sotto il titolo “Riorganizzazione
dell’amministrazione dello Stato“, demanda ad un decreto governativo
delegato il compito di “riordino
delle funzioni di polizia di tutela dell’ambiente, del territorio e del mare,
nonché nel campo della sicurezza e dei controlli nel settore agroalimentare,
conseguente alla riorganizzazione del
Corpo forestale dello Stato ed eventuale assorbimento del medesimo in altra
Forza di polizia, ferme restando la garanzia degli attuali livelli di
presidio dell’ambiente, del territorio e del mare e della sicurezza
agroalimentare e la salvaguardia delle professionalità esistenti, delle
specialità e dell’unitarietà delle funzioni da attribuire, assicurando la necessaria
corrispondenza tra le funzioni trasferite e il transito del relativo personale“.
E’ vero invece che se davvero si avesse a cuore
la tutela del territorio e
dell’ambiente, si dovrebbe rinforzare questo Corpo, che è palesemente
sotto-organico rispetto alle mansioni che gli sono affidate (in tutto il
Piemonte sono appena 406).
Tutto ci fa pensare che l’eliminazione del Corpo
Forestale è una spia di una tendenza generalizzata che si chiama “disattenzione per l’ambiente”. “L’ambiente
come optional”, come lo definisco io.
Noi della sezione di
Castrovillari del Club Alpino
Italiano esprimiamo forte preoccupazione
per l’eliminazione del CFS: sicuramente questo è il primo segnale al quale seguirà la chiusura dei Parchi nazionali (sempre nella ottica del risparmio);
infatti, mentre si
attendono comunicazioni sugli organi di gestione dei parchi (il nostro non ha
il consiglio direttivo scaduto a dicembre del 2013) si ha notizia dall’inizio
del 2014 di almeno tre tagli ai finanziamenti previsti dallo Stato sia per le
aree naturali protette a terra che per quelle a mare. A quanto risulta al WWF
il capitolo di bilancio “gestione interventi Parchi nazionali” ha registrato un
taglio di circa 865.000,00 euro, passando dagli originari 5.800.000 circa di
inizio anno agli attuali 4.960.000,00 circa (un taglio del 15%).
In compenso, per fare un paragone oltralpe, la Svizzera ha deciso di raddoppiare i fondi per i parchi
nazionali a partire dal 2016.
* Articolo pubblicato su PASSAMONTAGNA, periodico del Club Alpino Italiano, sezione di Castrovillari
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