Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.

Art. 21 della Costituzione della Repubblica italiana

Io sono sempre dello stesso parere: sino a quando non sarà rinnovata la nostra classe dirigente, sino a quando le elezioni si faranno sulla base di clientele, sino a quando i Calabresi non indicheranno con libertà e coscienza i loro rappresentanti, tutto andrà come prima, peggio di prima.
Umberto Caldora (lettera a Gaetano Greco Naccarato, 1963)

domenica 19 luglio 2015

Svelato il mistero del Lao - La lontra esiste veramente

La lontra sul fiume Lao c’è.
Tutti ne parlavano ma nessuna l’aveva vista o fotografata.
L’occasione giusta per fotografarla è accaduta qualche giorno fa, durante una discesa in gommone: la compagnia Laoraft di Scalea, guidata dal bravissimo Antonio Galiano, all’improvviso si vede saltellare sulla propria sinistra uno strano animale.
Al momento nessuno ha pensato alla lontra. Questo strano mustelide molto schivo, pronto a nascondersi ad ogni minimo rumore sospetto o estraneo all’ambiente.
“È stata una gioia immensa navigare per qualche secondo insieme con una lontra in uno dei fiumi più importanti del Parco nazionale del Pollino – racconta Antonio Galiano – tanto che è stato quasi naturale riprendere la scena con una micro telecamera posta sul casco di sicurezza, anche per non fare sembrare l’evento come un sogno”.
Il fiume Lao è uno dei corsi d’acqua del Parco nazionale del Pollino più importanti per una innumerevole serie di ragioni.
La prima certamente per i paesaggi e gli ambienti che attraversa: mai un fiume come il Lao è testimone di innumerevoli scenari che vanno dalle alte quote del Parco – un ramo sorgentizio sotterraneo nasce, addirittura, ai Piani di Ruggio ad oltre millecinquecento metri di quota, come ricettacolo di nevai e inghiottitoi, testimoni di un carsismo portato allo stremo -  fino a sfociare poco più a meridione di Scalea, proprio in quel luogo che i geografi antichi indicavano come Golfo del Lao.
Un altro importante motivo è dato sicuramente dalla qualità dell’acqua. È vero che il fiume e il suo bacino imbrifero è interessato da una popolazione che si aggira intorno ai ventimila abitanti (escludendo Scalea) su oltre seicento chilometri quadrati di superficie, ma è altrettanto vero che questa zona della Calabria settentrionale è tra le più piovose della regione e quindi la capacità di autodepurazione del fiume è di gran lunga superiore alle dimensioni dei singoli paesi che partecipano con i loro liquidi alla formazione del corso d’acqua.
E la lontra ne è la prova.
Questo importante animale carnivoro, appartenente alla famiglia dei mustelidi, dal corpo flessibile e affusolato caratterizzato da zampe corte, dotate di potenti artigli taglienti per afferrare i pesci, che costituiscono l’alimento principale anche se non disdegna granchi, rane, uccelli acquatici e astici.
Sono lunghe circa un metro e pesano dai dieci ai quindici chilogrammi. Hanno un corpo allungato con una coda lunga e slanciata. Il muso è tozzo e coperto di baffi robusti. Le orecchie sono molto piccole e le zampe sono corte e palmate per favorire il nuoto. Abitualmente il periodo riproduttivo dura solitamente da febbraio a marzo; non è raro però che ci possano essere accoppiamenti fuori da questa durata, di conseguenza non è strano che ci possano essere nascite fuori da questo periodo.
La lontra vive abitualmente in grotte ed antri creati dalle acque dei fiumi lungo le rive. 
Un tempo molto ricercate per la loro pelliccia, oggi sono specie protette e ne è fatto divieto a chiunque di cacciarle, catturale o ucciderle.
Da anni molti ricercatori ne davano la presenza sul fiume Lao quasi con certezza visto le caratteristiche ambientali del corso d’acqua, ma nessuno fino ad oggi l’aveva vista e fotografata nel suo ambiente.
Infine, questa scoperta prove come il rafting – questo sport che utilizza gommoni per scendere lungo i corsi d’acqua – non sia invasivo e non disturbi la fauna selvatica, soprattutto se gli incontri con la fauna selvatica avvengano nel massimo rispetto delle norme di protezione degli animali stabilite dalle vari direttive internazionali.
“Tuttavia non esistono regole e leggi che possono impedire il maltrattamento della fauna selvatica che si incontra nei nostri fiumi – secondo Antonio Galiano della Compagnia LaoRaft – se non alberga in noi stessi la consapevolezza che la salvaguardia di queste specie non è direttamente collegata alla sopravvivenza dell’uomo stesso. Mai come in questa epoca l’uomo ha tutti gli strumenti per distruggere o salvare il pianeta in cui vive”.

Emanuele Pisarra      



Fonte:  Gazzetta del Sud 19 luglio 2015 - pagina 21

venerdì 10 luglio 2015

Camminante, sono le tue orme il sentiero

Caminante sono le tue orme
il sentiero e null’altro;

caminante non c’è un sentiero
il sentiero si fa camminando.

Ormai siamo alle porte dell’estate e la stagione escursionistica è pronta per offrirsi ai tanti visitatori che quest’anno si muoveranno nelle aree protette italiane.
Alcuni studi realizzati per conto delle organizzazioni di categoria parlano di diversi milioni di persone che – anche grazie all’effetto expo – si spingeranno a camminare tra i sentieri di un area in un parco nazionale.
Questi dati promettono bene.
E noi sul Pollino siamo pronti ad accogliere chiunque arrivi in cerca di emozioni, di un turismo lento, alla velocità di tre km/ora; il giusto tempo di marcia per percepire, respirare, osservare, fotografare, ascoltare, guardare, sentire tutti i “suoni” della nostra natura e dei nostri paesaggi.
Il nostro Sodalizio ha manutenuto diversi sentieri (li potete trovare sul nostro sito caicastrovillari) e siamo pronti a partire.
Tantissimi i luoghi che si possono visitare attraverso i nostri sentieri. Ne abbiamo scelto, tra oltre centotrenta cammini che formano la rete sentieristica del nostro parco, trentacinque apparentemente sparsi, ma che in realtà forniscono singolarità uniche, come arterie collegate tra di loro, in modo da far    cogliere immagini, sensazioni, pensieri unici adatti a dare una immagine stupenda del nostro territorio.
Non è poco visto la scarsa attenzione che la questione sentieri ha nella nostra Regione.
Un’altra piccola rete di sentieri è stata di recente realizzata dall’ Ente Parco: si tratta di sette nuovi percorsi che sono stati indicati come Itinerari di Particolare Valenza (IPV) seguiti dai numeri da uno a sette. Confesso che è una strana denominazione, estranea ai dettami del nostro Sodalizio ma ormai ci sono, indicati da enormi pannelli esplicativi, di grandi dimensioni che campeggiano alla partenza di ogni singolo tratto.
Il Pollino ha di poco superato i trecento chilometri di sentieri sui mille censiti e accatastati.  Ed è
il luogo ideale per camminare. Su percorsi facili, difficili, impegnativi: tutti di notevole interesse e adatti per ogni esigenza.
E non lasciamoci prendere dai “tabellini” indicati per ogni singolo itinerario: queste sono cose per i trekker e non per i camminatori. Non succede nulla se si raggiunge la meta con qualche minuto di ritardo rispetto alla tabella di marcia!
La durata, la lunghezza, i dislivelli, la quota raggiunta, la flora e la fauna che si incontra sul sentiero sono tutti dati che non devono assolutamente influire sul nostro cammino. 
Bruce Chatwin amava ricordare che “Camminare non è semplicemente terapeutico per l’individuo, ma è una attività poetica che può guarire il mondo dei suoi mali”.
Ricordo alcuni versi letti su di un muro di recinzione durante il Cammino di Compostela, Uomo che cammini non c’è un sentiero segnato, sono le tue orme che fanno il cammino. Così Antonio Machado pensava il cammino dell’essere umano. Il fonema “camino” per la cultura spagnola possiede una forte connotazione semantica: è il fato a cui non ci si può ribellare, è il cammino per Santiago di Compostela che rappresenta il sentiero per giungere al dio cristiano, è il disegno divino che sta in mente Dei.  Machado si ribella a questa credenza, pensa che una strada già tracciata non esista.
A confronto Il filosofo Duccio Demetrio, nel suo Filosofia del camminare, Raffaello Cortina Editore, già a pagina dieci ripropone il dilemma Shakespeariano dell’essere on non essere. L’autore scrive che vi sono sostanzialmente due percorsi per gli esseri umani: c’è chi da millenni si è affidato al Salmo 31 che recita: Io ti darò intelligenza e t’insegnerò la via, per cui hai da camminare. Dovrebbe essere: e ciò che invece afferma il filosofo «…si è fatto carico del proprio cammino senza null’altro attendere che non fosse quel che la strada, resa più dignitosa, potesse offrirgli e insegnarli in quell’unica sua vita. Senza alcun baratto, che non fosse il farne intensamente esperienza».
Entrambi hanno ragione.
Sia un modo di camminare che l’altro o meglio le motivazioni che spingono ad andare per lochi alpestri e difficili   - per dirla con Leonardo da Vinci sono giuste adatte ai nostri tempi che fanno del camminare un piacere non solo fisico ma anche ricreativo.
E noi del Pollino siamo pronti all’accoglienza di tutti coloro che vogliano mettersi in cammino.

Emanuele Pisarra  


Articolo pubblicato sulla rivista della sezione di Castrovillari del Club Alpino Italiano PASSAMONTAGNA N. 2 - 2015

sabato 23 maggio 2015

Emanuele Pisarra va all'Expo 2015

Emanuele Pisarra, Iole Esposito e Andrea Vacchiano sono le tre guide ufficiali del Parco nazionale del Pollino che rappresenteranno l’area protetta più estesa d’Italia all’Expo 2015.
Questo è il risultato della selezione organizzata da Federparchi presso il Ministero dell’Ambiente qualche settimana fa.
Un plauso va al nostro socio Pisarra che porta avanti da anni la promozione turistica del Parco del Pollino e questo riconoscimento lo gratifica dei suoi tanti sacrifici e di una vita spesa in favore della natura.
Le tre guide si alterneranno per una settimana ciascuno all’interno del padiglione della Federparchi ed avranno il compito di illustrare ai tanti visitatori le peculiarità del nostro territorio.
“Farò del mio meglio – racconta Pisarra – per far toccare con mano le tipicità del nostro territorio affinché scatti in loro la molla e quindi la voglia di intraprendere il viaggio per vedere dal vivo queste bellezze, questi luoghi e camminare i tanti sentieri antichi che sono le arterie di una viabilità lenta e giusta per godere, nel silenzio dei nostri monti, dei grandi paesaggi e unicità storiche ma anche per gustare le tipicità gastronomiche che  offre il Pollino.

La redazione

Fonte: Passamontagna n.2/2015

martedì 6 gennaio 2015

Tre "Uomini" per il Parco

Francesco Giorgio, Claudio Rende, Sandro Berardone: tre personalità completamente diverse tra di loro ma accomunate da un unico destino, fare qualcosa per il Pollino.
Francesco Giorgio
(Foto di Bruno Romanelli)
Francesco, il precursore, in anni non sospetti e sempre contro corrente con il tempo contemporaneo, fu tra i fondatori dell’Associazione Amici del Parco nazionale del Pollino, di San Lorenzo Bellizzi, avendo come obiettivo la nascita dell’area protetta.
All’epoca Francesco insegnava a Roma e quindi aveva modo di incontrare il gotha dell’ambientalismo del tempo in Italia. Conobbe Franco Tassi e Fulco Pratesi. Ben presto decise di ritornare sul Pollino per aiutare questa associazione a fare qualcosa per la nascita di un Parco che non fosse solo divertimenti, insediamenti turistici e strutture avveniristiche che avrebbero trovato il loro tempo.
L’associazione riuscì a bloccare - anche con l’aiuto dell’allora sindaco Cerchiara - la speculazione di Serra di Crispo da parte della società immobiliare napoletana La Gioconda e grazie al Wwf presentò un progetto di Parco alternativo a quello voluto dal governo in carica.
Un progetto – quello del Wwf – troppo all’avanguardia per i tempi che non ebbe seguito. È questo il rammarico di non essere stati propositivi come ambientalisti dopo i successi ottenuti nel bloccare questo o quel progetto speculativo. Ricordo per quelli più giovani che il Progetto Efim-Insud prevedeva – tra l’altro - un sistema viario che avrebbe attraversato il Pollino in senso trasversale – per intenderci una super strada che valicava il Varco del Pollino in direzione Piano Vaquarro-Viggianello, intersecando un’altra strada che avrebbe, da Terranova del Pollino, raggiunto il Pollinello dove bisognava costruire un albergo a sette piani a sua volta collegato da una funivia con partenza da Morano calabro, all’altezza dell’attuale uscita autostradale.
Francesco, allora, seguì questo malumore e con la sua verve riuscì a portare all’attenzione di molti lo scempio e i danni che ne sarebbero derivati da questo strano concetto di valorizzazione della montagna.
Ben presto – come era nel suo carattere – abbandonò le idee del Wwf e si dedicò ad una sua personale battaglia per il Pollino che spesso sfociò in forti polemiche.
Prima di andare in pensione, Francesco insegnò italiano nelle scuole superiori di Castrovillari e durante le sue lezioni non mancava mai una proiezione di diapositive sul Pollino.
Questo l’uomo “politico” Francesco; poi segue invece lo scopritore, l’esploratore, il gentiluomo di vecchio stampo, intabarrato nel suo sempre nuovo abito di velluto fatto cucire su misura dal migliore sarto di Terranova del Pollino, che vagava per le nostre montagne nascondendo in punti stabiliti lungo gli itinerari più frequentati fiaschi di vino che amava recuperare a distanza di mesi se non di anni suscitando nella comitiva sconcerto ed ilarità per la strana idea.
Però il vino si era conservato bene.
Ricordo ancora Francesco quando il giorno di ferragosto prima di venire a messa a Civita (amava così tanto il rito bizantino-greco che per un periodo desiderò fortemente di farne parte come aspirante sacerdote) passava da casa mia a portare a mio padre un arancio (il famoso biondo di Trebisacce) che aveva accuratamente conservato nella paglia dopo la raccolta nel suo giardino per i suo amici.
Infine, non posso non citare l’immensa cultura classica di Francesco e le sue lunghe discussioni – per esempio – con Fedele Mastroscusa da Morano: assistervi era un vero e proprio piacere. Per non parlare della passione musicale: Francesco che amava invitare i suoi amici a casa sua ed eseguire con magistrale bravura l’inno alla gioia di Beethoven.
Ci sarebbe tanto da raccontare di Francesco che per noi - allora giovani - che ci avvicinavamo alla montagna e a quello che in seguito sarebbe diventato il trekking, insegnò: le lunghe attraversate del Massiccio alla volta del Santuario della Madonna del Pollino con partenza da Civita e ritorno a Plataci, dove la moglie inglese di Salvatore ci preparava dei piatti tipici da leccarci i baffi. E tanto altro che uno spazio tiranno di un articolo non permette di esporre.
Un grande uomo, un intellettuale ed un maestro per tutti noi che ci lascia un unico grande insegnamento: siate sempre vigili perché la natura non si difende con leggi, norme e regolamenti. La natura – nel senso più ampio del significato - sta dentro di noi.
Claudio Rende
Claudio Rende, invece, molto più pratico, deciso e determinato, ha forse sostituito Francesco nelle battaglie per la difesa del nostro Pollino. Fondatore, deus ex machina, della Lipu sezione di Castrovillari, intorno alla metà degli anni ottanta, fu protagonista di tanti scontri con il mondo – per esempio – venatorio per la istituzione del Parco del Pollino.
Fece parte della Commissione paritetica per la istituzione del Parco dove non si risparmiò nello sfidarsi con i vari detrattori del Parco.
Io, invece, ho un ricordo particolare in quanto grazie alle sue iniziative – come responsabile della Lipu – feci il mio primo corso di riconoscimento degli uccelli che culminò con una gita al Piano di Caramolo attraverso la salita del Portone da Saracena con un altro personaggio del calibro di Franco Senatore, dove assistemmo per diversi minuti al volo acrobatico di un aquila reale che si difendeva da un attacco organizzato di uno stormo di corvi imperiali. In quella occasione ebbi come una visione (era aprile del 1985) che avrei fatto da grande la Guida di montagna e che noi tutti che cercavamo di difendere le nostre montagne dai vari assalti di presunti “valorizzatori” eravamo come quell’aquila che era stata sfidata in combattimento dai corvi per mettere in discussione chi fosse il padrone dei cieli.
In quegli anni, Claudio si divideva tra l’essere uomo di governo in quanto componente della Commissione paritetica e militante di una associazione di frontiera in difesa dell’ambiente.
Non esitò a denunciare il sindaco di Civita per l’inopportuna e scellerata scelta di costruire un depuratore a pochi passi dal ponte del diavolo, così come denunciò il sindaco di Morano per la costruzione di un abbominevole abbeveratoio al Piano di Gaudolino, così come bloccò l’apertura di una pista forestale che doveva portare al Piano Pallone dopo il grande incendio del giugno del 1985.
Questo era Claudio. La sua irruenza ed onestà intellettuale lo hanno portato spesso a grandi scontri e competizioni per giudicarsi la leadership del movimento ambientalista a Castrovillari in concorrenza con il Wwf. Nacque il Parco e da subito lui capì che si sarebbe trattato di un ennesimo carrozzone che tutto avrebbe fatto tratte che difendere la natura, l’ambiente delle nostre montagne.
Ebbe anche serie ripercussioni nel suo lavoro di funzionario di banca.
Io stesso in più occasioni ebbi forti discussioni sul modo di intendere il Parco. Lui molto più realista del re capì che non saremmo andati da nessuna parte con questa idea di Parco e presto si dedicò ad altro. Già precursore della fine delle associazioni ambientaliste con l’istituzione del ministero dell’ambiente si disinteressò del Pollino e si dedicò al karatè e al volo libero. Sperava di trovare nel cielo una sua nuova dimensione.

Sandro Berardone
Sandro Berardone, agronomo, con la passione per la politica, per certi versi poteva essere considerato l’antagonista lucano di Claudio anche se molto più politicizzato e più vincolato ai dettami del partito.
Sandro ha da sempre militato nella Legambiente, braccio operativo nel movimento ambientalista nazionale dell’allora Partito comunista. Legambiente agli inizi degli anni novanta non aveva voce in capitolo sul Pollino. La nostra montagna era a tutto appannaggio del Wwf e della Lipu. Legambiente cercava il suo spazio soprattutto con il Wwf che anche in Basilicata era molto forte. Sandro mostrò subito doti non comuni di politico di lungo corso e nelle lunghe telefonate a dibattere sui vari problemi del Parco non trovavamo mai un punto di convergenza: per lui tutto era mediabile. A tutto c’era una soluzione. Per me, invece, non c’erano margini di discussione, soprattutto con la gestione del Parco da parte del presidente Fino. Infatti, erano gli ultimi periodi delle grandi infrastrutture in Basilicata e si era di fronte al mega progetto di una fondovalle (l’ultima) del Frido che doveva collegare la valle omonima con l’entroterra attraverso una serie di viadotti e gallerie che avrebbero seriamente compromesso la bellezza di questi luoghi. Il Wwf in prima fila riuscì a bloccare il progetto. Sandro intuì le potenzialità di carriera in questo mondo ed iniziò a tessere la tela di una terza associazione ambientalista che in seguito ebbe grande ruolo nella gestione del Parco del Pollino. Infatti, con l’istituzione del Parco Legambiente – insieme con il Wwf – ebbe un suo delegato nel Consiglio direttivo del parco. A discapito della Lipu che fu tagliata fuori. A dire il vero questi componenti non incisero più di tanto sulle scelte del Parco. Sandro capì che conveniva passare attraverso la politica normale, convenzionale e così entrò ufficialmente di diritto nella Comunità del Parco come sindaco di San Costantino albanese e poi come consigliere della provincia di Potenza. Ebbe un ruolo importantissimo, fino ad essere nominato presidente di questo importante organismo che in più occasioni salvò l’ente dal default politico-amministrativo. Intelligente, colto, dotato di una visione realistica della politica Sandro è stato un amico da sempre del Parco. Ne ha fatto la sua ragione di vita. Lo ricorderemo come una personalità di grande prestigio per il Pollino.
Tre figure – Francesco, Claudio e Sandro – che nel bene e nel male hanno fatto la storia (almeno quella legata al movimento ambientalista) del Pollino. Oggi che non ci sono più e ne sentiamo la mancanza. Speriamo che i loro insegnamenti non vadano perduti e che qualcuno raccolga il testimone.
Emanuele Pisarra


Articolo pubblicato sulla rivista della sezione di Castrovillari del Club Alpino Italiano n. 1 - gennaio 2015