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Umberto Caldora (lettera a Gaetano Greco Naccarato, 1963)

martedì 6 gennaio 2015

Tre "Uomini" per il Parco

Francesco Giorgio, Claudio Rende, Sandro Berardone: tre personalità completamente diverse tra di loro ma accomunate da un unico destino, fare qualcosa per il Pollino.
Francesco Giorgio
(Foto di Bruno Romanelli)
Francesco, il precursore, in anni non sospetti e sempre contro corrente con il tempo contemporaneo, fu tra i fondatori dell’Associazione Amici del Parco nazionale del Pollino, di San Lorenzo Bellizzi, avendo come obiettivo la nascita dell’area protetta.
All’epoca Francesco insegnava a Roma e quindi aveva modo di incontrare il gotha dell’ambientalismo del tempo in Italia. Conobbe Franco Tassi e Fulco Pratesi. Ben presto decise di ritornare sul Pollino per aiutare questa associazione a fare qualcosa per la nascita di un Parco che non fosse solo divertimenti, insediamenti turistici e strutture avveniristiche che avrebbero trovato il loro tempo.
L’associazione riuscì a bloccare - anche con l’aiuto dell’allora sindaco Cerchiara - la speculazione di Serra di Crispo da parte della società immobiliare napoletana La Gioconda e grazie al Wwf presentò un progetto di Parco alternativo a quello voluto dal governo in carica.
Un progetto – quello del Wwf – troppo all’avanguardia per i tempi che non ebbe seguito. È questo il rammarico di non essere stati propositivi come ambientalisti dopo i successi ottenuti nel bloccare questo o quel progetto speculativo. Ricordo per quelli più giovani che il Progetto Efim-Insud prevedeva – tra l’altro - un sistema viario che avrebbe attraversato il Pollino in senso trasversale – per intenderci una super strada che valicava il Varco del Pollino in direzione Piano Vaquarro-Viggianello, intersecando un’altra strada che avrebbe, da Terranova del Pollino, raggiunto il Pollinello dove bisognava costruire un albergo a sette piani a sua volta collegato da una funivia con partenza da Morano calabro, all’altezza dell’attuale uscita autostradale.
Francesco, allora, seguì questo malumore e con la sua verve riuscì a portare all’attenzione di molti lo scempio e i danni che ne sarebbero derivati da questo strano concetto di valorizzazione della montagna.
Ben presto – come era nel suo carattere – abbandonò le idee del Wwf e si dedicò ad una sua personale battaglia per il Pollino che spesso sfociò in forti polemiche.
Prima di andare in pensione, Francesco insegnò italiano nelle scuole superiori di Castrovillari e durante le sue lezioni non mancava mai una proiezione di diapositive sul Pollino.
Questo l’uomo “politico” Francesco; poi segue invece lo scopritore, l’esploratore, il gentiluomo di vecchio stampo, intabarrato nel suo sempre nuovo abito di velluto fatto cucire su misura dal migliore sarto di Terranova del Pollino, che vagava per le nostre montagne nascondendo in punti stabiliti lungo gli itinerari più frequentati fiaschi di vino che amava recuperare a distanza di mesi se non di anni suscitando nella comitiva sconcerto ed ilarità per la strana idea.
Però il vino si era conservato bene.
Ricordo ancora Francesco quando il giorno di ferragosto prima di venire a messa a Civita (amava così tanto il rito bizantino-greco che per un periodo desiderò fortemente di farne parte come aspirante sacerdote) passava da casa mia a portare a mio padre un arancio (il famoso biondo di Trebisacce) che aveva accuratamente conservato nella paglia dopo la raccolta nel suo giardino per i suo amici.
Infine, non posso non citare l’immensa cultura classica di Francesco e le sue lunghe discussioni – per esempio – con Fedele Mastroscusa da Morano: assistervi era un vero e proprio piacere. Per non parlare della passione musicale: Francesco che amava invitare i suoi amici a casa sua ed eseguire con magistrale bravura l’inno alla gioia di Beethoven.
Ci sarebbe tanto da raccontare di Francesco che per noi - allora giovani - che ci avvicinavamo alla montagna e a quello che in seguito sarebbe diventato il trekking, insegnò: le lunghe attraversate del Massiccio alla volta del Santuario della Madonna del Pollino con partenza da Civita e ritorno a Plataci, dove la moglie inglese di Salvatore ci preparava dei piatti tipici da leccarci i baffi. E tanto altro che uno spazio tiranno di un articolo non permette di esporre.
Un grande uomo, un intellettuale ed un maestro per tutti noi che ci lascia un unico grande insegnamento: siate sempre vigili perché la natura non si difende con leggi, norme e regolamenti. La natura – nel senso più ampio del significato - sta dentro di noi.
Claudio Rende
Claudio Rende, invece, molto più pratico, deciso e determinato, ha forse sostituito Francesco nelle battaglie per la difesa del nostro Pollino. Fondatore, deus ex machina, della Lipu sezione di Castrovillari, intorno alla metà degli anni ottanta, fu protagonista di tanti scontri con il mondo – per esempio – venatorio per la istituzione del Parco del Pollino.
Fece parte della Commissione paritetica per la istituzione del Parco dove non si risparmiò nello sfidarsi con i vari detrattori del Parco.
Io, invece, ho un ricordo particolare in quanto grazie alle sue iniziative – come responsabile della Lipu – feci il mio primo corso di riconoscimento degli uccelli che culminò con una gita al Piano di Caramolo attraverso la salita del Portone da Saracena con un altro personaggio del calibro di Franco Senatore, dove assistemmo per diversi minuti al volo acrobatico di un aquila reale che si difendeva da un attacco organizzato di uno stormo di corvi imperiali. In quella occasione ebbi come una visione (era aprile del 1985) che avrei fatto da grande la Guida di montagna e che noi tutti che cercavamo di difendere le nostre montagne dai vari assalti di presunti “valorizzatori” eravamo come quell’aquila che era stata sfidata in combattimento dai corvi per mettere in discussione chi fosse il padrone dei cieli.
In quegli anni, Claudio si divideva tra l’essere uomo di governo in quanto componente della Commissione paritetica e militante di una associazione di frontiera in difesa dell’ambiente.
Non esitò a denunciare il sindaco di Civita per l’inopportuna e scellerata scelta di costruire un depuratore a pochi passi dal ponte del diavolo, così come denunciò il sindaco di Morano per la costruzione di un abbominevole abbeveratoio al Piano di Gaudolino, così come bloccò l’apertura di una pista forestale che doveva portare al Piano Pallone dopo il grande incendio del giugno del 1985.
Questo era Claudio. La sua irruenza ed onestà intellettuale lo hanno portato spesso a grandi scontri e competizioni per giudicarsi la leadership del movimento ambientalista a Castrovillari in concorrenza con il Wwf. Nacque il Parco e da subito lui capì che si sarebbe trattato di un ennesimo carrozzone che tutto avrebbe fatto tratte che difendere la natura, l’ambiente delle nostre montagne.
Ebbe anche serie ripercussioni nel suo lavoro di funzionario di banca.
Io stesso in più occasioni ebbi forti discussioni sul modo di intendere il Parco. Lui molto più realista del re capì che non saremmo andati da nessuna parte con questa idea di Parco e presto si dedicò ad altro. Già precursore della fine delle associazioni ambientaliste con l’istituzione del ministero dell’ambiente si disinteressò del Pollino e si dedicò al karatè e al volo libero. Sperava di trovare nel cielo una sua nuova dimensione.

Sandro Berardone
Sandro Berardone, agronomo, con la passione per la politica, per certi versi poteva essere considerato l’antagonista lucano di Claudio anche se molto più politicizzato e più vincolato ai dettami del partito.
Sandro ha da sempre militato nella Legambiente, braccio operativo nel movimento ambientalista nazionale dell’allora Partito comunista. Legambiente agli inizi degli anni novanta non aveva voce in capitolo sul Pollino. La nostra montagna era a tutto appannaggio del Wwf e della Lipu. Legambiente cercava il suo spazio soprattutto con il Wwf che anche in Basilicata era molto forte. Sandro mostrò subito doti non comuni di politico di lungo corso e nelle lunghe telefonate a dibattere sui vari problemi del Parco non trovavamo mai un punto di convergenza: per lui tutto era mediabile. A tutto c’era una soluzione. Per me, invece, non c’erano margini di discussione, soprattutto con la gestione del Parco da parte del presidente Fino. Infatti, erano gli ultimi periodi delle grandi infrastrutture in Basilicata e si era di fronte al mega progetto di una fondovalle (l’ultima) del Frido che doveva collegare la valle omonima con l’entroterra attraverso una serie di viadotti e gallerie che avrebbero seriamente compromesso la bellezza di questi luoghi. Il Wwf in prima fila riuscì a bloccare il progetto. Sandro intuì le potenzialità di carriera in questo mondo ed iniziò a tessere la tela di una terza associazione ambientalista che in seguito ebbe grande ruolo nella gestione del Parco del Pollino. Infatti, con l’istituzione del Parco Legambiente – insieme con il Wwf – ebbe un suo delegato nel Consiglio direttivo del parco. A discapito della Lipu che fu tagliata fuori. A dire il vero questi componenti non incisero più di tanto sulle scelte del Parco. Sandro capì che conveniva passare attraverso la politica normale, convenzionale e così entrò ufficialmente di diritto nella Comunità del Parco come sindaco di San Costantino albanese e poi come consigliere della provincia di Potenza. Ebbe un ruolo importantissimo, fino ad essere nominato presidente di questo importante organismo che in più occasioni salvò l’ente dal default politico-amministrativo. Intelligente, colto, dotato di una visione realistica della politica Sandro è stato un amico da sempre del Parco. Ne ha fatto la sua ragione di vita. Lo ricorderemo come una personalità di grande prestigio per il Pollino.
Tre figure – Francesco, Claudio e Sandro – che nel bene e nel male hanno fatto la storia (almeno quella legata al movimento ambientalista) del Pollino. Oggi che non ci sono più e ne sentiamo la mancanza. Speriamo che i loro insegnamenti non vadano perduti e che qualcuno raccolga il testimone.
Emanuele Pisarra


Articolo pubblicato sulla rivista della sezione di Castrovillari del Club Alpino Italiano n. 1 - gennaio 2015

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