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Umberto Caldora (lettera a Gaetano Greco Naccarato, 1963)

mercoledì 23 luglio 2025

VENTO, COSTANZA, PERSEVERANZA…

 Tre costanti di oggi.


Appena scesi dal “mitico” Land rosso Il vento ci accoglie e avvolge in spirali e in armonia con gli alberi che danzano seguendo un ritmo dettato dalla direzione della corrente dell’aria proveniente da Nord-Ovest.
Abbastanza fresco per il periodo.
Ci aspettano quattro ore di cammino per raggiungere la nostra meta di oggi. Il Dolcedorme.
Il Piano di Fossa, il Piano di Acquafredda, il Varco del Pollino e, infine, la salita vera e propria lungo la dorsale settentrionale del Dolcedorme. Percorriamo anche un tratto della “Via Tommaselli” , una figura chiave delle battaglie per l’istituzione del Parco nazionale del Pollino.
Un momento di pausa e di riflessione al Piano di Acquafredda.
Pausa perché la fatica e l’età si sentono tutte.
Osservare il vento che “pettina” i faggi lungo direttive misteriose è uno spettacolo unico.
Il silenzio è ancora più … rumoroso. Il pensiero va ai tanti pastori che hanno soggiornato, su questo pianoro, in accampamenti piuttosto spartani, per una intera stagione.
Inutile dire che oggi non c’è nessuno. Anche perché a causa delle scarse piogge invernali, da anni, la sorgente omonima è scomparsa.
La salita continua, ancora qualche minuto di cammino nella faggeta, in direzione del Varco e poi arriviamo sulla cresta prima della grande ascesa al Monte.

Sembra percorrere un grande corridoio tra pini loricati antichi, tra resti bruciati dai fulmini, con ampi scorci sia verso Sud e la Piana di Sibari, sia verso settentrione, i Piani del Pollino e l’intero appennino lucano.
Lo scopo di oggi è sostituire per l’ottava volta il LIBRO DI VETTA che la nostra sezione del Club Alpino Italiano cura da anni. Da quel lontano 2002 dichiarato anno internazionale della montagna.
Una costanza, premiata dai tanti pensieri di scalatori provetti, semplici escursionisti o appassionati di montagna che per un giorno sfidano il caldo, la sete, la fatica pur di giungere in cima alla montagna più alta del meridione d’Italia.
“Le mie gambe tremano, il mio cuore bestemmia ma i miei occhi ringraziano” leggo sul libro di vetta.

Oppure chi si chiede: “ma chini m’ha fatta fa”.
Perseveranza per noi che continuiamo una tradizione, per chi ancora sale su questa cime nonostante il caldo, in estate, il freddo, la neve, in inverno e, dopo la fatica e lo sforzo ha voglia di scrivere un pensierino al volo, senza filtri e remore.
Il vento forte, con raffiche notevoli da spostarmi, nonostante la mia “struttura”, di qualche centimetro dice che la montagna è fatta per tutti: per coloro che cercano nella fatica un riposo più forte.

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