non voglio fare, come al solito il
bastian contrario, ma da civitese doc e modesto conoscitore del Raganello che
ho frequentato, a partire dall'età di dodici anni fino a cinquanta, non
concordo su alcune tue riflessioni.
Concordo sulla riapertura delle Gole.
Anzi non dovevano proprio essere chiuse. Poi sequestrate,
ancora peggio!
Non parliamo del concetto di sicurezza; come si fa a
mettere in sicurezza un canyon? Lo ingabbiamo con reti paramassi e corde
d'acciaio? Suvvia!
Per quanto riguarda la questione delle Guide Alpine, ho
più volte scritto e detto (anche in audizione dal “mio” sindaco) che urge la
formazione di personale idoneo per accompagnare turisti - non solo nel
Raganello – in ambienti dove necessitano attrezzi di progressione (corde,
chiodi, imbraghi, picozze) con una selezione e un apposito corso presso le
scuole del CAI, uniche abilitate per legge a questa tipologia di corso.
Invece abbiamo lasciato il campo a guide improvvisate,
abusive e senza la preparazione necessaria.
L’intervento del Collegio delle Guide Alpine fu
sollecitato e chiesto da un gruppo di queste guide “abusive” a proprio sostegno
e come linea difensiva nel processo con rito abbreviato.
Ma questo argomento lo lascio a te che sei un fine
giurista e alla magistratura.
Non concordo con te quando dici che Marmolada e Raganello
sono due facce della stessa medaglia ma trattate in modo diverso.
Io dico: meno male!
Se al Nord o, per essere più precisi, su tutto l’arco alpino vale la filosofia anglo-americana del “business is business” per cui chi muore in montagna è rubricato alla stregua di un incidente sulla tangenziale di una qualsiasi città, non vuol dire che la stessa metodologia dobbiamo importarla da noi, sugli Appennini. Proprio perché esiste un modus operandi che relega la vita umana in secondo piano anche noi dobbiamo seguire l’onda?
Direi l’esatto contrario.
Se la magistratura trentina ha deciso di non intervenire
non vuol dire che quella calabrese debba fare la stessa cosa.
Anzi, direi che fa bene a vederci chiaro prima di sentenziare.
Fa niente se la comunità tutta risente del mancato introito.
E qui vorrei evidenziare un altro aspetto della questione:
Il Raganello è parte integrante del territorio del Parco nazionale del Pollino.
Pertanto l’accesso andava e va regolamentato nel rispetto
delle finalità di un’area protetta.
Mi pare che proprio per questo la Magistratura non
dissequestri le Gole. La messa in sicurezza vuol dire anche che venga
regolamentato l’accesso, il numero, le dotazioni tecniche, gli accompagnatori.
In questi quattro anni nulla si è fatto di tutto ciò.
Una bozza di regolamento era stata proposta al comune di
Civita.
Su ciò ti invito a leggere l’articolo sul mio blog (-:
A proposito del Regolamento "Gole del Raganello"...
(paroladiacalandros.blogspot.com)
Scritta male, non solo in italiano, con gravi errori tecnici.
Subito accantonata.
Infine, io sono dell’avviso che il compito di
regolamentare le Gole (e tutto il territorio in zona uno) sia di competenza
dell’Ente Parco. Non di un singolo comune. E se i comuni sono quattro, cosa
facciamo?
Quattro regolamenti a seconda delle convenienze?
Per questo fa bene la Magistratura a tenere chiuse le Gole
fino a quando i soggetti attuatori non si attrezzano.
Concordo ancora con te sul nostro essere meridionali.
Temo che né la vicenda del Raganello né altre situazioni cambino di un
millimetro questo status.
Mai come ora è di attualità il pensiero del professore
Filippo Violi, il quale sosteneva che “in questo momento ai calabresi non fa difetto
il sangue, fa difetto la circolazione del sangue”.
La differenza tra la vicenda Marmolada e Raganello sta
nei vari segni di avviso.
Sulle Alpi i crolli di roccia, di ghiaccio sono all’ordine
del giorno. Da anni tutti gli attori protagonisti li denunciano ad ogni piè sospinto.
Nonostante ciò si continua ad andare in montagna. Lascio a te ogni analisi
sociologica a riguardo.
Del Raganello la vicenda è diversa.
La tradizione popolare, inteso come sapere della gente,
invitava (anzi ordinava) a stare alla larga dal Raganello e dalle Gole dopo una
pioggia o un temporale.
Invece a noi di questa saggezza popolare non importa nulla.
Ricordo che quell’anno, da più di una settimana, ogni
pomeriggio, alla solita ora trenta minuti di pioggia interessavano tutto il
bacino del Raganello.
Al mattino successivo il fiume era di color latte.
Io stesso sono stato vittima di almeno tre piene. Per
fortuna di pochi centimetri di acqua. Da queste esperienze trassi la
convinzione che quando il tempo non è stabile bisogna stare alla larga dal
Raganello.
Anzi. Dopo l’ultima, decisi di non andarci più.
In quei giorni di agosto del 2018 le avvisaglie erano le
stesse.
Pioggia tutti i pomeriggi, il fiume ingrossato, melmoso e
poco sicuro.
Io sono certo, e con me molti di Civita, che nessuno del
posto avrebbe dovuto mettere piede nel Raganello. Per nessuna ragione al mondo.
Invece altri in nome del Dio denaro, del “battere il
chiodo”, del cavalcare l’onda, hanno voluto sfidare il Raganello senza sapere
che in uno dei suoi tanti nomi è racchiusa la sua storia. Strabone parlava di
Cylistarno che significa “torrente che travolge”.
Il resto della vicenda sappiamo come è andata.
Un altro elemento in disaccordo è il ruolo del sindaco,
come ufficiale di governo.
Come diresti tu, la mia presunzione, mi ha dato il
coraggio di avvicinare il sindaco di Civita durante la processione dell’Assunta
(mi aveva tolto il saluto dopo la vicenda del forno crematorio) e di
supplicarlo a fare qualcosa per limitare l’accesso al Raganello almeno al
pomeriggio perché la situazione era pericolosa. Sia per il numero di
frequentatori sia per l’instabilità del tempo.
Sembrava che il paese fosse preso d’assalto da gruppi di
incursori del Battaglione San Marco: sbucavano da tutti i vicoli, imbacuccati
in tute subacquee, casco e imbrago, pronti a portare l’assalto al fiume. Davanti
alla porta delle agenzie file di attesa tanto che erano necessari due turni:
uno al mattino e l’altro al pomeriggio.
Senza che tutto ciò abbia portato un euro nelle casse del
comune.
L’incidente era dietro l’angolo. Se non ci fosse stata la
piena a fare danni ci sarebbero state sicuramente altre cause.
Il primo cittadino mi promise che avrebbe preso provvedimenti
subito dopo ferragosto.
Mi rendo conto che non è facile fare il sindaco in un
paesino piccolo come Civita dove tutti si conoscono e molti sono legati da
vincoli di parentela o sono tuoi elettori.
Forse per questo non si decise.
Forse non trovò la “pezza giustificativa” in una norma
che giustificasse agli occhi dei “portatori di interesse” l’emissione di una ordinanza
di chiusura del Raganello.
Forse non fece in tempo anche a causa delle giornate
convulse di ferragosto.
Forse…
PS
Le tre foto sono state scattate il mattino del 18 agosto 2018. Mostrano con evidenza che il fiume era pieno di fango, non si vedeva il fondo e la portata era aumentata e di parecchio rispetto alla media stagionale.
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