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Umberto Caldora (lettera a Gaetano Greco Naccarato, 1963)

sabato 11 giugno 2022

A proposito della toponomastica civitese

 A proposito della proposta di intitolare una strada a don Francesco Camodeca, mi sono ricordato di una lettera aperta anonima pubblicata in uno dei primi numeri di Katundi Yne.

Questa epistola faceva seguito ad un panegirico pubblicato sempre sullo stesso periodico dall’allora medico condotto del paese, il dottor Vittorio De Cicco, nei confronti di don Francesco.

L’anonimo autore della missiva dissentiva completamente dal ritratto che il medico aveva fatto del Nostro, perché egli non riusciva a trarre “gli opportuni ammaestramenti” che albergavano nell’animo di don Francesco e che De Cicco elogiava.  

Nella missiva in cui si lamentano le mancanze di don Francesco, si legge “per noi giovani ha fatto ben poco o niente”. (…) Il suo modo di agire lascia a desiderare anche nei confronti dei non più giovani (…) se a Civita non c’è una assidua partecipazione maschile alla Chiesa, se gli uomini non vanno a comunicarsi, ma badano piuttosto a giocare a carte al bar, se le processioni non si fanno per mancanza di braccia maschili, non è da attribuirsi solo alla cattiva volontà degli uomini civitesi. Ho l’impressione che essi si siano sentiti abbandonati dal loro Parroco e che si siano sempre più abbandonati da lui e dalla Chiesa. (…) Non riesco a comprendere il motivo della sua eccessiva riservatezza, in particolare con i giovani, di cui non ha mai aiutato qualsiasi iniziativa …”

Alla luce di ciò, non solo per motivi personali esprimo, senza alcuno astio e rancore, la mia contrarietà a intestare una strada a don Francesco Camodeca, ma ritengo sommessamente, che non sia stato un buon esempio per la comunità intera che tutt’oggi non lo ricorda volentieri e non ne ha nel tempo intessute le sue lodi.

Mi dispiace molto constatare che siamo (anche in questo) ultimi in classifica per quanto riguarda la toponomastica della nostra viabilità interna che è rimasta quella stabilita nel periodo fascista.

Qualche anno fa l’Amministrazione comunale del tempo istituì una apposita commissione che, per quel che mi riguarda e per gli elaborati che il sindaco Tocci mi mostrò, aveva fatto un buon lavoro che ritengo a tutt’oggi ancora valido.

Anche la tabellonistica allegata si distingueva per la grafica, il testo bilingue e i contenuti.

Avevo avuto la bella sensazione che quel progetto, finalmente, si stesse per concretizzare con la posa in opera delle targhe.

Ma dopo aver posto una decina di targhe nei luoghi più visibile del nostro Paese, senza aver cura di coprire le precedenti intestazioni, tutto si fermò.

 Alla mia richiesta di spiegazioni, un consigliere comunale, lasciandomi senza parole, disse: “Non possiamo cambiare il nome delle strade per non creare preoccupazioni nella nostra popolazione anziana”.

Qualche tempo dopo, curioso di capire meglio tutto, ho fatto una ricognizione storica della toponomastica civitese e ho scoperto cose veramente …a dir poco ridicole. In pratica, a partire dagli inizi del Novecento, si sono succeduti nomi per alcune strade senza però che siano stati organizzati in modo organico e territorialmente strutturati.

Per cui, nel Foglio 6 della Mappa catastale C763_000600 appaiono nomi come “VIA PALAZZO”, VICO 2 CONCEZIONE, VICO 1 S. ANTONIO.














Nel periodo fascista queste strade vennero rinominate come VIA TRENTO, VIA ARMANDO DIAZ, VIA TRESTE E CORSO UMBERTO (con i relativi vicoli).


Poi ho consultato internet e in due dei portali cartografici più usati, Google Maps e Open Street Map, capita di trovare la stessa strada con nomi diversi.





In Google Maps corso Cavour è diventato CORSO G. PALEOLOGO ASSAN, mentre In Open Street Map è rimasto CORSO CAVOUR.


In Google Maps corso Umberto è diventato VIALE ARBERIA, ma in Open Street Map lo troviamo come Corso Umberto.

Così come non si trova traccia della denominazione PIAZZA MARTIRI D’UNGHERIA, mai deliberata dall’Amministrazione comunale del tempo, ma sempre presente nella memoria orale, e che sarebbe dovuta diventare “Piazza Beata Madre Teresa di Calcutta” … ma non è stata mai ratificata.

Per questo sono saltato sulla sedia quando un gruppo di promotori ha chiesto di inserire un nome nuovo, senza una logica, fuori da qualsiasi contesto storico e/o geografico e assente dall’elenco delle denominazioni proposte e approvate da una Commissione appositamente incaricata (e retribuita) dello studio.

Se è vero, a quanto si dice, che la nostra Amministrazione comunale ha subito accolto tale richiesta senza prima averne valutato la congruità con il resto dei toponimi, mi pare davvero fuori luogo questo suo comportamento.

Poiché la Commissione incaricata ha da tempo concluso i lavori, le targhe pronte giacciono in qualche deposito comunale e sono stati spesi fior di quattrini di denaro pubblico, al punto che se non si completa il lavoro iniziato e poi sospeso si può palesare un danno nei confronti dell’erario

 Ed è altrettanto ridicola la scusa secondo la quale sarebbe troppo complicato il processo di cambio dei dati su tutti i documenti dei cittadini.

Per le persone autorizzate delle pubbliche amministrazioni è molto facile entrare nel sistema centrale della Prefettura e del Ministero dell’Interno per cambiare il nome di una strada sulla patente o carta di identità; e di conseguenza, a cascata, tutti gli altri atti amministrativi.

Se una persona anziana non fosse in grado di farlo si potrebbe recare presso lo sportello comunale per farsi aiutare dal personale addetto. Per questo – ricordo a memoria – esisteva un incentivo statale per le Amministrazioni e senza onere per il cittadino.

Al momento del cambiamento della Carta di Identità, il Comune può consegnare ad ogni capofamiglia un libretto contenente tutti i nomi, una foto e una piccola scheda dei singoli toponimi delle strade del paese.

Ci vuole tanto?



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