Un grande alpinista del passato - Emil
Zsigmondy - parlò in un suo celebre saggio per chi va in montagna[1], di "pericoli
oggettivi" e "pericoli soggettivi". Partendo dal
secondo concetto... c'è poco da dire: la possibilità di farsi male in montagna per
la propria impreparazione tecnica, fisica e/o psicologica è alta. In molte
occasioni questa impreparazione è causa di gravi incidenti, che sarebbero facilmente
prevedibili se si adottassero minime precauzioni di buon senso. Basti ricordare
quei ragazzi polacchi che, qualche anno fa, tentarono di scalare il Cervino con
scarpe da tennis. Forse ci sarebbero anche riusciti, se non fosse arrivato,
all'improvviso, un temporale di quelli che, in quota, si trasforma in neve e
ghiaccio e che provocò per loro seri problemi di congelamento. Quando furono recuperati
dai volontari del Soccorso Alpino, si scusarono per la bravata, ma questo non
evitò loro una salata multa.
Civita. Timpa del Demonio, parete Ovest. (Foto archivio Pisarra) |
Il problema dei "pericoli
oggettivi" è invece una questione più seria. Come tutti sanno, la maggior
parte delle montagne del mondo è il risultato di movimenti geologici, azioni
combinate di vento, freddo, caldo, gelo, pioggia, neve e altri fenomeni
atmosferici. Oggi questa situazione di pericoli “oggettivi” è di gran lunga
migliorata in quanto esistono servizi di previsione dei di tali vari fenomeni
quasi perfetti. Però i rischi restano.
Le frane, gli smottamenti avvengono
in tutte le montagne del mondo. Soprattutto sulle pareti molto esposte ad un
versante. In questo caso non si può far niente, bisogna solo cercare di essere
previdenti ed evitare di frequentare questi luoghi quando le indicazioni dei
vari servizi meteo o valanghe o altro lanciano allarmi di pericolo. Tutto qui.
Non si possono imbrigliare le
montagne solo perché cascano quattro pietre, né tantomeno non fare niente in altri
punti dove un costone è stato ingabbiato con reti e funi ed è in evidente stato
di insofferenza. Un giorno, proprio a causa dei "pericoli oggettivi",
questo esploderà, lanciando a decine di metri di distanza sassi, cosicché reti
e funi di tenuta diventeranno vere e proprie fruste d'acciaio lanciate nell’
aria e ...povero colui che si troverà a passare in quel momento!
Emil Zsigmondy, alpinista austriaco. (Foto da internet) |
Questo "pericolo oggettivo"
possiamo neutralizzarlo se provvediamo per tempo a svuotare le reti, a
rimettere in tensione le corde, a sostituire le maglie sofferenti, a rivedere i
chiodi di tenuta. Una manutenzione questa con la quale possiamo ridurre (certo non
azzerare) il "pericolo oggettivo" e renderlo, quanto più possibile, innocuo.
Voglio qui ricordare come in Italia, esista un museo che è fatto in gran parte
di camminamenti su passerelle di ferro, che, con largo anticipo e grazie al servizio
di previsioni meteo, viene chiuso ai visitatori se le condizioni del tempo
volgono al peggio.
Ci vuole tanto? Forse è il momento di
ripensare (o rivedere) il concetto di "Sicurezza" anche in altre
parti del nostro bel Paese, altrimenti moriremo per eccesso di Sicurezza!
[1] Die Gefahren der Alpen, Praktishe Winke für Bergsteiger (I
pericoli delle Alpi, Suggerimenti pratici per gli scalatori) . Lipsia . 1885
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