Una giornata di fuoco è la norma in
questo luglio assolato contrassegnato dalle alte temperature.
Canadair in azione nella Valle del Raganello (Immagine di repertorio) |
Fino al 2016 la macchina antincendio
partiva immediatamente con regolarità e precisione quasi cronometrica e, al suo
interno, ognuno aveva un proprio ruolo che svolgeva con costanza e abnegazione:
volontari, personale del Servizio antincendio regionale dell’AFOR (Azienda
delle Foreste Regionale) con il coordinamento degli uomini del Corpo Forestale
dello Stato, canadair, elicotteri regionali.
Una macchina, ben rodata nel tempo, un
sistema territoriale conosciuto come i
DOS (Direttori Operativi degli Spegnimenti), uomini in grado di coordinare gli interventi in caso d’incendio: ma tutto è stato smantellato.
Tanto per intenderci,
il nostro Pollino aveva 550 DOS; oggi ce ne sono solo 9, distribuiti in tutto
l’ambito provinciale e affidati ai Vigili del Fuoco.
Spesso, alle
radio di servizio, in presenza di un incendio, si sente chiedere da parte dei
Vigili del Fuoco ai volontari dove si trovi la località di montagna interessata
dalle fiamme. Mentre l’ex capo della Protezione Civile, Gabrielli, appare in
televisione e annuncia che l’Italia ha la più grande flotta di canadair del
mondo, omettendo però di dire che questi sono stati affidati alle regioni e i
piloti scelti attraverso un bando pubblico, con la conseguenza che i ritardi,
dovuti alle gare d’appalto, fanno sì che l’annuncio dei Piani Antincendio
Boschivo (AIB) siano annunciati in piena stagione.
A questo
triste quadro aggiungo una nota di colore: qualche giorno fa, passando vicino a una nota
pasticceria di Morano Calabro, ho notato cinque ex agenti del CFS, ora passati in
forza ai Carabinieri, tranquillamente seduti a gustare un gelato, mentre la città
veniva sorvolata in continuo dai Canadair.
Tutto questo grazie alla sciagurata
Riforma Madia (2016) che ha autorizzato lo smantellamento del Corpo Forestale
dello Stato senza i relativi decreti attuativi con i quali si trasferivano ad
altri le mansioni fino a quel momento a loro carico.
Gli uomini
del CFS erano, alla data del 31 dicembre 2016, su tutto il territorio
nazionale, ottomila: poi sono
stati distribuiti tra il Corpo dei Vigili
del Fuoco (360 appena),
la Pubblica Amministrazione (circa
1240), mentre la maggior parte è confluita nel corpo dei Carabinieri, ben 6400.
Se a fronte di questa situazione
aggiungiamo le difficoltà legate al passaggio di proprietà dei mezzi del CFS ai
vari altri corpi, abbiamo la quadratura del cerchio.
Intervento elicottero della Regione Calabria nella valle del Raganello (immagine archivio Pisarra ) |
Nel 2016 il CFS poteva mettere a disposizione dello
Stato una flotta di 32 elicotteri, di cui 30 in grado di intervenire prontamente
per spegnere gli incendi. Dal primo gennaio 2017 sono stati acquisiti in
proprietà dai Carabinieri, che ne hanno trattenuti per sé solo 13,
convertendoli però per altre finalità.
Una riforma fatta a tavolino senza avere una visione
ampia d’insieme, senza tener conto delle complicanze burocratiche ha messo in
ginocchio l’intero territorio nazionale.
Ma chi scrive le norme per i ministeri competenti è …
competente?
Sembra proprio di no!
Perché, a guardarla con una certa distanza, questa
riforma, pare abbia voluto solo favorire l’Arma dei Carabinieri che ha fatto
incetta di uomini, mezzi e strutture a costo zero, mentre lo Stato, in
concreto, non ha visto alcun risparmio e in molte circostanze i costi si sono
anche raddoppiati. Infatti, in molti paesi, per rimanere nel nostro Pollino,
dove per anni sono state presenti entrambe le caserme, il risultato è stato che
tuttora continuano ad esistere le due strutture. Quindi se il principio sotteso
a quella riforma doveva essere il risparmio, finora questo obiettivo non è
stato certamente raggiunto.
Anzi, si sono aggravati i costi in quanto, se
consideriamo per esempio anche i protocolli di volo, poiché essi erano
differenti per il CFS e i Vigili del Fuoco, ciò ha comportato che molti piloti abbiano
dovuto rivedere le procedure e questo ha creato seri ritardi.
La prima parte dell’anno in corso ha visto impegnato
il legislatore ha riassegnare ruoli e competenze, un tempo svolte dal CFS, e così
tutto quanto concerne la manutenzione dei velivoli è stata accantonata.
Conclusione? Gli elicotteri sono parcheggiati negli
hangar in attesa di un certificato; le camionette, le autobotti e altri mezzi sono
da ritargare, revisionare e in attesa che la tassa di circolazione sia in
regola… mentre i boschi sono in fiamme.
Gli effetti nefasti della Riforma Madia sono ancora
più devastanti per le Regioni alle quali compete il servizio di gestione
dell’antincendio boschivo e che sono obbligate a mettere a punto ogni anno un
piano.
E qui abbiamo la solita situazione a due o tre
velocità.
Alcune regioni – come il Veneto e la Toscana –
hanno deciso, nel tempo, di organizzarsi in maniera sempre più autonoma,
facendo affidamento sui propri dipendenti o sui volontari della Protezione Civile.
La maggior parte di esse, però, continua a scegliere
la soluzione più classica delle convenzioni.
La Calabria, come anche la Basilicata, ha approvato il
Piano AIB solo lo scorso 11 luglio.
In questi giorni poi, sono apparsi in tutti gli spazi
di affissione comunali, i soliti manifesti della regione Calabria che ordina ai
cittadini di non bruciare stoppie tra il 15 giugno e il 15 ottobre.
Elicottero in azione (archivio Pisarra) |
A ciò bisogna aggiungere il ruolo degli Enti Parco:
questi hanno speso negli ultimi anni fior di quattrini acquistando mezzi,
attrezzature e strumenti (perfino un drone) per spegnere gli incendi, affidando
tutto in convenzione a gruppi di volontari i quali, dopo l’entusiasmo iniziale,
si sono andati dileguando.
Risultato di tutto questo è che si fa fatica a coprire
con il volontariato l’intero territorio. Infatti, dopo la manifestazione di
interesse scaduta alla fine di febbraio, la stipula delle convenzioni è stata
fatta solo lo scorso 11 luglio, in piena campagna di fuoco.
Vi pare possibile?
Il mio quesito è: il ruolo di questi enti intermedi
qual è? Se il fuoco “parte” fuori dal
perimetro del Parco questi volontari possono intervenire? Quali sono le regole
d’ingaggio?
Per fortuna la tenzone tra gli abitanti del Parco
e l’Ente di gestione è da tempo scemata, nel senso che le comunità, da questo Parco
(come anche da altri), non si aspetta più niente di utile e di nuovo per il
miglioramento della propria qualità di vita e di reddito, e la popolazione
continua a emigrare come e più di prima.
A ciò si aggiunge anche il fatto che, in molti, per
quest’anno stanno decidendo di cambiare zona per le proprie vacanze perché il
Pollino brucia.
A nulla valgono le mie precisazioni, come del resto quelle
di tanti altri colleghi, che il Pollino, inteso come gruppo montuoso, non è interessato
dal fuoco: sta bruciando la Calabria perimetrale ai centri abitati e i terreni
abbandonati per i quali il fuoco rimane la soluzione più semplice per farvi
pulizia.
Tutto perché è stata abolita l’AFOR con il proprio
sistema di vedette territoriali in costante collegamento con una centrale
operativa; sono andati in pensione generazioni di operai forestali addestrati a
combattere il fuoco, sono andate perse conoscenze che ora è difficile
recuperare.
Sarebbe bastato mantenere quello che viene indicato
come “l’affiancamento”: un tempo quando una persona stava per raggiungere la
data del pensionamento le veniva posta accanto un’altra persona a cui man mano
venivano consegnati strumenti, conoscenze e metodo di lavoro.
Oggi, si cancella il passato, si riforma (mai parola è
stata più abusata negli ultimi tempi!) a favore di un presente senza un futuro.
Grazie Emanuele per la tua analisi attenta e precisa......tant'è
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RispondiEliminaOttima analisi, situazione disastrosa aggravata dall'incompetenza di chi ci amministra, #NoMaRivotateli
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