In questi giorni è in discussione presso la
Conferenza Stato-Regioni la nuova bozza del “Piano per la conservazione e
gestione del lupo”.
Dalla precedente bozza, dove qualche
pseudo illuminato aveva proposto l’abbattimento selettivo di un certo numero di
capi all’anno, alla situazione attuale il problema di fondo è rimasto
invariato: dove sono le risorse economiche per aiutare e prevenire i conflitti
con gli allevatori e bloccare il bracconaggio?
Tutte le norme, quando non sono
accompagnate da sanzioni e fondi, sono inutili e dannose.
Giovane lupo (foto dal web) |
Argomento delicatissimo e fondamentale è
l’intento di porre alcuni paletti tra le attività produttive e la presenza
della fauna selvatica.
Il successo dell’ “Operazione San
Francesco”, che ha dato avvio nel 1970 al ripopolamento del lupo in Italia e al
suo ritorno in quasi tutto l’Appennino, negli stessi anni in cui si registrava
il picco dell’abbandono della montagna da parte dell’uomo, ha segnato anche gli
scontri tra gli allevatori e il riproporsi di atti di bracconaggio.
Un Piano, senza risorse economiche per
l’attuazione delle diverse misure da esso previste, è destinato a fallire
com’era già fallito quello emanato nel 2002. A leggerlo nei dettagli la cosa
più eclatante di questo nuovo Piano è al Cap. III.7 relativo alle “Deroghe
al divieto di rimozione di lupi dall’ambiente naturale”: una vera e
propria assurdità sostenuta dalla direttiva “Habitat” dell’Unione Europea che
prevede la possibilità di uccidere un certo numero di lupi in aree a forte
conflitto con gli allevatori.
Per fortuna in Italia il nostro
Ministero dell’Ambiente non si è mai avvalso di questa Direttiva europea perché
in molti sono sicuri che questa specie non sia fuori pericolo, giacché si
contano ancora oltre un centinaio di esemplari morti per cause non naturali.
Invece del problema del randagismo canino, molto più grave, il nuovo Piano in
discussione non ne fa alcun cenno limitandosi ad un generico e, non vincolante,
criterio sulla valutazione di dati relativi alla “Presenza di cani randagi e
vaganti”.
Per cui, se il Piano non trova fondi per
un protocollo operativo tra i vari enti per sostenere azioni innovative tese
alla riduzione dei danni e applicare metodiche di accertamento e indennizzo,
già sperimentate positivamente nelle aree protette attraverso l’esperienza del
progetto comunitario “Life Wolfnet” inevitabilmente apre la strada
all’abbattimento.
E a farne le spese, come sempre, sarà
solo il lupo.
PS
Questo articolo esce in formato cartaceo su PASSAMONTAGNA - Periodico del Club Alpino Italiano - sezione di Castrovillari, numero 1/2017
Questo articolo esce in formato cartaceo su PASSAMONTAGNA - Periodico del Club Alpino Italiano - sezione di Castrovillari, numero 1/2017
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