Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.

Art. 21 della Costituzione della Repubblica italiana

Io sono sempre dello stesso parere: sino a quando non sarà rinnovata la nostra classe dirigente, sino a quando le elezioni si faranno sulla base di clientele, sino a quando i Calabresi non indicheranno con libertà e coscienza i loro rappresentanti, tutto andrà come prima, peggio di prima.
Umberto Caldora (lettera a Gaetano Greco Naccarato, 1963)

martedì 22 ottobre 2024

Erasmus+ BESTNATURE nelle Aree Protette del Sud Italia: un progetto formativo internazionale

 In questo sgangherato Paese, soprattutto nelle aree protette, a parte i “mali di stagione” come gli incendi, la siccità, la mancanza di neve, le scarse piogge estive, la carenza ormai cronica di risorse all’improvviso, mentre stai facendo una camminata in quota, affaticato dalla salita e dalla calura, si sentono voci e parole concitate e indistinte dagli accenti sconosciuti.

Best Nature. Foto di gruppo (Photo Luigi Di Battista)

Pensi al classico colpo di calore, che provoca allucinazioni e dubbi, dato il luogo dove l’altitudine e la radura a forma ellittica si prestano a fare da camera di risonanza. Ma nulla di tutto ciò. La curiosità è tanta che quasi meccanicamente mi dirigo verso quel “vociare”. Man mano che mi avvicino si sentono tantissime voci giovanili in diverse lingue. Oltre all’inglese, che mi è noto, sento anche altri idiomi.

Ho da subito l’impressione che si tratti di voci giovanili. Ancora pochi minuti di salita tra alberi giganteschi, che formano una faggeta spettacolare, ed ecco svelato il mistero: un nutrito gruppo di giovani ascolta, ora in religioso silenzio, il docente che, in perfetto inglese, spiega e illustra i metodi di studio per conoscere l’età degli alberi, ascoltare il silenzio del bosco e sviluppare modelli e metodi didattici innovativi che hanno come obiettivo la conservazione della biodiversità e lo studio degli ecosistemi.

Esemplare unico di faggio (Photo archivio Pisarra) 

 Ragazzi e ragazze, sicuramente stanchi, ma entusiasti, perché arricchiti di esperienze, conoscenze, impressioni. “Sono molto contento di questa iniziativa che stiamo portando avanti per far conoscere a questi giovani, futuri operatori delle aree protette e provenienti da diverse realtà europee – mi racconta Aldo Schettino, dirigente forestale dell’Ente Parco nazionale del Pollino, uno dei principali attori protagonisti  e che è lì con i ragazzi perché siano consapevoli del patrimonio ambientale che il nostro parco mette a disposizione e affinché possano trarre insegnamenti utili per il loro futuro professionale”.  Apprendo anche che questi sono gli ultimi giorni della prima settimana sul campo di BESTNATURE organizzata all’interno del progetto Erasmus+ (Boosting EU Biodiversity Strategy by empowering high education curricula and green skills for nature protection and restoration).

Una settimana intensa, ricca di appuntamenti e luoghi visitati dalle faggete vetuste nel Parco nazionale del Pollino alla Riserva Naturale Orientata del fiume Argentino alla Riserva Naturale Regionale Foce del Fiume Crati.

Faggeta vetusta (Photo archivio Pisarra)

 A questa iniziativa, che rientra nel progetto BESTNATURE, coordinato dal Dipartimento di Scienze Ecologiche e Biologiche (DEB) dell’Università degli Studi della Tuscia, hanno partecipato l’Alma Mater Studiorum - Università di Bologna e il Raggruppamento Biodiversità del CUFAA, l’Univer
sità di Passau (Germania), l'Università di Graz e di Scienze Applicate della Carinzia (Austria) e la start-up E.C.O. Institut for Ecology (Austria). Trenta studenti appassionati, con competenze trasversali fondamentali, provenienti da Italia, Austria e Germania mi racconta il prof. Gianluca Piovesan –, sono stati coinvolti nelle attività sul campo, al fine di avere un quadro completo sulla conservazione della biodiversità e la protezione degli ecosistemi, fondamentali per raggiungere gli obiettivi della Strategia Europea per la Biodiversità 2030.

 La varietà di ecosistemi, dalla faggeta vetusta UNESCO del Pollinello dove sono state prelevate carote legnose per l’analisi dendrocronologica e campioni di sedimento in aree umide, per la ricostruzione ecologica dell’ambiente legato alle passate interazioni uomo-ambiente fino agli ecosistemi dunali e fluviali, ha permesso, inoltre, agli studenti di entrare in stretto contatto con un vasto panorama di tecniche per il monitoraggio della biodiversità nei complessi paesaggi mediterranei.

Studenti in visita all'Ecomuseo del Pollino

A questa attività di ricerca sul campo è stata associata anche la visita a diversi musei dislocati sul territorio, tra i quali il Museo Geo-Paleontologico di Rotonda (PZ), il Museo del Mare della Riserva della Foce del Fiume Crati (Cassano all’Ionio, CS), l’EcoMuseo del Parco Nazionale del Pollino (Rotonda, PZ). In questo caso gli studenti hanno avuto modo di riflettere sul ruolo che i musei giocano nel coinvolgere i cittadini sul tema della conservazione della biodiversità. In ultima analisi tale esperienza molteplice e interdisciplinare è servita per acquisire una metodologia da utilizzare per valutare lo stato di salute degli ecosistemi, permettendo loro di comprendere l’importanza del monitoraggio nel garantire l’efficacia della gestione delle aree protette. Infine, questo progetto ha l’ambizione di fornire ai futuri professionisti e ricercatori competenze avanzate sul monitoraggio della biodiversità e sulla gestione sostenibile degli ecosistemi. Con il superamento di un esame finale, gli studenti entreranno a far parte di un network internazionale che potrà contribuire alle sfide presenti e future della transizione ecologica. I dati raccolti nel corso della settimana di rilevamenti saranno analizzati dagli studenti e pubblicati in un Report finale.

Foce del Crati (Foto Piovesan)

Ecco, torno a casa sentendomi orgoglioso perché, una volta tanto, il nostro parco svolge il ruolo che si confà ad un’area protetta: illustrare alle nuove generazioni l’importanza della biodiversità, definire i compiti e lo spirito che anima tutti coloro che si prodigano affinché questo nostro patrimonio naturale sia conosciuto fuori dai suoi confini.

Emanuele Pisarra

 

mercoledì 18 settembre 2024

Cammino dunque sono

 “Camminare non è semplicemente terapeutico per l’individuo, ma è un’attività poetica che può guarire il mondo dei suoi mali” (Bruce Chatwin) 

Non voglio mancare di rispetto a Cartesio o a Chatwin attribuendo al camminare il potere di accrescere, in chi l’ammetta, la cognizione di essere al mondo, perché la filosofia si è sempre occupata di pensare, riflettere sui cambiamenti, sul tempo scandito dai passi, sul dirigersi verso una meta o errando senza sosta nella sua ricerca. Già Platone riteneva che il camminare fosse una saggia attività da coltivare, certo che fosse una grande occasione per l’educazione a ragionar di sé.

 “L’atto del camminare si rivela dunque, ancora una volta, una grande metafora filosofica della condizione umana. Dove la strada, il sentiero, la sosta, gli incontri – scrive il filosofo Duccio Demetrio – si fanno simboli variabili del nostro rapporto meditativo e pensoso o, viceversa, distratto e irriflessivo, con le cose e gli altri”[1].   

Sempre per rimanere in tema, c’è chi si è affidato al Salmo 31: “Io ti darò l’intelligenza e ti insegnerò la via, per cui tu hai solo da camminare”. C’è anche chi si preoccupa di trovarsi completamente perso, senza più “retto sentiero” (Sura II). Poi, esiste un altro camminatore che della propria solitudine si è fatto carico, indifferente al divino.

Infine, esiste la strada. Come la vita.

Da ragazzi, i nostri genitori, non raccomandavano altro che di seguire “la strada”, non “mettersi su una brutta strada”, non “lasciare la via vecchia per la nuova”.

Ovviamente, sono tanti quelli che desiderano fare esperienze, che “vogliono” perdersi, che sono (o si sentono) “discoli” e che, non avendo la strada spianata da altri e sentendosi “costruttori”, provano a realizzarla “a misura” dei propri passi.

Ci scopriamo così socratici nel piacere del colloquiare camminando: pellegrini nel raggiungere luoghi santi o memorabili; vagabondi romantici: con Goethe, Rousseau, Thoreau; alpinisti: con Messner, Bonatti, Mauri… esploratori: con Colombo, Magellano o Terziani.

Invece, se è il contatto con la natura che andiamo ricercando, la nostra bella Calabria offre “strade” di grande rispetto, immerse nel silenzio più profondo e quasi sacrale, tra boschi meravigliosi, habitat unici e, oserei dire, quasi desertici per lo spopolamento che in questo periodo storico sta attraversando la nostra regione.

Per esperienza diretta, proprio per quello spirito da ‘disubbidente’ di dannunziana memoria, se dovessi consigliare a un visitatore un modo per scoprire la nostra Calabria, senza ombra di dubbio gli consiglierei di attraversarla camminando, di ’perdersi’ nelle sue viscere, nella sua storia, nei suoi paesaggi, nel suo mare.   

Camminare, semplicemente!

Perché camminare non vuol dire solo sfidare i limiti del proprio corpo, della mente; significa anche sentire l’adrenalina, avere la contentezza di aver superato un limite, conquistato una cima, scalato una parete. Significa aver ascoltato il rumore del vento, colto la differenza tra i vari odori del sottobosco, il canto di uccelli colorati e sconosciuti che danzano nel cielo azzurro. Significa, ancora, sentire la pioggia battente sul proprio corpo, percepire il freddo, sentire il profumo delle ginestre in fiore, stupirsi davanti a un prato multicolore di orchidee o di peonie. 

Camminare è un incontro con il mondo e, soprattutto, con sé stessi; con un vecchio pastore, desideroso di parlare con qualcuno che non sia il suo gregge, per scambiare informazioni, curiosità, notizie, pensieri e porre domande.

“Perché sei in cammino? Cosa ti spinge a lasciare la città, il comfort e andartene in giro per il mondo da solo, affrontando pericoli e spese?” Spesso mi sono sentito porre queste domande e ho provato a dare risposte; ma non so se ho soddisfatto le curiosità e i dubbi.

Con sè stessi, invece, è molto più difficile darsi una risposta. Una cosa però è certa: il camminare per me è essenziale! e direi che lo è per l’uomo. Perché la lentezza del cammino o la velocità di spostamento, ti porteranno lontano, a incontrare luoghi, persone, idee che mai saresti riuscito ad avvicinare stando fermo.

Camminare è un modo profondo per aumentare il proprio benessere, quello che i giapponesi hanno teorizzato come shinrin-yoku e che gli americani definiscono come forest bathing. Scrive Rebecca Solnit, autrice di una Storia del Camminare, “Una gamba è il pilastro che sostiene il corpo eretto tra cielo e terra. L’altra, un pendolo che oscilla da dietro. Il tallone tocca terra. Tutto il peso del corpo rolla in avanti sull’avampiede. L’alluce prende il largo, ed ecco, il peso del corpo, in delicato equilibrio, si sposta di nuovo” [2].


Questo è il ritmo del camminare che ben si sposa sulle nostre montagne, palestre per tutti i gusti. Senza bisogno di particolari allenamenti, strategia o attrezzatura tecnica molto costosa. Paolo Rumiz, in occasione della presentazione della “Via Appia” a Matera, in un incontro di qualche anno fa, a una domanda di una astante su quale tipo di allenamento fosse necessario per percorrere la prima strada al mondo, stupì tutti con la sua risposta: “Nessuna”. Poi, però, Rumiz fornì la sua particolare spiegazione che, in modo sintetico, ripeteva un concetto caro al poeta Machado, il quale sosteneva che la via non esiste, si va.

Camminare significa anche vagabondare. Magari facendo un ‘Cammino’, che si sviluppa a mezzacosta e che ha come punti di partenza e arrivo piccoli paesi, dove il tempo scorre con altri ritmi… Significa fermarsi nell’unico bar del paese, sedersi ed ascoltare il dialetto del luogo, fare una partita a carte, osservare come i giocatori si scambino segni per comunicare al partner le carte in proprio possesso. Significa sobbalzare sulla sedia quando l’avversario butta la carta sul tavolo con un forte scoccare di nocche. E, infine, contare le carte, per sottolineare con molta soddisfazione la vincita della “mano”. Premio in palio: un bicchiere di birra ghiacciata.

 Il giorno dopo, pronti per una nuova tappa, si va presso l’unico negozio di generi alimentari del luogo per acquistare un panino ben imbottito di prodotti tipici locali, ascoltare le altre persone in fila e partecipare alla discussione sull’argomento del giorno. Quindi, si riprende il cammino. “Non riesco a meditare se non camminando. - Osservava Jean-Jacques Rousseau nelle sue Confessioni – Appena mi fermo, non penso, più, e la testa se ne va in sincronia coi miei piedi”.  E nel camminare in Calabria, spesso, pensi, osservi, come il paesaggio stia cambiando, a causa della più o meno estesa assenza dell’uomo per decine di chilometri quadrati, ma le cui tracce passate si notano ancora oggi.

E ti chiedi come mai questo stia accadendo proprio ora, nonostante i tanti aiuti economici erogati da parte del governo in carica con anche l’aiuto dell’Unione Europea.

Poi ti fermi a parlare con l’unico uomo che abita questi posti e ritorni con i piedi per terra: quando di fronte al quesito su quali siano i motivi per cui in molti abbandonano le terre, scopri che uno di questi è il problema dei cinghiali in sovrannumero, una vera e propria piaga.

All’improvviso il suono del clacson di un’auto in arrivo ti distoglie dai tuoi pensieri e, vedendo che si tratta del furgone del servizio postale, tiri un sospiro di sollievo e dici: meno male che lo Stato c’è e che collega questi luoghi sperduti con il resto del mondo.

Nell’andare, all’improvviso, dietro una curva, appare, in lontananza un maniero. Perfettamente conservato, con torri merlate, antico, imponente, che domina il piccolo centro abitato che si snoda arroccato ai suoi piedi. Il pensiero è subito uno: “Appena arrivo, andrò a visitarlo”; ma, immancabilmente, lo trovi chiuso per mancanza di personale.

Epperò, in Calabria mai perdersi d’animo: basta chiedere in giro e subito qualcuno fornirà il numero di telefono di un responsabile della locale Proloco che potrebbe avere la chiave. E in men che non si dica, ecco arrivare un volontario pronto ad aprire e a raccontare la storia di quella struttura. E così, hai la sensazione che quel posto sia l’ombelico del mondo.

Rousseau definisce il camminare sia come esercizio di semplicità sia come mezzo di contemplazione e di incontri. E, a distanza di due secoli dal filosofo francese, Pino Cacucci (autore, tra l’altro, di Puerto Escondido, da cui Gabriele Salvatores ha tratto il film omonimo) racconta del suo senso del viaggio che sta nel fermarsi ad ascoltare chiunque abbia una storia da raccontare sulla propria vita e le passioni che l’hanno segnata, per poterla rinarrare e sottrarre così all’oblio.

Invece Erling Kagge, esploratore e prolifico scrittore, sostiene in uno dei suoi ultimi libri come il Camminare sia diventato un gesto sovversivo. Non serve essere atleti professionisti, aver scalato l’Everest o raggiunto il Polo Nord. Basta decidere di rinunciare a qualche comodità e spostarsi a piedi ogni volta che è possibile. Chi cammina gode di migliore salute, ha una memoria più efficiente, è più creativo.

E allora benvenuto Cammino!

Emanuele Pisarra

 

 

 

 

 

 

 

 

Testi consigliati:

·         P. Cacucci, Camminando. Incontri di un viandante, Feltrinelli, Milano, 2002

·         S. Dalla Porta Xidias, Metafisica della Montagna, Club Alpino Italiano, Milano, 2008

·         D. Demetrio, Filosofia del camminare, esercizi di meditazione mediterranea, Raffaello Cortina Editore, 2005

·         E. Kagge, Camminare: un gesto sovversivo, Einaudi, Milano, 2018

·         E. Pisarra, A piedi sul Pollino, Edizioni Prometeo, 2001

·         J. J. Rousseau, Le Confessioni, Garzanti, Milano, 1976

·         R. Solnit, Storia del camminare, Bruno Mondadori, Milano 2002

·         H. D. Thoreau, Camminare, a cura di Franco Meli, SE, Milano, 1989

·         F. Tomatis, Filosofia della montagna, Tascabili Bompiani, Milano, 2005



[1] Duccio Demetrio, Filosofia del camminare, esercizi di meditazione mediterranea Raffaello Cortina Editore, 2005, p 11?

[2] Rebecca Solnit, Storia del camminare, Bruno Mondadori, Milano, 2002, p. 17 ?

martedì 6 agosto 2024

Pollino. Nuova Carta escursionistica

  POLLINO

Carta generale 1:90.000

Con carta di dettaglio in scala 1:35.000.

 Include sentieri CAI, Cammino Baslinao, geositi del Parco nazionale del Pollino

 

La Casa editrice Prometeo di Castrovillari ha dato alle stampe una nuova CARTA ESCURSIONISTICA del Parco nazionale del Pollino. La carta è stata realizzata, con le più moderne tecnologia GIS, dalla Acalandros Map Design in collaborazione con il CAI.


La carta si propone con due tavole: in un lato è rappresentata l’intera  REI (Rete Escursionistica Italiana), riguardante una parte del territorio calabrese – in scala 1:90.000 - ricadente nel perimetro del Parco nazionale del Pollino, ricavata dalla elaborazione in ambiente GIS dei dati del CATASTO GENERALE DEI SENTIERI fatto predisporre, a suo tempo dai consulenti nominati dalla direzione dell’Area Protetta. Oltre 187 sentieri per poco più di mille chilometri. Questi tracciati la carta li rappresenta in vario modo: ci sono i sentieri segnati e manutenuti in più riprese dal nostro Sodalizio in tratto rosso continuo con la bandierina con il numero; poi c’è la rete sentieristica completa ma ancora non segnata sul campo (tratteggio rosso).

A questa rete si aggiunge la traccia del CAMMINO BASILIANO che attraversa l’area protetta più estesa d’Italia.

Inoltre, include, i siti di interesse geologico riconosciuti dall’UNESCO (geositi).

E riporta la ubicazione degli alberi monumentali del Parco.

 Inoltre in questa pagina è stata data particolare attenzione alla rete viaria di vario ordine in modo che si possano raggiungere le località più importanti per poi intraprendere le escursioni desiderate sui sentieri numerati senza difficoltà alcune.

Infine, è stato dato rilievo al Sentiero Italia almeno per quanto riguarda il tratto che attraversa l’Area Protetta. Per ultimo la Carta Generale riporta anche una sintesi della vegetazione: sono stati scelti - in funzione alla maggiore estensione - le aree boscose a conifere e a latifoglie, le superfici a pascolo e le praterie. Sono segnati anche tutti i rifugi presenti sul territorio.


Nella tavola di dettaglio – in scala 1:35.000 – troverete la carta dei Sentieri del settore Sud-Est del Parco nazionale del Pollino. Qui ci sono la maggior parte dei sentieri segnati con le bandierine del nostro Sodalizio e numerate secondo i criteri del CAI.

Inoltre, alle località di partenza vi sono anche i grandi tabelloni che illustrano gli itinerari dell’Ente parco. In questa tavola le isoipse hanno una equidistanza di 20 metri. La carta contiene anche uno specchietto con gli indirizzi utili con numeri di telefono, mail e siti di riferimento. 

Per ultimo, le coordinate geografiche sono riferite all’ellissoide internazionale WGS 84. Il reticolato di riferimento è U.T.M. – Fuso 33.

mercoledì 31 luglio 2024

Un esploratore ... sul Pollino

 
Premetto che in genere non scrivo la recensione di un libro appena letto.

Mi piace leggere e molto…la mia curiosità spazia dalla saggistica alle spy story, dalla letteratura contemporanea a biografie di uomini (e donne) del nostro tempo.

Da Montanelli a Travaglio; da Colvin a Ciconte, a Carrère, a Covacich …

Ovviamente, buona parte è dedicata a tanta letteratura di montagna: da Buzzati a Mario Rigoni Stern; da Cognetti a Corona, a Mancuso, alla Simard e tanti altri.

Ma un testo che in questi giorni mi ha veramente colpito, per la perfezione assoluta della padronanza della lingua, per la descrizione in dettaglio della flora e del paesaggio, di uomini e storie, e perché mi sono ritrovato nella comunanza dei luoghi e della passione botanica è il volume di Luigi Troccoli, Lettere dalla montagna in fiore, edizioni Prometeo, Castrovillari, pagine 180, edito a febbraio di quest’anno.

Semplicemente fantastico.

Un esploratore (Giorgio), la fidanzata (Scilla), l’automobile (la Dyane) e il Pollino.

Nel mezzo il racconto di tanti personaggi, avvenimenti, situazione e descrizioni geopolitiche di oltre mezzo secolo di storia.

Tutti i racconti si aprono con un disegno di una pianta, realizzato da Saverio Santandrea e una citazione colta.

Il racconto parte dall’incontro felice di Giorgio con un anziano raccoglitore di genziana alla fine di novembre, a Piano Ruggio. Mirabile descrizione del luogo e della giornata (“lo sguardo non aveva via d’uscita se non verso l’alto, dove, quel giorno, il cielo di un azzurro cobalto copriva quello scrigno di quiete, di verde, di immota natura senza tempo, senza età per essere lapidariamente immune da segni o impronte che ne suggerissero una storia, ricordassero un evento, rivelassero la mano fattrice dell’uomo”). “Raccolgo l’Egiziana per fare soldi”. “E come li fate i soldi con l’Egiziana?”.  “Vendendola alle farmacie”. Finalmente capii che l’Egiziana non era altro che la Gentiana lutea.

Altro capitolo, che si apre anch’esso con un rimando colto:

“Pietro Andrea Mattioli, senese, nel 1568 si chiedeva se esistessero due sabine, poiché gli antichi riferivano che ce ne era una con le bacche e un’altra senza e le disegnò entrambe nella sua opera “I discorsi nelli sei libri di Pedacio Dioscoride Anazarbeo”.

Finalmente si è scoperto che la sabina non è altro che lo Juniperus sabina, rara in Italia, ma forse, presente sui monti del Sud.

I due protagonisti (Giorgio e Scilla) sempre a bordo della mitica Dyane, non avevano in mente di cercarla, ma avevano voglia di montagna, salire una cima e affacciarsi dalla sua sommità … “la vetta della timpa non aveva l’acutezza gotica delle guglie dolomitiche… era una linea di vetta lunga, distesa, senza aggetti verso l’alto, ma delimitata, da una parte, dal dorso di una montagna che si innalza da cumuli di argilla e campi stretti e sassosi; dall’altra, ingoiata dal vuoto. Un taglio immenso, netto, verticale, un baratro diritto, senza appigli, levigato dal demonio, un filo a piombo di geometrica precisione inabissava testa, ventre, piedi di quella maestosa timpa, direttamente dal cielo, terso, quel giorno, imbacuccato da cirri e nuvole, altri giorni, nella pancia molle del turbolento e capriccioso, incostante e traditore torrente, che gli strisciava sotto, torbido e violento come gli autunni di quelle montagne”.

Seguono: La corazza che accomuna (Fagus sylvatica), l’amazzone di fuoco (Pinus Leucodermis), il pastorello immolato (Diantus ferrugineus)…

ognuno è davvero un tuffo in una prosa fresca e poetica che regala un po’ di felicità!

Da leggere, assolutamente! anche sotto l’ombrellone.

 

Luigi Troccoli

Lettere dalla montagna in fiore

Edizioni Prometeo, Castrovillari (CS), 2024, pag. 180