Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.

Art. 21 della Costituzione della Repubblica italiana

Io sono sempre dello stesso parere: sino a quando non sarà rinnovata la nostra classe dirigente, sino a quando le elezioni si faranno sulla base di clientele, sino a quando i Calabresi non indicheranno con libertà e coscienza i loro rappresentanti, tutto andrà come prima, peggio di prima.
Umberto Caldora (lettera a Gaetano Greco Naccarato, 1963)

mercoledì 31 luglio 2024

Un esploratore ... sul Pollino

 
Premetto che in genere non scrivo la recensione di un libro appena letto.

Mi piace leggere e molto…la mia curiosità spazia dalla saggistica alle spy story, dalla letteratura contemporanea a biografie di uomini (e donne) del nostro tempo.

Da Montanelli a Travaglio; da Colvin a Ciconte, a Carrère, a Covacich …

Ovviamente, buona parte è dedicata a tanta letteratura di montagna: da Buzzati a Mario Rigoni Stern; da Cognetti a Corona, a Mancuso, alla Simard e tanti altri.

Ma un testo che in questi giorni mi ha veramente colpito, per la perfezione assoluta della padronanza della lingua, per la descrizione in dettaglio della flora e del paesaggio, di uomini e storie, e perché mi sono ritrovato nella comunanza dei luoghi e della passione botanica è il volume di Luigi Troccoli, Lettere dalla montagna in fiore, edizioni Prometeo, Castrovillari, pagine 180, edito a febbraio di quest’anno.

Semplicemente fantastico.

Un esploratore (Giorgio), la fidanzata (Scilla), l’automobile (la Dyane) e il Pollino.

Nel mezzo il racconto di tanti personaggi, avvenimenti, situazione e descrizioni geopolitiche di oltre mezzo secolo di storia.

Tutti i racconti si aprono con un disegno di una pianta, realizzato da Saverio Santandrea e una citazione colta.

Il racconto parte dall’incontro felice di Giorgio con un anziano raccoglitore di genziana alla fine di novembre, a Piano Ruggio. Mirabile descrizione del luogo e della giornata (“lo sguardo non aveva via d’uscita se non verso l’alto, dove, quel giorno, il cielo di un azzurro cobalto copriva quello scrigno di quiete, di verde, di immota natura senza tempo, senza età per essere lapidariamente immune da segni o impronte che ne suggerissero una storia, ricordassero un evento, rivelassero la mano fattrice dell’uomo”). “Raccolgo l’Egiziana per fare soldi”. “E come li fate i soldi con l’Egiziana?”.  “Vendendola alle farmacie”. Finalmente capii che l’Egiziana non era altro che la Gentiana lutea.

Altro capitolo, che si apre anch’esso con un rimando colto:

“Pietro Andrea Mattioli, senese, nel 1568 si chiedeva se esistessero due sabine, poiché gli antichi riferivano che ce ne era una con le bacche e un’altra senza e le disegnò entrambe nella sua opera “I discorsi nelli sei libri di Pedacio Dioscoride Anazarbeo”.

Finalmente si è scoperto che la sabina non è altro che lo Juniperus sabina, rara in Italia, ma forse, presente sui monti del Sud.

I due protagonisti (Giorgio e Scilla) sempre a bordo della mitica Dyane, non avevano in mente di cercarla, ma avevano voglia di montagna, salire una cima e affacciarsi dalla sua sommità … “la vetta della timpa non aveva l’acutezza gotica delle guglie dolomitiche… era una linea di vetta lunga, distesa, senza aggetti verso l’alto, ma delimitata, da una parte, dal dorso di una montagna che si innalza da cumuli di argilla e campi stretti e sassosi; dall’altra, ingoiata dal vuoto. Un taglio immenso, netto, verticale, un baratro diritto, senza appigli, levigato dal demonio, un filo a piombo di geometrica precisione inabissava testa, ventre, piedi di quella maestosa timpa, direttamente dal cielo, terso, quel giorno, imbacuccato da cirri e nuvole, altri giorni, nella pancia molle del turbolento e capriccioso, incostante e traditore torrente, che gli strisciava sotto, torbido e violento come gli autunni di quelle montagne”.

Seguono: La corazza che accomuna (Fagus sylvatica), l’amazzone di fuoco (Pinus Leucodermis), il pastorello immolato (Diantus ferrugineus)…

ognuno è davvero un tuffo in una prosa fresca e poetica che regala un po’ di felicità!

Da leggere, assolutamente! anche sotto l’ombrellone.

 

Luigi Troccoli

Lettere dalla montagna in fiore

Edizioni Prometeo, Castrovillari (CS), 2024, pag. 180

 

 

giovedì 11 luglio 2024

Lettera aperta al Ministro dell'ambiente on Gilberto Pichetto Fratin

 

Dalla stampa apprendo che il Suo interesse verso le aree protette della nostra Nazione è un po’ scarsetto in quanto le Sue attenzioni sono rivolte verso il nucleare, magari di quarta o forse quinta generazione.  Non importa cosa ciò voglia dire e, soprattutto, pare proprio che Lei non si preoccupi dei tempi, nel senso che, implementare una tale tecnologia e metterla poi in produzione, vuol dire mettere in conto almeno venti anni e diversi miliardi di euro.

Vengo, però, alla questione principale, oggetto di questa lettera: i parchi nazionali.

Come Lei certamente saprà, l'Italia ne ha venticinque sparsi tra le Alpi e le isole. .

Molti sono, a tutt’oggi, privi della figura del direttore, in altri manca il presidente; in alcuni è persino assente un Suo rappresentante (in quello del Pollino, in cui vivo e lavoro, mancano tutti e tre).

Eppure il suo Dicastero è, tra le altre cose, l'organo di vigilanza per la corretta attuazione delle norme di gestione del territorio ricadente all'interno del perimetro di un’area protetta.

Tralascio tutti gli altri problemi che affliggono tali aree, per evidenziarne intanto uno: la mancanza del direttore. Ebbene questa figura squisitamente ‘tecnica’ è sempre in balia del vento ‘politico’ del periodo.   Converrà che ormai è giunto il momento di bandire un concorso per titoli e per esami per nominare questa determinante figura che manca nella nostra pubblica amministrazione.  La presenza di un tale dirigente in ogni area protetta sarebbe la garanzia di avere una valida figura amministrativa per almeno trent'anni, e non credo che l'assunzione di venticinque funzionari possa provocare una voragine nelle casse dello Stato.

Vorrei portare alla Sua attenzione anche una serie di situazioni che si sono venute a creare in seguito alla soppressione, per esempio, delle Comunità montane nel Meridione con il passaggio delle loro competenze ai nuovi enti parco.

Se a questo aggiungiamo la programmata sopressione delle Province è facile immaginare come tutte le aspettative sorte nella comunità locali, con la creazione di questi nuovi Enti, siano andate puntualmente deluse. Perché, come al solito, la riforma è stata realizzata a metà: nel senso che, per tutta la vacatio normativa in seguito al tentativo fallito di abolire le province, gli enti parco si sono accollati le tante e varie esigenze del territorio, appaltando strade, spendendo denari nelle più svariate iniziative. 

È ovvio che questo nuovo ruolo degli enti parco ha creato tutta una serie di attese e che ora non è più facile tornare indietro.

Le modifiche introdotte dal governo Monti – che hanno praticamente cambiato la governance, trasferendo i poteri dallo Stato, attraverso le comunità dei parchi, agli enti locali – si sono rivelate fallimentari e io sono a sostenere che questi poteri debbano tornare di competenza al Suo Dicastero: proprio perché i parchi sono ‘nazionali’, non possono e non devono essere sottoposti ai piccoli interessi di bottega.

Bisogna nominare al più presto i nuovi dirigenti - sia tecnici sia politici - e ridefinire, in sostanza, la mission dei parchi da qui fino ai prossimi trent'anni, perché il "mio" ha appena compiuto il suo trentesimo anno nella completa indifferenza di molti, compreso il Suo Dicastero.

E su questo La invito a leggere la mia cronaca della serata del 21 novembre 2023 (Parola di Acalandros: Festa dei trent’anni dell’istituzione del Parco nazionale del Pollino].

Il Pollino (così come gli altri parchi italiani) non merita questo trattamento! Perché il Pollino è sinonimo di biodiversità, di comunità minoritarie ricche di storia, tradizioni, usi e costumi particolari da salvaguardare perchè segni di una identità!

È un territorio ricco di paesaggi selvatici, di canyon, di ambienti naturali fiabeschi.

Se Lei non ha mai visitato questi luoghi non ha il ‘giusto’ metro di misura per giudicare questa realtà, mi offro volontario nel farLe da guida.

Al momento in cui scrivo questa lettera sono passati circa settecento giorni senza presidenza, circa quattrocento senza un Suo rappresentante e l'incarico di direttore è stato prolungato per la settima volta.

Nella comunità che vive con fatica in questo territorio non si avverte più la presenza di questo ente.

Magari è un bene? allora perché non abolire gli enti parco? Risparmieremmo diversi stipendi, rimborsi spese, dinieghi, conflitti di competenze e pareri amministrativi.

Ma se li vogliamo mantenere, urge una Sua presa di posizione e un Suo interessamento.

Non comprendo il Suo silenzio!

Batta un colpo.

Se è un problema di uomini, mi offro volontario (forse).

 

Distinti saluti

Emanuele Pisarra