La Valle dell’Esaro si trova nella Calabria settentrionale e si sviluppa da Occidente a Oriente occupando una superfice poco più di seicento kmq. Dal punto di vista geografico fa parte del Bacino idrografico del fiume Crati, il più importante corso d’acqua della Calabria.
Sembra un grosso
ellissoide di terra che si apre verso la Pianura di Sibari con ben piantata l’origine
tra i Monti del Pellegrino che fungono da cerniera con il versante tirrenico. Infatti,
dal versante orientale si presenta come una vasta distesa pianeggiante creata
dal terreno riportato dai tantissimi torrenti che hanno origine dai rilievi
montuosi, disposti a forma di anfiteatro con l’apertura verso Est. Complice
anche il clima ionico, in contrasto con i venti freddi di provenienza dal mar
Tirreno, questo lembo di Calabria è caratterizzato da una flora e una fauna
unici nel loro genere.
Dalla Piana di Sibari
si nota questo improvviso valico che abbassa di molto la linea dei monti, in
media attestata sui duemila metri di altitudine; il passo sembra una specie di
taglio e interrompe il profilo di cresta che unisce i calcari del Pollino con
il granito dei monti della catena costiera calabrese. È un passaggio
privilegiato da attraversare per raggiungere le comunità della costa tirrenica.
Molte testimonianze di insediamenti umani, a partire dalla preistoria – come il
sito dell’età del bronzo medio della Grotta della Monaca[1], a
Sant’Agata d’Esaro – e quelli realizzati, a seguire, sia in epoca romana che
medievale, grazie anche alla costruzione della via Popilia – Via Regio-Capuam o
Annia-Popilia – provano come la Valle dell’Esaro sia stata teatro di importanti
avvenimenti storici. A comprova basta dare uno sguardo d’insieme a castelli,
fortezze e torri di avvistamento distribuiti a forma di ferro di cavallo
intorno alla Valle.
In questa porzione di
territorio si è registrato anche lo sfruttamento delle sue risorse minerarie
come la miniera di salgemma di Lungro e la Cava dell’Oro nel comune di San
Donato di Ninea.
Il filo conduttore di
questa Valle è rappresentato dall’omonimo torrente che la percorre: il fiume
Esaro. Esso ha un omonimo nel Crotonese e una leggenda ne lega il nome a un
giovane pastore, Esaro, che inseguì una cerva lungo tutto il corso d’acqua, ignaro
del fatto che l’animale fosse consacrato ad Artemide. La dea punì il pastore,
mentre cercava di raggiungere la sua preda che balzava oltre l’altra sponda, facendolo
morire annegato nel fiume.
Altri autori fanno
risalire l’origine del suo nome al tempo dei Romani i quali lo soprannominarono
Isaurus, intendendo la
raccolta di tanti rivoli che via via scendono verso valle riempiendone il letto
fino a formare un corso d’acqua imponente[2].
Oggi l’Esaro nasce alle
pendici dell’acrocoro di monti formato dal Petricelle (1753m), dal Faghitello
(1432m) e dalla Montea (1825m): cime imponenti, rocciose, ricche di acqua e di
vegetazione. Il primo tratto il nostro fiume lo percorre in una forra grandiosa
e incassata, con piccole radure aperte, ricche delle testimonianze sulla
presenza dell’uomo che, fino a non molti anni fa, abitava e coltivava
intensamente queste aree. Poi raggiunge le prime case di Sant’Agata d’Esaro,
nei pressi del Ponte sulla Statale 105, dove da una spettacolare fonte
conosciuta come Fontana di San
Nicola o Dei Sette Canali,
sgorga acqua freschissima e limpida, e da lì inizia un altro tratto del suo percorso.
A partire da questa
località, l’Esaro funge da ‘raccoglitore’ naturale delle acque di tantissimi
affluenti provenienti sia dalla destra che dalla sinistra idrografica[3].I più
importanti sono il fiume Rosa, proveniente da San Sosti, il torrente Occido che
giunge da Acquaformosa; a questi seguono il Grondo, il Galatro e altri più piccoli.
Alla fine della sua corsa l’Esaro confluisce le proprie acque nel fiume Coscile
che, a sua volta, diventa immissario del Crati, il più importante e antico
corso d’acqua della Calabria.
Fino alla sua confluenza
con il Coscile, che avviene poco dopo la
stazione ferroviaria di Spezzano Albanese, l’ Esaro ha percorso circa 49 km[4].
In tutto il suo tragitto esso attraversa numerosi territori ricadenti nei
comuni di Sant’Agata d’Esaro, Malvito, Roggiano Gravina, Altomonte, San Lorenzo
del Vallo, Spezzano Albanese ed è interrotto
in due soli luoghi da due sbarramenti artificiali che danno acqua per
l’irrigazione e forniscono energia elettrica.
Il primo sbarramento, conosciuto
come Diga dell’Alto Esaro, è stato realizzato in località Cameli
nel comune di Sant’Agata d’Esaro, con lo scopo di fornire acqua all’agricoltura
intensiva della Piana di Sibari.
Il secondo impianto si
trova in località Farneto del Principe, nel comune di Roggiano Gravina, indicato
anche col nome di Diga del Basso Esaro e questa, oltre a fornire acqua
per l’irrigazione, produce anche energia elettrica.
Le particolari
condizioni climatiche e pedologiche fanno sì che la vegetazione, soprattutto
nel primo tratto, sia ricca di castagni, lecci, querce, roverelle.
Nel corso del tempo i
territori dell’Esaro, e più propriamente le cime poste alle sue origini, sono
state oggetto di interesse per esploratori provenienti, in primo luogo, da
Napoli. Ricordiamo qui le imprese dell’ingegnere minerario, nonché professore
presso la Federico II di Napoli, Vincenzo Campanile: valente alpinista,
milanese di nascita, ma napoletano di adozione, egli, agli inizi del secolo
scorso scorso, partiva in treno dalla città partenopea alla volta di Belvedere
Marittimo e poi raggiungeva, a dorso d’asino, il Passo dello Scalone, da dove si avventurava alla scoperta di queste
imponenti montagne, in quegli anni sconosciute ai più.
Emanuele Pisarra
[1] “Utilizzata
nel corso della preistoria come miniera (per via delle abbondanti
mineralizzazioni metalliche presenti al suo interno), quindi come luogo
sepolcrale sul finire della protostoria e in seguito, in età
medievale, di nuovo come sito estrattivo, costituisce oggi un giacimento
archeologico tra i più importanti della Calabria”. Cfr. Giornata di
divulgazione scientifica dedicata al sito archeologico Grotta della Monaca. Tesori
sotterranei giornata speciale dedicata alla cavità meglio conservata d’Europa. Sant’Agata
di Esaro, (martedì 13 agosto 2019)
[2] Cfr. Mario Di Cianni, Sant’Agata.
La bella dell’Esaro, Emia edizioni, Roma, 2020, p.116.
[3] Cfr. Antonio Montalto, Sant’Agata.
Una pieve sull’Esaro, [Soveria Mannelli, Calabria letteraria,
1988],
ristampa Scalea, Comune di S. Agata
di Esaro, 2013.
[4] Fonte: Nostra
elaborazione su dati forniti dal Centro cartografico della Regione Calabria.
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