Su
Dio … sorvolo.
Su
Papas Emanuele Giordano, conosciuto come Zot Manoli, ho tanti ricordi e non
saprei da dove cominciare.
Zoti Manoli. |
Nasce
a Frascineto (CS) il 27-6-1920 da Agostino Giordano e Rosina Bilotta, nipoti di papas Bernardo Bilotta
(1843-1918), arciprete di Frascineto, poeta e letterato. Dopo aver frequentato
le scuole elementari a Frascineto, nel 1933 entra nel Seminario Benedetto XV di
Grottaferrata (Roma), dove compie gli studi medi e ginnasiali. Nel 1938 passa
al Pontificio Collegio Greco di Roma e completa gli studi liceali, filosofici e
teologici presso l’Università Pontificia “Angelicum”, conseguendovi la Licenza
in Teologia. Ordinato sacerdote il 18 novembre 1945, viene nominato parroco di
Ejanina il 30 maggio 1946, dove celebra la prima messa il 16 luglio, festa
della Madonna del Carmine.
È
morto a Lungro il 17 febbraio 2015
Zot
Manoli è stato una delle personalità arbereshe più notevoli del nostro tempo e,
per tutta la sua vita, ha lavorato per conservare, vivificare e trasmettere i
valori dell’identità del nostro popolo e della nostra fede. Per me è stato
insieme un sacerdote, un maestro, un amico, un topografo e di lui mi hanno
sempre colpito la sua profondità umana, la sua semplicità, il suo entusiasmo e
il suo spirito di preghiera.
Zot, lo ho
conosciuto sin da piccolo, quando frequentavo il salone parrocchiale di Civita
e lui veniva a trovare il nostro zot Francesco Camodeca, e poi lo ho incontrato
più volte a casa di zot Antonio Trupo.
Un momento del ricordo di Zoti Manoli. |
Una delle
ultime volte in cui lo ho visto è stato in occasione del suo sessantesimo anno
di sacerdozio, quando zot Trupo mi ha coinvolto nella realizzazione di un
filmato sulla sua vita, con un’intervista fatta sulla terrazza, che guarda ai
nostri monti, della casa in campagna del nipote, il prof. Agostino. Quale
migliore set per intavolare una libera chiacchierata per cercare di tirare le
somme di una vita dedicata alla propria comunità e a Dio!
Tra le risposte
alle varie domande che un po’ mi ero preparate e un po’ mi venivano via via, sollecitate
dalla bella atmosfera che - come sempre accadeva con lui - si era creata, la
risposta netta alla mia prima domanda: “zot, cosa avresti voluto fare da
grande?” “Il prete!”, mi colpì in particolar modo. E poi aggiunse che aveva
atteso sette anni la fatidica lettera di ammissione al Collegio greco di Roma,
dove i nostri seminaristi studiavano; e che da Roma era tornato per la prima
volta in paese dopo altri sette!
Nel corso
degli anni, da quando ho cominciato a frequentare le nostre montagne e via via
mi appassionavo sempre di più, capitava sovente di incontrarlo mentre saliva su
con la sua moto, con la sua Renault 4, oppure a piedi da solo o in compagnia.
Escursionisti al Belvedere di Zoti Manoli. |
Gli incontri
in montagna non sono mai semplici saluti, come molti di voi penso abbiano
sperimentato: in montagna un incontro non è pari a quello sul pianerottolo
delle scale di un condominio… In montagna ci si ferma, si condivide il
panorama, si commenta il profilo di una montagna, il clima della giornata…e con
zot Manoli c’era anche qualcosa di più che non saprei dirvi bene… Con lui, che
sin da piccolino percorreva queste coste dietro al gregge del padre, dal saluto
si passava subito a parlare di un luogo, e lui aveva un suo ricordo di qualche
evento, di un aneddoto, o la spiegazione di un toponimo, perché, da appassionato filologo e storico, nutriva una vigile
attenzione a ricostruire le possibili origini del nome di un luogo e alle sue storie...
Per esempio,
una delle prime volte in cui lo ho incontrato proprio da queste parti, mi aveva
chiesto se sapessi perché questo luogo si chiama “Colle Marcione” e mi aveva
spiegato che il toponimo è legato all’occupazione francese della nostra regione
e a quando un reparto militare in transito, sfinito per la dura salita, si
sentì incitare a proseguire in cammino dal proprio comandante che continuava a
ripetere: “marchons!!!”.
E un’altra
volta, a proposito del percorso che passa attraverso il “Vallone della Caballa”…
mi aveva spiegato l’origine anche di quel toponimo: dal francese gabel perché, per attraversare questo passo, bisognava
pagare una tassa.
È anche vero che a volte per la verità
nell’analisi dei toponimi dava, ma forse per scherzo, conclusioni un po'
bizzarre. Per esempio, una volta volgendo lo sguardo verso il cielo,
riflettendo a voce alta sul perché il Raganello nasca “femmina” (Raganella) e
poi appena si unisce con un altro ramo sorgentizio diventi “maschio”
(Raganello), la sua conclusione fu: “forse
perché prima ci sono le rane e dopo spariscono”.
Zot Manoli è
stato un uomo dall’umanità intensa, che ha vissuto e saputo donare agli altri
con armonia la sua semplicità e il suo sapere vasto e profondo.
Per me è
stato una miniera di informazioni e se queste le ho appuntate, però mi manca il
suo modo di raccontarle, il guizzo di quando, forse vedendomi un attimo
distratto, mi riprendeva dicendo GJEGJEM (=ASCOLTA [MI]…) dandomi una
scrollata sul braccio…
E in questa
parte della Muletta dove a volte, quando ci incontravamo venivamo insieme, lo
rivedo prete tra le pietre col suo bastone a guardare lontano con gioia, lo
ritrovo con la sua passione per la natura e il creato…
La montagna
Da anni sono
socio del CAI, Club Alpino Italiano, del quale condivido in pieno lo spirito
fondativo che, nel mio piccolo, cerco di mettere in pratica.
Il primo articolo
dello Statuto del CAI,
fondato a Torino nel 1863 su iniziativa di Quintino Sella e di Giovanni Barracco, recita che è una «libera
associazione nazionale, [e che] ha
per iscopo l’alpinismo in ogni sua manifestazione, la conoscenza e lo studio
delle montagne, specialmente di quelle italiane, e la difesa del loro ambiente
naturale».
Il personale del Soccorso Alpino della GdF e del CNAS |
Spesso, nei miei tanti viaggi
sulle Alpi, nelle Dolomiti e in altri luoghi alpini, mi è capitato di
incontrare studiosi, ricercatori o semplici curiosi di storia locale.
La appartenenza alla
SOSEC (Struttura Operativa sulla Sentieristica e la Cartografia), all’interno
del CAI, mi ha dato, e continua a darmi, l’opportunità di incontrare tanti
altri soci che si dedicano alla ricerca di antichi sentieri, ricostruendone la
memoria storica, i tracciati, le motivazioni che li hanno fatto diventare
arterie delle montagne dove per anni hanno transitato uomini, eserciti, armenti
e mercanzie…
Altra palestra che il
CAI mi ha offerto è stata quella dell’iscrizione al GISM (Gruppo Italiano
Scrittori di Montagna) e al momento ne sono l’unico socio al di sotto di Roma.
Negli anni ho partecipato
alle nostre riunioni e sempre con un certo timore, data la presenza di soci
come Messner, Gogna, Piola, Valsesia, Carlesi, Gervasutti, nomi che, magari, a
voi non dicono molto, ma che sono le massime autorità italiane ad occuparsi di
montagna, e con le quali ho potuto confrontarmi. Qui voglio ricordare anche il
nostro compianto presidente, Spiro dalla Porta Xidias, che ci ha lasciati nel
gennaio del 2017, alla vigilia del compimento dei suoi cento anni di vita, in
gran parte spesi a camminare e scrivere di Alpi e, in special modo, della Val
Rossandra.
Una delle prime volte
che ho incontrato Spiro dalla Porta Xidias mi ha affascinato raccontandomi dell’antica Via del sale, uno dei più interessanti tracciati
nella Val Rossandra utilizzata per secoli dai commercianti della Carniola che
la percorrevano per rifornirsi nelle saline triestine. La leggenda narra che
molto probabilmente quello è lo stesso sentiero utilizzato da Martin Krpan, il
personaggio leggendario sloveno, che contrabbandava il sale dall’Istria in
sella alla sua mula. E proprio nell’ascoltare il mio presidente, che parlava di
quella via alpina del sale, poiché anche noi ne abbiamo una nota come via
dei Salinari che appare come oronimo nelle vecchie tavolette dell’IGM (mentre
nelle nuove edizioni si è preferito riportare solo pochi toponimi già noti), mi
sono chiesto, chissà sul nostro Pollino quante storie, leggende, memorie di
grandi o piccoli avvenimenti, non solo legati al sale, ci sono!
Escursionisti al Belvedere di Zoti Manoli |
Per
questo è da tempo che mi dedico anche alla ricerca e raccolta di storie,
aneddoti, testimonianze intervistando chi vive la nostra montagna - e purtroppo
molti di questi protagonisti, come Zot Manoli, ormai non ci sono più.
Così
è nato il sentiero che porta il nome di “Belvedere Zot Manoli”, come pure
quello che partendo, sempre da qui, conduce in cima alla Timpa di Cassano e che
abbiamo voluto dedicare, come sezione del Pollino del CAI, al compianto
Salvatore Rago, guardia campestre del comune di Civita.
Una
volta Zot Manoli mi disse citando Albert Camus, a me prima di allora
sconosciuto: “Non camminare dietro a me, potrei non condurti. Non camminarmi davanti,
potrei non seguirti. Cammina soltanto accanto a me e sii mio amico”.
Ecco
di queste testimonianze ha bisogno il nostro territorio. Storie e memorie che
servono per rimarcare come siamo di passaggio su questa terra e che possano
nutrire le nuove generazioni e spingerle a camminare per diletto dove i nostri
antenati, invece, hanno camminato per necessità o per lavoro.
Grazie
per la vostra pazienza e … buon cammino a tutti!
Emanuele
Pisarra
Questo articolo è stato pubblicato sulla rivista del CAI Castrovillari PASSAMONTAGNA
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