Leggendo e rileggendo i
resoconti parlamentari sul dibattito in seno alle modifiche e agli
aggiornamenti da apportare alla Legge sulle aree protette, risalente al 1991,
sono arrivato alla conclusione che il legislatore ha voluto completamente
stravolgere le finalità di una norma. Essa andava sì rivista e adeguata ai
giorni nostri e alle nuove esigenze di una civiltà che è in continuo movimento,
tuttavia,
cambiare 29 articoli non significa modificare una vecchia norma, bensì
riscriverla completamente.
Parco nazionale dell'Appennino lucano. Bosco misto |
Leggo
dalla nota introduttiva e riporto
L’articolo
1 interviene sulla classificazione delle aree naturali protette e
disciplina la definizione di parchi nazionali con estensione a mare.
L’articolo
2 consente di destinare il gettito del contributo di sbarco per finanziare
interventi per la tutela dell’ambiente in taluni comuni.
L'articolo
3 prevede il coinvolgimento del Ministero della difesa nella procedura per
l'istituzione delle aree protette in cui siano ricompresi siti militari.
Gli
articoli 4 e 5 contengono numerose modifiche che riguardano
rispettivamente la disciplina dell’ente parco e quella del regolamento e del
piano del parco.
Gli
articoli 6 e 7 intervengono rispettivamente sulla disciplina relativa
alla procedura di rilascio del nulla osta dell’Ente parco e su quella
riguardante gli indennizzi.
L’articolo
8 detta un’articolata disciplina finalizzata a integrare le norme che
regolano le entrate dell’Ente parco.
L’articolo
9 introduce nuove disposizioni per la gestione della fauna selvatica nelle
aree protette.
Gli
articoli 10, 11 e 12 modificano rispettivamente la disciplina per
l’istituzione, la gestione e la programmazione delle aree protette marine.
L’articolo
13 riguarda la vigilanza sui gestori di aree protette di rilievo
internazionale e nazionale.
Gli
articoli 14 e 15 intervengono sulla disciplina riguardante le aree
naturali protette regionali, confermando il divieto di attività venatoria, e
l’organizzazione amministrativa.
L'articolo 16 attribuisce al direttore
dell'organismo di gestione dell'area naturale protetta i poteri, attualmente
esercitati dal rappresentante legale del medesimo organismo.
L'articolo 17 modifica il quadro sanzionatorio
delle violazioni della legge quadro.
L'articolo 18 prevede l’istituzione del Comitato
nazionale per le aree protette.
L’articolo 19 istituisce i Parchi nazionali del
Matese e di Portofino.
L'articolo 20 precisa che per il
Parco nazionale dello Stelvio si provvede in conformità a quanto prevede
l’intesa dell’11 febbraio 2015 sull’attribuzione di funzioni statali e relativi
oneri finanziari del Parco nazionale dello Stelvio.
Le modifiche di cui all'articolo
21 sono volte a prevedere che l’istituzione di parchi e riserve marine
nelle aree marine di reperimento debba avvenire sulla base delle indicazioni
del programma triennale per le aree protette marine, nonché a ridenominare le
aree marine di reperimento di Capo d’Otranto e di Capo Spartivento.
L’articolo
22 modifica una serie di articoli della legge quadro, allo scopo di
sostituire i riferimenti a disposizioni abrogate ovvero a operare interventi di
coordinamento tra le innovazioni introdotte dal provvedimento in esame e le
norme vigenti.
L’articolo
23 prevede il trasferimento delle sedi legale e amministrativa del Parco
nazionale Gran Paradiso in due distinti comuni del Parco.
L’articolo
24 attribuisce all’ente parco nazionale la competenza a svolgere funzioni
autorizzatorie in materia di paesaggio per gli interventi da realizzare nei
parchi nazionali.
L’articolo
25 attribuisce nuove funzioni al Comitato paritetico per la biodiversità,
concernenti il coordinamento e la promozione di azioni integrate per le aree
protette.
L’articolo
26 modifica la disciplina riguardante l’individuazione delle associazioni
di protezione ambientale a carattere nazionale.
L’articolo
27 delega il Governo ad adottare un decreto legislativo per l’istituzione
di un unico Parco del Delta del Po.
L'articolo
28 disciplina la delega al Governo per l'introduzione di un sistema
volontario di remunerazione dei servizi ecosistemici.
L’articolo 29,
infine, reca la clausola di salvaguardia concernente l’applicazione della legge
alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di
Bolzano.
Parco nazionale Appennino lucano . Viggiano. Albergo del Pastore (foto Pisarra) |
La nota
introduttiva al documento, fotografa la situazione attuale delle aree protette,
a seguito dell’ultima relazione del ministro dell’ambiente sullo stato di concretizzazione
delle norme contenute nella Legge Quadro 394/91.
A parte i dati
sulla superficie protetta (10.50% del territorio nazionale, pari a circa di 3.163.590,71 ettari a
terra, 2.853.033,93 ettari a mare e 658,02 chilometri di coste) ricadente in 871
aree protette secondo un vecchio Elenco ufficiale risalente al 2009 e in fase
di aggiornamento, la relazione non entra nel merito dell’attuazione delle vecchie
norme e non argomenta sulla necessità così impellente di “metter mano” in forma
così radicale, tanto che, a mio parere, è stata completamente riscritta, al
punto che oso dire che siamo di fronte a un nuovo dettato, che non ha nulla a
che fare con il testo originale. Inoltre non è vero che la legge quadro non è
stata mai adeguata: ha subito “adattamenti” nel 1997, nel 2000, 2003 e 2007. Modifiche
e adattamenti, che di volta in volta, hanno stravolto lo spirito e la volontà dei primi firmatari.
Un altro
pasticcio è l’adeguamento della legge quadro con le norme previste dalle varie
direttive europee che il nostro ordinamento deve recepire al fine della tutela
della biodiversità europea attraverso la conservazione degli habitat naturali e
delle specie animali e vegetali di interesse europeo.
Come dire che
ci sono ambienti, animali e specie vegetali di interesse europeo e altri di
interesse nazionale.
Una vera e
propria follia, in quanto queste aree facenti parte della RETE europea NATURA
2000, nella quasi totalità (si parla del 79%) ricadono nel nostro sistema di
aree protette nazionali.
Come spesso
accade, la Direttiva europea “HABITAT” e poi quella “UCCELLI” complicano ulteriormente
la già difficile situazione italiana, AGGIUNGENDO nuove classificazioni, quali:
1. SIC (Siti di importanza Comunitaria, che a breve
diventeranno ZSC, Zone Speciale di Conservazione)
2. ZSC (Zone Speciale di Conservazione).
È ovvio che
tutto questo non giova alle finalità di Conservazione che la Norma si pone
(poneva) come obiettivo principe; piuttosto rende ancora più difficile la sua
attuazione in quanto non è ben precisa la linea di comando e gli obiettivi di
interesse da perseguire, i quali devono rimanere in mano allo Stato centrale e
non alle comunità locali.
Parco nazionale Appennino lucano. Escursionisti in salita verso il Santuario della Madonna di Viggiano (foto Pisarra) |
Analizziamo uno per
uno le modifiche, senza entrare nel merito di tecnicismi fatto di commi,
lettere e quant’altro.
All’articolo 1 si
aggiunge alla definizione di cosa sono i Parchi nazionali, naturali e regionali,
le riserve naturali anche le RISERVE MARINE. Le quali a loro volta sono costituite:
da ambienti marini, dalle acque, dai fondali e dai
tratti di costa prospicienti ricadenti nel demanio marittimo, che presentano un
rilevante interesse per le caratteristiche naturali, geomorfologiche, fisiche,
biochimiche, con particolare riguardo alla flora e alla fauna marine e costiere.
Non
bastando tutto ciò, le Riserve marine sono anche definite in base al Protocollo
di Ginevra e in funzione della Strategia nazionale per la biodiversità.
Ricordo
che il Protocollo di Ginevra, risale
al 1985 e prevede norme di salvaguardia per i luoghi che presentino valore
biologico ed ecologico e diversità genetica delle specie, oltre a livelli accettabili
di popolazione.
La
Strategia nazionale della biodiversità,
rappresenta uno strumento per l’attuazione della Convenzione sulla Diversità
Biologica (adottata il 5 giugno del 1992), al Summit mondiale di Rio de
Janeiro delle Nazioni Unite.
Un
altro comma a questo articolo aggiunge le aree protette transfrontaliere, ossia
quei parchi di confine che coincidono con altre superfici simili di stati
vicini: penso allo Stelvio o al Gran Paradiso.
Ho
seri dubbi che i francesi del Mercantour o gli svizzeri dell’Engandina vogliano
avere a che fare con noi, visto lo stato a “spezzatino” di come è ridotto lo
Stelvio o le varie iniziative di “valorizzazione” che interessano il Gran
Paradiso, soprattutto nel settore valdostano.
Altro
comma “interessante” a questo articolo riguarda i Parchi nazionali che hanno
estensioni a mare (credo che si riferisca al Cilento, ma non solo), a seguito
di istruttoria da parte dell’ISPRA, consideri queste superfici come aree
contigue, ma soggette alle disposizioni relative alle aree protette marine.
Viggiano. Il Santuario della Madonna di Viggiano(foto Pisarra) |
Non
è più semplice considerarle aree protette marine ed evitare questo
pasticciaccio di competenze?
Altri
commi sempre dell’articolo uno riguardano l’integrazione delle aree della Rete
Natura 2000 con i le aree protette “nostre” con la novità che la parte di
superficie non compresa nell’attuale perimetro di un’area protetta sia di
competenza dell’Ente parco gestore corrispondente.
Altro
comma: l’istituzione di un nuovo parco assorbe tutte le aree protette,
nazionali, regionali o locali che sono comprese nel suo territorio.
Purtroppo questo comma non è
retroattivo, per cui la questione delle varie riserve naturali orientate che
ricadono – per esempio – entro il perimetro del Parco nazionale del Pollino
continuano ad essere gestite dai rispettivi enti.
In
questo articolo uno è regolato anche il compito e il ruolo dell’ISPRA (Istituto
Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale).
Il
Comma 2 a questo primo articolo ribadisce che tutto questo ambaradan deve
essere realizzato senza nuovi o maggiori
oneri per la finanza pubblica.
L’articolo
due invece contiene una curiosa novità: i comuni isolani dove sono presenti
aree protette devono destinare la tassa di sbarco:
·
alla tutela ambientale;
·
alla conservazione della biodiversità;
·
al ripristino o al restauro di ecosistemi
naturali e del patrimonio archeologico e culturale;
·
alla promozione del turismo sostenibile del
territorio;
·
ad attività di educazione ambientale.
A questo proposito mi viene in mente un’altra idea
geniale, lanciata a suo tempo dell’allora Ministro dei Beni culturali Veltroni,
il quale proponeva di restaurare alcuni monumenti di pregio con i proventi dal
gioco del lotto (!!!).
L’articolo tre invece “norma” i rapporti con il
Ministero della Difesa a proposito di istituzioni di parchi dove siano
ricompresi siti militari.
Anche qui un piccolo “inghippo”. L’articolo prevede
che si proceda all’istituzione del Parco sentito il ministero della difesa che
si esprime entro sessanta giorni dal ricevimento della richiesta. Tuttavia l’articolo
non prevede il “silenzio-assenso”.
Rimane invariata la norma che prevede l’istituzione del
Parco nazionale con decreto del Presidente della Repubblica, mentre per le
riserve basta il decreto del Ministro dell’ambiente, sempre dopo aver sentito
la regione.
Parco nazionale dell'Appennino lucano. Una piattaforma petrolifera immersa tra i boschi (foto Pisarra) |
Invece l’articolo 4 interviene sull’organizzazione
dell’Ente Parco.
Rimane invariata l’ubicazione della sede, la vigilanza
a cura del ministero dell’ambiente e i vari organi elettivi, ad esclusione
della Giunta esecutiva.
La durata dell’incarico è pari a cinque anni e può
essere confermata una sola volta.
Novità sostanziali riguardano la carica del presidente
e del direttore.
Il primo, è nominato con decreto del ministro dell’ambiente,
d’intesa con i presidenti delle regioni, nell’ambito di una terna proposta al
ministro e composta da “soggetti di
comprovata esperienza nelle istituzioni, nelle professioni, ovvero di indirizzo
o di gestione in strutture pubbliche o private”. Se entro quindici
giorni le regioni non avanzano dubbi si procede alla nomina. Se non si
raggiunge una intesa in questo lasso di tempo il ministro procede di autorità
previo il parere delle commissioni parlamentari competenti entro trenta giorni.
In questo articolo si è fatto un passo avanti e uno
indietro. Cominciando dal passo indietro: il comma non prevede nessuna
esperienza e titoli in materia ambientale del candidato a presidente; nel secondo
caso (un passo avanti) sono determinati per leggi i tempi di nomina del nuovo
incaricato.
Altro passo avanti è contenuto nella legge che prevede
durante la vacatio della nomina del
presidente e del consiglio direttivo proroga delle cariche del Presidente e
dei componenti del Consiglio direttivo.
Parco nazionale dell'Appennino lucano. La Laura (foto Pisarra) |
Anche
in questo articolo lo Stato centrale abdica in favore delle province e delle
regioni a statuto speciale che ancora una volta regolamentano con proprie norme
la materia.
Altri
commi (7-8) equiparano i compiti e le mansioni del Presidente dell'Ente Parco e dei componenti del Consiglio Direttivo ai
presidenti delle città metropolitane, sindaci, presidenti delle province con
popolazione superiore ai 30.000 abitanti.
Anche in questo caso la norma non prevede nessun
criterio alla base dello stipendio del presidente e lascia molta
discrezionalità al ministro.
Invece è introdotto un nuovo comma che prevede l’incompatibilità
della carica di Presidente con qualsiasi incarico elettivo, tanto più con gli
incarichi negli organi di amministrazione di enti pubblici.
Un altro comma disciplina la composizione del
Consiglio Direttivo, distinguendo solo tra parchi con meno o più di venti
comuni.
Il primo ha sei componenti; il secondo ne ha otto.
Un fatto positivo: la norma non prevede più il parere
delle regioni, per cui il ministro ha trenta giorni di tempo per nominarli. Quest’ultimi
sono scelti tra persone qualificate nella conservazione della natura o nella
gestione delle aree protette o tra i rappresentanti della Comunità del Parco.
Un altro “commetto” invece suggerisce che il 50% sia
indicato dalla Comunità del Parco; mentre la restante parte dei componenti sia
scelta tra esperti in materia naturalistica ambientale su indicazione: uno del Ministro dell’ambiente, uno
dell’ISPRA indicato dal Ministro dell’ambiente, uno delle associazioni di
protezione ambientale e uno delle associazioni agricole nazionali più
rappresentative individuato dal Ministro delle politiche agricole sulla base
delle indicazioni provenienti dalle medesime associazioni.
Un’altra
occasione perduta per togliere dalle mani la gestione del territorio da parte
di soggetti locali portatori di interesse come i sindaci e i rappresentanti
delle associazioni di categoria. È ovvio che sommando i numeri la maggioranza
non è in mano a coloro che hanno a cuore le sorti del territorio, bensì il
pallino è nel campo degli interessi dei sindaci e delle organizzazioni
agricole.
Anche
in questo caso perché coinvolgere gli interessi del Ministero dell’agricoltura?
Perché non gestire i parchi con lo spirito della Conservazione solo con i mezzi
e il personale del ministero dell’ambiente?
In
questo caso, a mio avviso, si è persa l’occasione – ancora una volta – di creare
una sorta di Servizio Nazionale dei Parchi in capo al Ministero dell’ambiente
sulla scia del National Park Service americano: avrebbe garantito autonomia,
conservazione e progresso per i popoli che vi abitano dentro l’area protetta.
Questi
“minestroni gestionali” non portano da nessuna parte.
A
questo segue la tempistica delle nomine: entro quarantacinque giorni si designa
un nuovo Consiglio direttivo; trascorsi altri trenta giorni dalla scadenza di
tale termine il presidente esercita le funzioni del Direttivo fino all’insediamento
del nuovo Consiglio.
Anche
in questo caso, a parte i tempi (la norma vigente parla di centottanta giorni) si
è persa l’occasione di mandare come nel caso dei comuni un commissario esterno:
utile e necessario.
Altra
questione interessante è la immediata sostituzione di un componente qualora
vengano meno i presupposti di eleggibilità: per esempio, nel caso di un sindaco
non più eletto deve essere immediatamente sostituito.
Altra
“insalatona”: i bilanci devono essere approvati non più dal solo ministro dell’ambiente
ma anche da quello dell’economia. Al vice presidente e ai membri del Consiglio
direttivo spettano solo gettoni di presenza per la partecipazione alle riunioni;
queste somme sono sempre a carico del bilancio dell’ente parco.
Inoltre
il Consiglio direttivo nomina il Direttore del Parco.
Altro problema: oggi è lo Statuto
che definisce gli obiettivi dell’Ente, in futuro sarà un Regolamento approvato
dal ministro dell’ambiente.
Inoltre,
riguardo ai revisori dei conti, la norma prevede che uno sia nominato dal
ministero dell’ambiente.
Il DIRETTORE
La
scelta avviene nell’ambito di una terna di soggetti, compilata a seguito
di selezione pubblica, in possesso di laurea specialistica o magistrale
ovvero del diploma di particolare qualificazione professionale.
A
questa selezione possono partecipare:
-
dirigenti pubblici, funzionari pubblici con almeno cinque anni di anzianità
nella qualifica;
- persone di comprovata esperienza
professionale di tipo gestionale;
- soggetti che abbiano già svolto
funzioni di direttore di parchi nazionali o regionali per almeno tre anni;
- nonché persone che abbiano
esperienza di gestione di aree protette marine per il medesimo periodo.
Il
contratto non è superiore a cinque anni (minimo tre) e rinnovabile una sola
volta.
È
scomparso l’albo dei direttori dove si accedeva per titoli e per concorso.
Un’altra occasione persa per
regolamentare una procedura concorsuale di Dirigenti dei Parchi attraverso un
pubblico concorso per esami e titoli. Eppure si aprirebbero almeno altri mille
posti di lavoro.
Infine,
questo articolo regolamenta anche la pianta organica, il monitoraggio degli
obiettivi e lo svolgimento delle attività del parco.
L’articolo
5 disciplina il Piano del Parco e regolamenta l'esercizio delle attività consentite
non soltanto entro il territorio del parco, ma anche nelle aree contigue ad
esso.
È interessante come un comma disciplini il divieto di esercitazioni militari e “espliciti”
tra le attività vietate l’attività
venatoria.
Mentre
le deroghe al Regolamento sono regolamentate dal Regolamento approvate dal
Ministero dell’Ambiente d’intesa con le regioni interessate.
Questo
è uno dei passaggi chiave: le intese. Fino a quando ci saranno le intese con
gli “interessati” non ci sarà mai autonomia di scelta e di indirizzo e i parchi
continueranno ad essere dei surrogati come le vecchie comunità montane
dispensatrici di contributi per la Sagra della salsiccia e della soppressata.
La Val d' Agri e il Lago del Pertusillo visti dal Monte Raparo. (foto Pisarra) |
A
questo si aggiunga la tempistica riguardo tutto l’iter per l’approvazione del
Regolamento del Parco e si ha la netta percezione che questo sforzo immane di
cambiare la legge 394 è vanificato da una serie infinita di lacci e laccioli che
ti consentono di cambiare tutto per non cambiare niente.
Dopo
che sono state scritte centinaia di pagine su come si predispone un Piano del
Parco ecco che la Norma ne esplicita ancora più in dettaglio i contenuti,
interessandosi perfino delle aree contigue, dove si disciplina la caccia
recependo i calendari venatori delle singole regioni e attuando le norme
previste dalla legge sulla caccia.
IlPiano
del parco può prevedere:
contratti di collaborazione e convenzioni con le
aziende agricole singole o associate presenti nel territorio del parco,
servizi di carattere turistico-naturalistico da gestire in proprio o da concedere
in gestione a terzi sulla base specifiche convenzioni;
agevolazione o promozione, anche in forma cooperativa, di
attività agro-silvo-pastorali tradizionali direttamente connesse alla
conservazione di specie selvatiche o habitat naturali;
agevolazione o promozione del restauro dei beni
archeologici, storici e culturali, e di ogni altra iniziativa atta a
favorire, nel rispetto delle esigenze di conservazione del parco, lo sviluppo
del turismo connesso alla valorizzazione del patrimonio naturale e culturale.
Si
prevede in particolare che una quota parte di tali attività deve
consistere in interventi diretti a favorire l’occupazione giovanile
ed il volontariato, nonché l’accessibilità e la fruizione, in
particolare per i soggetti diversamente abili.
Tutto
questo deve essere redatto, emendato ed approvato in poco più di sei mesi: pena
il commissariamento dell’Ente.
A
quest’ora più della metà dei parchi italiani sarebbe stata commissariata!
L’articolo
sei riguarda i Nulla Osta.
Il
rilascio del nulla osta deve avvenire previa verifica della
conformità tra le disposizioni del piano e del regolamento
e l’intervento.
Dopo
sessanta giorni vige il regime del silenzio-assenso.
Sicuramente
questo è un danno per l’area protetta in quanto spesso e per carenza di
personale non si è in grado di aprire e chiudere una istruttoria con questa
tempistica.
Solo
il Direttore (non più il presidente) ha il compito di prorogare per una sola
volta il termine previsto dei sessanta giorni per il rilascio del nulla osta.
L’articolo
sette regolamenta gli indennizzi.
La
norma distingue gli indennizzi dal risarcimento. Il primo si limita a danni da
fauna selvatica nel parco in denaro mentre il risarcimento consiste nella
reintegrazione del patrimonio di un terzo a seguito di un atto illecito.
L’articolo
8 si esprime in merito alla entrate del Parco.
Questo
articolo introduce anche i commi da 1-septies a 1 - septiesdecies.
Questi
commi normano concessioni autorizzazioni e attività, specifici obblighi di
versamento annuale di somme in favore dell'ente gestore dell'area protetta.
Si
va dalle concessioni per pontile per ormeggio imbarcazioni, alla possibilità da
parte degli enti gestori dell’area protetta di deliberare il versamento di un
corrispettivo a carico di ciascun visitatore per i servizi offerti nel
territorio dell’area protetta.
Un
altro comma dispone che i proventi derivanti dalla vendita della fauna
catturata o abbattuta a fini di conservazione di specie e habitat naturali
costituiscano una delle entrate degli enti gestori delle relative aree
protette.
Altre
entrate sono previste con l’istituzione del 5 per mille dell’imposta sul
reddito, la cessione del marchio del parco, la stipula di contratti di sponsorizzazione
e perfino inserisce l’ente parco tra i soggetti cui possono essere dati in uso
pubblico i beni immobili confiscati alla criminalità organizzata.
Altre
entrate si riferiscono alle autorizzazioni che riguardano
·
concessioni di derivazione d'acqua ad uso
idroelettrico per impianti di potenza superiore a 100 kw;
·
alle autorizzazioni all'esercizio di attività estrattive,
già esistenti all’entrata in vigore della disposizione, nelle aree
contigue a quella protetta. I titolari di tali autorizzazioni sono tenuti a
versare annualmente al gestore dell'area protetta una somma pari ad un terzo
del canone di concessione, in un'unica soluzione.
·
agli impianti di produzione di energia elettrica da
fonte rinnovabile diversa da derivazioni d'acqua e biomasse, di potenza
superiore a 100 kw, ubicati nel territorio dell’area protetta e già esistenti
alla data di entrata in vigore della disposizione;
·
alle autorizzazioni all'esercizio di oleodotti,
metanodotti e elettrodotti non interrati, ubicati nel territorio dell'area
protetta ed esistenti alla data di entrata in vigore della disposizione (comma
1-septies). I titolari di tali autorizzazioni sono tenuti a versare
annualmente all’ente gestore dell’area, in un’unica soluzione, per ogni
chilometro non interrato, una somma pari a:
·
- 100 euro per oleodotti o metanodotti
·
- 30 euro per ogni linea di elettrodotto ad alta tensione;
·
- 50 euro per ogni linea di elettrodotto a media
tensione non isolata;
·
- 20 euro per ogni linea di elettrodotto a media
tensione isolata.
Unico commento: un parco d’ora in
poi (dopo l’entrata in vigore della legge quadro) può mercificare e quantizzare
tutto, a modico prezzo, senza negare un’autorizzazione a nessuno.
Facciamo due conti: per esempio, il
Parco nazionale del Pollino è attraversato – tra l’altro – da tre linee ad alta
tensione per un totale di circa 100 km. Se moltiplichiamo questa lunghezza per
30/Km euro otteniamo un totale di 3000 €. Forse un po’ poco per risarcire il
territorio dall’impatto ambientale, dalle onde elettromagnetiche e dal rumore.
Non
parliamo della questione petrolio. Come ho già riferito su questo blog, il
comma è tutto “merito” del presidente del Parco nazionale dell’Appennino Lucano,
che si vanta di averlo proposto.
A
nessuno passa per la testa che le prospezioni e l’estrazione di petrolio dal
sottosuolo è incompatibile con un area protetta: della seria o gli uni o l’altra.
E
chi frequenta la Val d’Agri ne ha la prova: miasmi, zolfo, fughe di gas,
infiltrazioni nelle falde acquifere non giustificano le royalties che le
compagnie petrolifere versano alla comunità.
Fine prima parte
NOTA
Le foto a corredo di questo articolo sono tratte da un reportage realizzato in occasione di uno dei tanti trekking in Basilicata organizzati dall'agenzia NATURALITER
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