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Umberto Caldora (lettera a Gaetano Greco Naccarato, 1963)

giovedì 22 settembre 2016

Il Massaro, la Masseria e il Casino

Il "Massaro", è stato, per lungo tempo, una figura molto importante per tutte le aziende agro-silvo-pastorali del mezzogiorno d'Italia.
  
1989.Il "Massaro" Giuseppe Russo a Casino Toscano. (Foto
 gentilmente concessa da Alfonso Picone)
Mio nonno paterno era uno di loro: ha lavorato per tutta la sua vita per una nota famiglia di San Demetrio Corone.

Il Massaro è l'uomo di fiducia, il braccio destro di un grande proprietario terriero.
A seconda delle dimensioni delle aziende, della diversità di coltivazioni, dei pascoli in diversi luoghi, poteva variare anche il loro numero alle dipendenze dei proprietari terrieri.

Il loro ruolo nel corso del tempo è stato sempre più crescente con la creazione della “Masseria”.
Questa è il risultato della colonizzazione baronale e marchesale delle aree interne del Meridione, abbandonate e incolte, negli anni tra il Cinquecento e il Settecento, quando l’esigenza di granaglie e affini spinse il governo del Regno delle Due Sicilie, dominato dagli spagnoli, a concedere con facilità ai nobili e alle personalità del luogo autorizzazioni al ripopolamento del territorio.

Di questa basilare struttura della realtà contadina, il Massaro rappresenta una figura importantissima che fa da perno per l’intero sistema produttivo e organizzativo dell’azienda agricola.
In qualche caso egli era un semplice inquilino che pagava un canone d’affitto al proprietario, ma in genere, egli era il responsabile plenipotenziario unico della conduzione della masseria per conto del signore (fosse egli barone, marchese o sacerdote).

1989. Il focolare di Casino Toscano.
(Foto di Alfonso Picone Chiodo)
Il massaro ha rappresentato la classe intermedia tra la grande massa contadina e la piccola e media borghesia, molto spesso godendo di stima e di grande considerazione anche da parte della gente del paese.

Dai documenti di archivio, come i catasti onciari, si desume come questo lavoro potesse essere molto redditizio e fonte di proventi notevoli, tanto che, in alcuni casi, è accaduto che il massaro si sia trovato nelle condizioni di poter acquistare la masseria di cui era il conduttore.

In Calabria e sul Pollino possiamo tranquillamente affermare che il ruolo dei Massari si è esaurito alla fine degli anni Ottanta, in seguito alla ripresa delle grandi emigrazioni e ai vari cambiamenti che hanno interessato le comunità, in special modo con i tanti tentativi di industrializzazione di quelle aree naturalmente vocate all’agricoltura


Nell’ultimo secolo abbiamo avuto due tipi di tale figura: i “massari di azienda” e i “massari di animali”. I primi svolgevano un ruolo di collegamento tra i grossi proprietari terrieri, che li investivano di notevoli incombenze nella conduzione delle proprie aziende agrarie, e i contadini; i massari di animali si dedicavano, invece, all’allevamento e alle attività connesse, quali la produzione di lana e di formaggi.

Nelle mie peregrinazioni tra i monti del Pollino ho sempre incontrato il “Massaro di pecore e vacche” che si spostava a dorso di mulo o cavallo, spesso a capo di lunghe colonne di muli carichi di ogni masserizia.
Egli abitava nel “Casino”, costruzione in muratura, in genere a due piani, di proprietà di grandi possidenti ricchi e nobili in cui egli risiedeva per questo suo lavoro.
Il Pollino era disseminato di queste strutture perché costituivano il punto terminale di una transumanza estiva, proveniente dalle masserie di fondovalle, che nel periodo estivo trasferiva il bestiame in alta montagna. Si trattava di una rete di edifici più o meno posti alla stessa quota (tra i 1400 e i 1700 metri) in ampie radure, riparate dai venti, tra i boschi, facilmente raggiungibili dai rispettivi paesi o frazioni e a non più di un giorno di cammino.

Accanto al Casino vi era un’area organizzata per ospitare le bestie: questo spazio, chiamato in dialetto “jazzo”, era ubicato sempre in un luogo ben esposto al sole, al riparo dai venti freddi della montagna, vicino a un corso d’acqua, recintato con rami e spine, nei tempi più recenti con filo spinato, per difendere gli animali dai lupi.

Spesso, per i lavori più umili, il massaro era aiutato da uno o più aiutanti chiamati “furisi” che si occupavano particolarmente del pascolo e della mungitura delle vacche sempre all’interno dello “jazzo”.
Ogni due o tre settimane, il massaro lasciava il Casino e si recava nella propria casa per rifornirsi delle necessarie provviste e il ricambio del vestiario; quindi tornava il giorno dopo alle sue precise mansioni, tra le quali fare formaggio e ricotte.

1989. Il "Massaro" Peppe Russo mostra con orgoglio i suoi
prodotti. (Foto di Alfonso Picone Chiodo)
Il Casino, per la sua posizione geografica isolata, ha costituito un regno a parte, dove il massaro dettava legge, era il padrone incondizionato di animali, uomini e cose.
Ho dormito qualche volta nel Casino di Piano Jannace, spesso in quello dei Toscano. E proprio in questo secondo ho conosciuto il Massaro Peppe Russo.
In occasione di un trekking ebbi da lui un insegnamento che è rimasto ben impresso nella mia memoria. Con i gruppi di escursionisti che accompagnavo in quel periodo avevamo, come tappa del mattino, quella di gustare a colazione le sue speciali mozzarelle. Lui era ben contento quando vedeva persone, con il denaro contante in mano, in fila per acquistarne una o più.

Quel giorno, abituati a quello che era diventato anche un rito, però ci ritrovammo senza la nostra preziosa e gustosa colazione.
Facile immaginare la delusione del gruppo padovano, ormai abituato alla bianca colazione speciale. Alla domanda di come mai non avesse preparato le mozzarelle, ci sentimmo rispondere con un secco: “la giornata non è buona” e con l’aggiunta di un invito a trovare un riparo perché nel pomeriggio la zona sarebbe stata interessata da un forte temporale.

Scrutato l’orizzonte e, visto che non si vedeva una nuvola in cielo, ci guardammo tra noi e pensammo tutti che Massaro Peppe fosse un pochino strambo.

Partimmo per la nostra escursione abbastanza scontenti per la mancata colazione e, non dando importanza alle sue raccomandazioni, non ci preoccupammo di trovare un riparo: nel primo pomeriggio, all’improvviso, arrivò l’acquazzone che ci bagnò tutti.
Tornammo infreddoliti al Casino Toscano; Massaro Peppe, che evidentemente ci aspettava, aveva acceso un grande fuoco, pronto a far sì che potessimo asciugare i nostri panni bagnati.
Questo era – tra le tante cose il Massaro Peppe di Casino Toscano.
Oggi la figura del massaro è quasi scomparsa, il Pollino è sempre più silenzioso. Le mandrie al pascolo sono sempre più spesso sole e vagano per i prati secondo traiettorie indistinte, brucando l’erba, in attesa del momento della macellazione.

Il Massaro moderno sale ai pascoli con il fuoristrada a giorni alterni, controlla che tutto vada bene e che non manchi qualche capo di bestiame.
Se i conti non tornano è facile far ricadere sui lupi – assassini e criminali – tanto poi qualcuno rimborserà loro il costo dell’animale perduto. Fa niente se in realtà è stato smarrito per negligenza o faciloneria.
Cambiano i tempi, cambiano gli uomini, la montagna è sempre più abbandonata, antiche figure e usanze sono scomparse e chissà cosa ci riserva il futuro.



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