Il "Massaro", è stato,
per lungo tempo, una figura molto importante per tutte le aziende
agro-silvo-pastorali del mezzogiorno d'Italia.
1989.Il "Massaro" Giuseppe Russo a Casino Toscano. (Foto gentilmente concessa da Alfonso Picone) |
Mio nonno paterno era uno di loro:
ha lavorato per tutta la sua vita per una nota famiglia di San Demetrio Corone.
Il Massaro è l'uomo di fiducia,
il braccio destro di un grande proprietario terriero.
A seconda delle dimensioni delle
aziende, della diversità di coltivazioni, dei pascoli in diversi luoghi, poteva
variare anche il loro numero alle dipendenze dei proprietari terrieri.
Il loro ruolo nel corso del tempo
è stato sempre più crescente con la creazione della “Masseria”.
Questa è il risultato della
colonizzazione baronale e marchesale delle aree interne del Meridione,
abbandonate e incolte, negli anni tra il Cinquecento e il Settecento, quando l’esigenza
di granaglie e affini spinse il governo del Regno delle Due Sicilie, dominato
dagli spagnoli, a concedere con facilità ai nobili e alle personalità del luogo
autorizzazioni al ripopolamento del territorio.
Di questa basilare struttura
della realtà contadina, il Massaro rappresenta una figura importantissima che
fa da perno per l’intero sistema produttivo e organizzativo dell’azienda
agricola.
In qualche caso egli era un
semplice inquilino che pagava un canone d’affitto al proprietario, ma in
genere, egli era il responsabile plenipotenziario unico della conduzione della
masseria per conto del signore (fosse egli barone, marchese o sacerdote).
1989. Il focolare di Casino Toscano. (Foto di Alfonso Picone Chiodo) |
Il massaro ha rappresentato la
classe intermedia tra la grande massa contadina e la piccola e media borghesia,
molto spesso godendo di stima e di grande considerazione anche da parte della
gente del paese.
Dai documenti di archivio, come i
catasti onciari, si desume come questo lavoro potesse essere molto redditizio e
fonte di proventi notevoli, tanto che, in alcuni casi, è accaduto che il
massaro si sia trovato nelle condizioni di poter acquistare la masseria di cui
era il conduttore.
In Calabria e sul Pollino
possiamo tranquillamente affermare che il ruolo dei Massari si è esaurito alla
fine degli anni Ottanta, in seguito alla ripresa delle grandi emigrazioni e ai
vari cambiamenti che hanno interessato le comunità, in special modo con i tanti
tentativi di industrializzazione di quelle aree naturalmente vocate
all’agricoltura
Nell’ultimo secolo
abbiamo avuto due tipi di tale figura: i “massari di azienda” e i “massari di animali”.
I primi svolgevano un ruolo di collegamento tra i grossi proprietari terrieri,
che li investivano di notevoli incombenze nella conduzione delle proprie
aziende agrarie, e i contadini; i massari di animali si dedicavano, invece,
all’allevamento e alle attività connesse, quali la produzione di lana e di
formaggi.
Nelle mie
peregrinazioni tra i monti del Pollino ho sempre incontrato il “Massaro di
pecore e vacche” che si spostava a dorso di mulo o cavallo, spesso a capo di
lunghe colonne di muli carichi di ogni masserizia.
Egli abitava nel
“Casino”, costruzione in muratura, in genere a due piani, di proprietà di
grandi possidenti ricchi e nobili in cui egli risiedeva per questo suo lavoro.
Il Pollino era
disseminato di queste strutture perché costituivano il punto terminale di una
transumanza estiva, proveniente dalle masserie di fondovalle, che nel periodo
estivo trasferiva il bestiame in alta montagna. Si trattava di una rete di
edifici più o meno posti alla stessa quota (tra i 1400 e i 1700 metri) in ampie
radure, riparate dai venti, tra i boschi, facilmente raggiungibili dai
rispettivi paesi o frazioni e a non più di un giorno di cammino.
Accanto al Casino vi
era un’area organizzata per ospitare le bestie: questo spazio, chiamato in
dialetto “jazzo”, era ubicato sempre in un luogo ben esposto al sole, al riparo
dai venti freddi della montagna, vicino a un corso d’acqua, recintato con rami
e spine, nei tempi più recenti con filo spinato, per difendere gli animali dai
lupi.
Spesso, per i lavori
più umili, il massaro era aiutato da uno o più aiutanti chiamati “furisi” che
si occupavano particolarmente del pascolo e della mungitura delle vacche sempre
all’interno dello “jazzo”.
Ogni due o tre
settimane, il massaro lasciava il Casino e si recava nella propria casa per rifornirsi
delle necessarie provviste e il ricambio del vestiario; quindi tornava il
giorno dopo alle sue precise mansioni, tra le quali fare formaggio e ricotte.
1989. Il "Massaro" Peppe Russo mostra con orgoglio i suoi prodotti. (Foto di Alfonso Picone Chiodo) |
Il Casino, per la sua
posizione geografica isolata, ha costituito un regno a parte, dove il massaro
dettava legge, era il padrone incondizionato di animali, uomini e cose.
Ho dormito qualche
volta nel Casino di Piano Jannace, spesso in quello dei Toscano. E proprio in
questo secondo ho conosciuto il Massaro Peppe Russo.
In occasione di un
trekking ebbi da lui un insegnamento che è rimasto ben impresso nella mia
memoria. Con i gruppi di escursionisti che accompagnavo in quel periodo avevamo,
come tappa del mattino, quella di gustare a colazione le sue speciali mozzarelle.
Lui era ben contento quando vedeva persone, con il denaro contante in mano, in
fila per acquistarne una o più.
Quel giorno, abituati a
quello che era diventato anche un rito, però ci ritrovammo senza la nostra
preziosa e gustosa colazione.
Facile immaginare la
delusione del gruppo padovano, ormai abituato alla bianca colazione speciale. Alla
domanda di come mai non avesse preparato le mozzarelle, ci sentimmo rispondere
con un secco: “la giornata non è buona” e con l’aggiunta di un invito a trovare
un riparo perché nel pomeriggio la zona sarebbe stata interessata da un forte
temporale.
Scrutato l’orizzonte e,
visto che non si vedeva una nuvola in cielo, ci guardammo tra noi e pensammo
tutti che Massaro Peppe fosse un pochino strambo.
Partimmo per la nostra
escursione abbastanza scontenti per la mancata colazione e, non dando
importanza alle sue raccomandazioni, non ci preoccupammo di trovare un riparo: nel
primo pomeriggio, all’improvviso, arrivò l’acquazzone che ci bagnò tutti.
Tornammo infreddoliti
al Casino Toscano; Massaro Peppe, che evidentemente ci aspettava, aveva acceso
un grande fuoco, pronto a far sì che potessimo asciugare i nostri panni
bagnati.
Questo era – tra le
tante cose il Massaro Peppe di Casino Toscano.
Oggi la figura del
massaro è quasi scomparsa, il Pollino è sempre più silenzioso. Le mandrie al
pascolo sono sempre più spesso sole e vagano per i prati secondo traiettorie
indistinte, brucando l’erba, in attesa del momento della macellazione.
Il Massaro moderno sale
ai pascoli con il fuoristrada a giorni alterni, controlla che tutto vada bene e
che non manchi qualche capo di bestiame.
Se i conti non tornano è
facile far ricadere sui lupi – assassini e criminali – tanto poi qualcuno
rimborserà loro il costo dell’animale perduto. Fa niente se in realtà è stato
smarrito per negligenza o faciloneria.
Cambiano i tempi,
cambiano gli uomini, la montagna è sempre più abbandonata, antiche figure e usanze
sono scomparse e chissà cosa ci riserva il futuro.
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