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Io sono sempre dello stesso parere: sino a quando non sarà rinnovata la nostra classe dirigente, sino a quando le elezioni si faranno sulla base di clientele, sino a quando i Calabresi non indicheranno con libertà e coscienza i loro rappresentanti, tutto andrà come prima, peggio di prima.
Umberto Caldora (lettera a Gaetano Greco Naccarato, 1963)

mercoledì 18 settembre 2024

Cammino dunque sono

 “Camminare non è semplicemente terapeutico per l’individuo, ma è un’attività poetica che può guarire il mondo dei suoi mali” (Bruce Chatwin) 

Non voglio mancare di rispetto a Cartesio o a Chatwin attribuendo al camminare il potere di accrescere, in chi l’ammetta, la cognizione di essere al mondo, perché la filosofia si è sempre occupata di pensare, riflettere sui cambiamenti, sul tempo scandito dai passi, sul dirigersi verso una meta o errando senza sosta nella sua ricerca. Già Platone riteneva che il camminare fosse una saggia attività da coltivare, certo che fosse una grande occasione per l’educazione a ragionar di sé.

 “L’atto del camminare si rivela dunque, ancora una volta, una grande metafora filosofica della condizione umana. Dove la strada, il sentiero, la sosta, gli incontri – scrive il filosofo Duccio Demetrio – si fanno simboli variabili del nostro rapporto meditativo e pensoso o, viceversa, distratto e irriflessivo, con le cose e gli altri”[1].   

Sempre per rimanere in tema, c’è chi si è affidato al Salmo 31: “Io ti darò l’intelligenza e ti insegnerò la via, per cui tu hai solo da camminare”. C’è anche chi si preoccupa di trovarsi completamente perso, senza più “retto sentiero” (Sura II). Poi, esiste un altro camminatore che della propria solitudine si è fatto carico, indifferente al divino.

Infine, esiste la strada. Come la vita.

Da ragazzi, i nostri genitori, non raccomandavano altro che di seguire “la strada”, non “mettersi su una brutta strada”, non “lasciare la via vecchia per la nuova”.

Ovviamente, sono tanti quelli che desiderano fare esperienze, che “vogliono” perdersi, che sono (o si sentono) “discoli” e che, non avendo la strada spianata da altri e sentendosi “costruttori”, provano a realizzarla “a misura” dei propri passi.

Ci scopriamo così socratici nel piacere del colloquiare camminando: pellegrini nel raggiungere luoghi santi o memorabili; vagabondi romantici: con Goethe, Rousseau, Thoreau; alpinisti: con Messner, Bonatti, Mauri… esploratori: con Colombo, Magellano o Terziani.

Invece, se è il contatto con la natura che andiamo ricercando, la nostra bella Calabria offre “strade” di grande rispetto, immerse nel silenzio più profondo e quasi sacrale, tra boschi meravigliosi, habitat unici e, oserei dire, quasi desertici per lo spopolamento che in questo periodo storico sta attraversando la nostra regione.

Per esperienza diretta, proprio per quello spirito da ‘disubbidente’ di dannunziana memoria, se dovessi consigliare a un visitatore un modo per scoprire la nostra Calabria, senza ombra di dubbio gli consiglierei di attraversarla camminando, di ’perdersi’ nelle sue viscere, nella sua storia, nei suoi paesaggi, nel suo mare.   

Camminare, semplicemente!

Perché camminare non vuol dire solo sfidare i limiti del proprio corpo, della mente; significa anche sentire l’adrenalina, avere la contentezza di aver superato un limite, conquistato una cima, scalato una parete. Significa aver ascoltato il rumore del vento, colto la differenza tra i vari odori del sottobosco, il canto di uccelli colorati e sconosciuti che danzano nel cielo azzurro. Significa, ancora, sentire la pioggia battente sul proprio corpo, percepire il freddo, sentire il profumo delle ginestre in fiore, stupirsi davanti a un prato multicolore di orchidee o di peonie. 

Camminare è un incontro con il mondo e, soprattutto, con sé stessi; con un vecchio pastore, desideroso di parlare con qualcuno che non sia il suo gregge, per scambiare informazioni, curiosità, notizie, pensieri e porre domande.

“Perché sei in cammino? Cosa ti spinge a lasciare la città, il comfort e andartene in giro per il mondo da solo, affrontando pericoli e spese?” Spesso mi sono sentito porre queste domande e ho provato a dare risposte; ma non so se ho soddisfatto le curiosità e i dubbi.

Con sè stessi, invece, è molto più difficile darsi una risposta. Una cosa però è certa: il camminare per me è essenziale! e direi che lo è per l’uomo. Perché la lentezza del cammino o la velocità di spostamento, ti porteranno lontano, a incontrare luoghi, persone, idee che mai saresti riuscito ad avvicinare stando fermo.

Camminare è un modo profondo per aumentare il proprio benessere, quello che i giapponesi hanno teorizzato come shinrin-yoku e che gli americani definiscono come forest bathing. Scrive Rebecca Solnit, autrice di una Storia del Camminare, “Una gamba è il pilastro che sostiene il corpo eretto tra cielo e terra. L’altra, un pendolo che oscilla da dietro. Il tallone tocca terra. Tutto il peso del corpo rolla in avanti sull’avampiede. L’alluce prende il largo, ed ecco, il peso del corpo, in delicato equilibrio, si sposta di nuovo” [2].


Questo è il ritmo del camminare che ben si sposa sulle nostre montagne, palestre per tutti i gusti. Senza bisogno di particolari allenamenti, strategia o attrezzatura tecnica molto costosa. Paolo Rumiz, in occasione della presentazione della “Via Appia” a Matera, in un incontro di qualche anno fa, a una domanda di una astante su quale tipo di allenamento fosse necessario per percorrere la prima strada al mondo, stupì tutti con la sua risposta: “Nessuna”. Poi, però, Rumiz fornì la sua particolare spiegazione che, in modo sintetico, ripeteva un concetto caro al poeta Machado, il quale sosteneva che la via non esiste, si va.

Camminare significa anche vagabondare. Magari facendo un ‘Cammino’, che si sviluppa a mezzacosta e che ha come punti di partenza e arrivo piccoli paesi, dove il tempo scorre con altri ritmi… Significa fermarsi nell’unico bar del paese, sedersi ed ascoltare il dialetto del luogo, fare una partita a carte, osservare come i giocatori si scambino segni per comunicare al partner le carte in proprio possesso. Significa sobbalzare sulla sedia quando l’avversario butta la carta sul tavolo con un forte scoccare di nocche. E, infine, contare le carte, per sottolineare con molta soddisfazione la vincita della “mano”. Premio in palio: un bicchiere di birra ghiacciata.

 Il giorno dopo, pronti per una nuova tappa, si va presso l’unico negozio di generi alimentari del luogo per acquistare un panino ben imbottito di prodotti tipici locali, ascoltare le altre persone in fila e partecipare alla discussione sull’argomento del giorno. Quindi, si riprende il cammino. “Non riesco a meditare se non camminando. - Osservava Jean-Jacques Rousseau nelle sue Confessioni – Appena mi fermo, non penso, più, e la testa se ne va in sincronia coi miei piedi”.  E nel camminare in Calabria, spesso, pensi, osservi, come il paesaggio stia cambiando, a causa della più o meno estesa assenza dell’uomo per decine di chilometri quadrati, ma le cui tracce passate si notano ancora oggi.

E ti chiedi come mai questo stia accadendo proprio ora, nonostante i tanti aiuti economici erogati da parte del governo in carica con anche l’aiuto dell’Unione Europea.

Poi ti fermi a parlare con l’unico uomo che abita questi posti e ritorni con i piedi per terra: quando di fronte al quesito su quali siano i motivi per cui in molti abbandonano le terre, scopri che uno di questi è il problema dei cinghiali in sovrannumero, una vera e propria piaga.

All’improvviso il suono del clacson di un’auto in arrivo ti distoglie dai tuoi pensieri e, vedendo che si tratta del furgone del servizio postale, tiri un sospiro di sollievo e dici: meno male che lo Stato c’è e che collega questi luoghi sperduti con il resto del mondo.

Nell’andare, all’improvviso, dietro una curva, appare, in lontananza un maniero. Perfettamente conservato, con torri merlate, antico, imponente, che domina il piccolo centro abitato che si snoda arroccato ai suoi piedi. Il pensiero è subito uno: “Appena arrivo, andrò a visitarlo”; ma, immancabilmente, lo trovi chiuso per mancanza di personale.

Epperò, in Calabria mai perdersi d’animo: basta chiedere in giro e subito qualcuno fornirà il numero di telefono di un responsabile della locale Proloco che potrebbe avere la chiave. E in men che non si dica, ecco arrivare un volontario pronto ad aprire e a raccontare la storia di quella struttura. E così, hai la sensazione che quel posto sia l’ombelico del mondo.

Rousseau definisce il camminare sia come esercizio di semplicità sia come mezzo di contemplazione e di incontri. E, a distanza di due secoli dal filosofo francese, Pino Cacucci (autore, tra l’altro, di Puerto Escondido, da cui Gabriele Salvatores ha tratto il film omonimo) racconta del suo senso del viaggio che sta nel fermarsi ad ascoltare chiunque abbia una storia da raccontare sulla propria vita e le passioni che l’hanno segnata, per poterla rinarrare e sottrarre così all’oblio.

Invece Erling Kagge, esploratore e prolifico scrittore, sostiene in uno dei suoi ultimi libri come il Camminare sia diventato un gesto sovversivo. Non serve essere atleti professionisti, aver scalato l’Everest o raggiunto il Polo Nord. Basta decidere di rinunciare a qualche comodità e spostarsi a piedi ogni volta che è possibile. Chi cammina gode di migliore salute, ha una memoria più efficiente, è più creativo.

E allora benvenuto Cammino!

Emanuele Pisarra

 

 

 

 

 

 

 

 

Testi consigliati:

·         P. Cacucci, Camminando. Incontri di un viandante, Feltrinelli, Milano, 2002

·         S. Dalla Porta Xidias, Metafisica della Montagna, Club Alpino Italiano, Milano, 2008

·         D. Demetrio, Filosofia del camminare, esercizi di meditazione mediterranea, Raffaello Cortina Editore, 2005

·         E. Kagge, Camminare: un gesto sovversivo, Einaudi, Milano, 2018

·         E. Pisarra, A piedi sul Pollino, Edizioni Prometeo, 2001

·         J. J. Rousseau, Le Confessioni, Garzanti, Milano, 1976

·         R. Solnit, Storia del camminare, Bruno Mondadori, Milano 2002

·         H. D. Thoreau, Camminare, a cura di Franco Meli, SE, Milano, 1989

·         F. Tomatis, Filosofia della montagna, Tascabili Bompiani, Milano, 2005



[1] Duccio Demetrio, Filosofia del camminare, esercizi di meditazione mediterranea Raffaello Cortina Editore, 2005, p 11?

[2] Rebecca Solnit, Storia del camminare, Bruno Mondadori, Milano, 2002, p. 17 ?

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