La potenza di internet è intrinseca in sé: non puoi
nascondere nulla.
Si trovano anche numerose balle immesse in rete da
appositi organismi che devono controbattere le informazioni vere e
disinteressate.
Un tempo erano i traduttori, gli uffici della
controinformazione, le immagini televisive che, spesso, davano traduzioni, diciamo
così, interessate, e si scopriva poi, dal labiale, che l’intervistato aveva detto
esattamente il contrario di quello che era stato tradotto dallo speaker.
Oggi, con internet, questa possibilità è superata,
ma molti governi non amano la libera circolazione di notizie e quindi, quando
possono rallentarne la diffusione, non mancano di farlo.
Homepage del Sito dell'Agenzia per la Coesione Teritoriale |
Faccio questa riflessione, perché mi è capitato, in
queste notti calde e insonni, di navigare “a zonzo” in internet e di capitare per
caso nel sito dell’Agenzia per la
Coesione Territoriale, della Presidenza del Consiglio.
Curiosando tra le pagine di questo strano sito mi sono
imbattuto nella relazione annuale sulla spesa pubblica delle regioni italiane.
Ovviamente, sfogliando il documento, sono andato a
cercare dove iniziasse il rapporto su come e chi spende i denari in Calabria e
lo ho trovato a p.114.
I dati riportati non mi hanno sorpreso: nulla di
nuovo.
Chi spende in
Calabria sono gli enti locali, comuni e regione.
Come spendono? in mobilità, in trasferimenti. Gli enti
che hanno un maggior capitolo di spesa sono tanti i consorzi e il primo è
quello di Bonifica Integrale dei Bacini dello Jonio Cosentino, con un peso del
33,9 % rispetto al totale della spesa in conto capitale.
Invece, la spesa in forme associative si attesta su
livelli molto bassi, addirittura inferiore a 1 euro per abitante.
Per esempio, cosa e come si spende in cultura in
Calabria e nel Meridione d’Italia?
Spesso sentiamo dire in televisione o leggiamo sui
giornali che la centralità della cultura, come motore per il rilancio
socio-economico del Meridione, è una priorità del programma del governo di
turno; tuttavia i numeri dicono esattamente il contrario.
Si legge nel rapporto
che nel contesto europeo, “il confronto internazionale risulta impietoso: la
spesa primaria per attività culturali e ricreative in rapporto al PIL risulta
in Italia – nonostante lo straordinario patrimonio artistico e la ricchissima
eredità culturale – decisamente inferiore a quella media dei Paesi Ue”.
I danni vengono da
lontano. Già nel 2008, dopo la cura “Tremonti-Bondi”, sicuramente condizionata
dalle politiche di restringimento della spesa, la nostra Nazione era il
fanalino di coda (0.8% del PIL), rispetto a Danimarca, Finlandia e, perfino,
Slovenia, Bulgaria e Lettonia che registravano una spesa superiore al 2% del
PIL.
Dopo di noi solo
l’Irlanda impegna un percentuale più bassa.
E il nostro Mezzogiorno?
I dati riportati in
questo rapporto analizzano un arco di tempo che va dal 1951 al 2015.
Nel primo decennio
(1951-60) gli investimenti in cultura ammontano allo 0,68% del PIL; si passa
allo 0,85% negli anni Settanta, fino al crollo nel quinquennio 2011 – 2015, quando
gli investimenti scendono allo 0,15%, anzi “negli ultimi anni raggiungono un
peso inferiore allo 0,1 % rispetto al PIL”.
Questo fa pensare a come
i nostri governi - pare – abbiano rinunciato all’obiettivo di un riequilibrio
fra le diverse aree del Paese.
Sarebbe bello che dati
come questi venissero discussi per costruire una nuova piattaforma
programmatica che mettesse al centro – per parlare solo di Mezzogiorno – i
problemi, per esempio, legati alla disoccupazione giovanile che ha il record
europeo in Calabria (58,7%).
Ci sarà mai un momento
in cui il Governo si preoccuperà e occuperà seriamente di quello che accade in
Italia e in special modo nel Meridione?
Perché una cosa è certa:
i fenomeni o si governano o si subiscono; nella seconda ipotesi, le conseguenze
potrebbero essere assai gravi sia in termini economici che in quelli di ordine
pubblico.
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