Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

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Art. 21 della Costituzione della Repubblica italiana

Io sono sempre dello stesso parere: sino a quando non sarà rinnovata la nostra classe dirigente, sino a quando le elezioni si faranno sulla base di clientele, sino a quando i Calabresi non indicheranno con libertà e coscienza i loro rappresentanti, tutto andrà come prima, peggio di prima.
Umberto Caldora (lettera a Gaetano Greco Naccarato, 1963)

venerdì 19 gennaio 2018

Nuovo direttore del Parco del Pollino

Giuseppe Melfi è il nuovo direttore dell'Ente Parco nazionale del Pollino. 

Melfi, una vita spesa al servizio del Corpo Forestale dello Stato; prima come comandante dei vari coordinamenti provinciali.
 In seguito all'abolizione di fatto del CFS, è passato ai Carabinieri forestali con il grado di colonnello. 

Nato a Oriolo, laurea in Scienze Forestali, autore di importanti lavori sui boschi calabresi, ieri il Consiglio Direttivo lo ha nominato alla guida per i prossimi cinque anni dell'area protetta più estesa d'Italia. 
Coadiuverà il presidente Pappaterra nello sviluppo eco sostenibile del Pollino.
Un grande augurio di buon lavoro. 

Lettera aperta al presidente Pappaterra.


Nel complimentarmi per la tua riconferma alla guida dell’Ente Parco nazionale del Pollino, mi permetto, nello stesso tempo, di darti alcuni piccoli consigli, soprattutto, alla luce della nostra vecchia amicizia.
Splendido particolare del tronco di un Pino loricato 
Ormai siamo quasi giunti al trentesimo anno da quando si formalizzò, con atti del Governo, l’istituzione del nostro Parco.
Era, infatti, il 1989 quando l’allora giovane Ministero dell’Ambiente istituì la Commissione Paritetica, della quale tu entravi subito a far parte in qualità di rappresentante dei comuni calabresi.
Poi seguì l’istituzione del Parco, in seguito alla Legge Quadro del 1991, e tu fosti nominato nel suo Consiglio Direttivo.
Successivamente, hai continuato a farne parte, grazie agli incarichi come sindaco, e come componente della Comunità montana del Pollino.
Negli anni della tua nomina ad Assessore regionale, collaboravi con la gestione a guida Fino.
Bosco della Fagosa
Seguì la tua discesa in campo come commissario e poi presidente.
Inizia ora il tuo terzo mandato. E i problemi sono tanti.
Ne avrai per i prossimi cinque anni se, nel frattempo, non ti farai prendere da mire parlamentari che, onestamente vedo molto lontane, visto lo stato di salute del Partito Democratico al quale ormai hai aderito da qualche anno, dopo aver abbandonato, essendo stato allievo di Tonino Mundo e Giacomo Mancini, la formazione socialista.

Capisco che, in attesa di come si evolveranno le candidature al Parlamento nazionale, tu stia tessendo nuove relazioni al fine di tentare il ritorno nell’arena della nazione che ti garantirebbe altri cinque anni tranquilli di opposizione senza oneri e onori, seduto sugli scranni della Camera dei Deputati (o del Senato).
Saresti uno dei tanti, visto che, con quasi certezza matematica, il Partito Democratico sarà il terzo partito del nuovo Parlamento, e non avresti un ruolo attivo che soddisfi le tue aspirazioni gestionali e di governo senza responsabilità.
Così come non ti si addice un ruolo di “maître a penser” della Federparchi giacché la proposta di riformare la Legge Quadro, piegandola a particolari desiderata, per questa volta non è andata in porto e, quindi, è venuto meno l’auspicato tuo ruolo di referente per il Ministero della Associazione delle Aree Protette.
Per questo ti rimane la guida dell’Ente Parco per i prossimi cinque anni.
Ora, questo quinquennio alla presidenza dell’Ente Parco potrebbe essere – con le dovute proporzioni – paragonabile al secondo mandato delle elezioni americane: ti troveresti nelle possibilità di prendere quelle decisioni, adottare quelle iniziative per le quali la storia ti ricorderebbe a imperitura memoria.
Per queste decisioni prendo spunto dai quattro primi pilastri della legge istitutiva del Parco:

1.   Garantire la tutela di un complesso di valori naturalistici, storici, paesaggistici e ambientali, la conservazione dei valori bio-genetici della flora e della fauna nonché degli attuali aspetti geomorfologici;
2.   Favorire il ripristino delle attività agro-silvo-pastorali e promuovere nuove iniziative nel settore purché compatibili con le finalità di tutela e salvaguardia degli aspetti paesaggistici e delle tipologie in uso;
3.   Creare migliori condizioni di vita per le popolazioni delle zone interessate, anche attraverso la valorizzazione dei caratteri originari delle culture, delle etnie e delle lingue locali, nonché la promozione di iniziative produttive compatibili con le finalità del parco;
4.   Promuovere la ricerca scientifica e l’educazione ambientale, utili al raggiungimento degli obiettivi precedentemente elencati.

Per ora, e sicuramente non solo per tua colpa, molti di questi buoni propositi sono rimasti semplici desiderata di naturalisti, sognatori e teorici, estranei alle logiche del facile consenso.
Per questo ho sempre pensato che noi – come prima generazione - saremmo stati sacrificati sull’altare della conoscenza, del prezzo da pagare per avviare una nuova politica di crescita, nello spirito che la missione primaria del Parco non è semplicemente la conservazione, sebbene essa sia molto importante, ma la sua applicazione affinché crei benessere e migliori le condizioni di vita delle popolazioni che vivono all’interno delle aree protette.
Oggi mi rendo conto che una sola generazione non è stata sufficiente.
Ebbene, il tuo nuovo ruolo – e mi rendo ben conto di quanto sia molto difficile e complicato, se non impossibile – è proprio questo: sollevare questo territorio dalle ataviche difficoltà socio-culturali che gli impediscono di uscire da una povertà che è diventata ormai insopportabile.

Fermare la fuga di giovani che ogni giorno lasciano i paesi del Parco, migliorare la vita, il reddito e le condizioni sociali di chi vive in queste terre.
Proprio perché tutto questo tempo in cui sei stato ai vertici del nostro Parco, in gran parte come attore protagonista e, in piccola parte, come gregario, suggeritore e mentore, non sia stato speso invano.
Dopo questa lunga premessa, mi permetto – con un pizzico di presunzione – di darti alcuni piccoli suggerimenti, proprio per quanto scritto sopra.
Come prima cosa bisogna dotarsi di un Piano del Parco degno di questo nome. Quello che hai nel cassetto, licenziato qualche anno fa, è vecchio, superato e inutile.
Stabilire le cose che si possono fare, in che modo, come e dove.
Mi dirai che in parte sono già state fatte.
Io, invece sostengo che c’è molto da fare nello spirito del Comma 1 della legge istitutiva.
Perché se noi diamo forza alla “conservazione”, essa, inevitabilmente genererà valore e economia.

Per esempio, istituire il numero chiuso di accesso in determinati luoghi del Parco. Mi riferisco alle Gole del Raganello, alla discesa del fiume Lao, ai Piani del Pollino, tanto per citare alcune località prese d’assalto da orde di turisti che non si risparmiano in schiamazzi, lordizia e poco rispetto del sito.
Creare un ufficio apposito che si occupi della sentieristica. I sentieri sono le autostrade del Parco, sono le arterie entro le quali far “scorrere” l’escursionista senza che questi vada a zonzo creando danni per il territorio.
Dotarsi di un ufficio stampa che sappia opportunamente comunicare il Parco e tutto ciò che gli ruota attorno: sue prerogative, bellezze e punti di interesse.
Riprendere sotto la propria direzione i tanti giovani (ora un po’ meno) Lavoratori Socialmente Utili assunti a suo tempo per la piccola manutenzione del territorio e ora abbondati, presso i rispettivi comuni, a poltrire.
Ne incontro parecchi che mi spingono a chiederti di ritornare alle “origini” proprio perché si sentono inutili e, spesso, sono in conflitto con altri colleghi assunti presso i comuni con gli stessi incarichi.
Queste squadre potrebbero benissimo sostituire, per esempio, i lavoratori del Consorzio di Bonifica (che non ci sono più) nella manutenzione della viabilità di montagna.

Altra questione importante sono i rifugi: se la rete dei sentieri sono le arterie di un parco, i rifugi ne costituiscono la linfa, insieme con la viabilità secondaria.
Ancora oggi, a distanza di anni, il Piano di Ruggio, così come il Piano di Novacco, Colle Marcione, Piano di Lanzo (e potrei continuare nell’elenco) appena cadono quattro fiocchi di neve diventano inaccessibili con grave nocumento per il turismo invernale, per gli operatori economici, le guide e tutto il mondo che vi ruota attorno.

Come dire che quando nevica in Trentino ciò costituisce ricchezza, mentre da noi solo problemi e disgrazie.
È mai possibile?            
E poi, le Guide: queste sconosciute…
E qui parlo perché ne vivo in prima persona tutta la problematica. Sulla carta il nostro Parco ha settantacinque Guide Ufficiali, oltre ad altre “private” create da associazioni in parte sconosciute sia all’Ente Parco che alle stesse Regioni, in particolare alla Calabria.
Hai idea di quante di queste svolgano realmente la professione?
Credo non più di quindici persone.
E le altre? Semplicemente non esistono. O svolgono altri lavori, oppure sono addirittura fuori regione, impiegati in altri enti.
Questo è un vero peccato. Perché spesso un utente, che venga a conoscenza dell’esistenza di un elenco guide, inizia a telefonare al primo nominativo, poi al secondo, poi al terzo e, prima di trovarne uno disponibile, suda le fatidiche sette camicie.
Allora perché non si depennano dall’elenco tutti coloro che – per esempio – non hanno più la residenza in uno dei paesi del Parco?
Perché queste figure molto importanti non sono coinvolte in nessuna delle attività del Parco?

Escursionisti a Serra delle Ciavole
Noi guide ci sentiamo come tanti estranei, ognuno per conto proprio, arrabattandoci alla meglio, senza nessun futuro.
Un altro suggerimento, che mi permetto di darti, è di tenere alla larga i tanti “Produttivisti” che ogni giorno continueranno a bussare alla tua porta.
Essi stanno distruggendo i nostri boschi, riducendoli a tanti luoghi inutili, e contribuiscono al dissesto idrogeologico, in cambio dei pochi spiccioli che versano nelle casse dell’Ente Parco.
Per questo ti chiedo di non permettere altri tagli, dare nuove concessioni e, se possibile, revocarne qualcuna.
Oppure avviare qualche buona e saggia iniziativa come per esempio lanciare un “crowd funding” per acquistare alcuni boschi strategici, come quelli di Palombaro sulla Serra del Prete. 
Passeresti alla storia.

Riprendendo e parafrasando la nota battuta di Nanni Moretti rivolta a D’Alema, otterresti “molto più consenso”.
Altro argomento importante sono i Centri Visita: abbiamo speso milioni di euro per realizzarli e ora sono in completo abbandono.
Ho visto qualche tempo fa quello di Frascineto. Un vero disastro! Gli animali imbalsamati sono completamente distrutti dalle tarme, puzzolenti e ridotti a una poltiglia informe.

Si può pensare di affidare questi centri alle Guide. Li potrebbero usare come uffici del territorio, da gestire in prima persona, perché essi rappresentano la cartina di tornasole del Parco.
Un’altra situazione che mi è molto cara e, ogni volta che incontro un allevatore, mi si stringe il cuore, è quella della pastorizia.
Vedere come questi soggetti si sentano estranei al Parco, perseguitati, ignorati è veramente una sconfitta per te e per tutti noi.

Potresti prenderti cura di questi protagonisti della montagna? Senza di loro non avremmo quel territorio che abbiamo ereditato da tanti anni di lavoro silenzioso e fattivo. Oppure abbi il coraggio di abbandonarli completamente al loro destino, alla luce della convinzione che il loro ruolo sia finito e che sia giusto giunto il tempo di ripristinare lo stato naturale dei luoghi, inserendo tutti questi terreni nella planimetria del territorio protetto in zona A. Potrebbe essere un’idea!

Assicurati che nessuno liberi cinghiali e altri animali affinché non debba continuare la storia dell’allargamento della “casta” dei selettori. Ogni licenza data a uno di loro per “prelevare” animali in natura è una sconfitta per tutti noi. Non credi che questo sia un modo per far rientrare dalla finestra l’attività venatoria nel Parco, dopo essere stata cacciata dalla porta?

Mi piacerebbe che tu ci illustrassi l’utilità della “Catasta di Campotenese” meglio conosciuta come “Trampollino”. A che serve? Ne sentivi veramente la necessità? E della struttura simile realizzata a Senise che hai intenzioni di farne?
Se con la tua presidenza verrà meno la regola non scritta, ma che vige nel nostro Parco, per cui il presidente che è calabrese si occupa del versante calabro, mentre il vicepresidente, che di solito è un lucano, dell’altro versante, mi piacerebbe molto che ti facessi affiancare da un vice che si occupasse esclusivamente dei Monti dell’Orsomarso. Perché quella parte di Parco sembra esclusa da tutti i processi economici in corso, nonostante ci sia una cospicua popolazione e la sua realtà sia più interessante, dal punto di vista naturalistico, del vero e proprio Massiccio centrale.

Mi piacerebbe sapere la tua opinione sul Progetto del “Cammino mariano Pollino” che, non si sa per quale “misteriosa” ragione, non riesce a decollare, nonostante ci sia stato un finanziamento della Regione Basilicata che è fermo da quasi tre anni nelle casse del Parco.
Così come vorrei venire a conoscenza delle numerose ricerche di molte università italiane e straniere che da anni effettuano studi e indagini sul nostro patrimonio e poi rimangono fine a se stesse, pubblicate sugli annali delle rispettive discipline senza diventare patrimonio di tutti.
Perché il nostro Parco non si dota di una apposita editoria, in modo da poter veicolare conoscenze di prima mano, senza passare attraverso editori locali molto più attenti ai propri affari economici che alla divulgazione?
Nella primavera del 2014 mi fu chiesto un suggerimento che presentai a proposito della attuazione della CETS (il certificato europeo sul turismo sostenibile) sugli Start-Points (punti di partenza) per conoscere meglio il territorio. Cosa se ne fatto? Quali sono i risultati di questo certificato?

Non ti sembra una buona idea quella di dotarsi di un periodico cartaceo e/o online per divulgare le bellezze del Parco? Quasi tutti gli altri parchi nazionali hanno una rivista cartacea, a colori, dalla grafica ben fatta, accattivante che contribuisce a veicolare e a diffondere informazioni utili sul Parco.
Centrale del Mercure (foto dal Web)
Mi viene in mente – uno per tutti – «Crinali», la rivista periodica del Parco delle Foreste Casentinesi perché ne ho appena ricevuto l’ultimo numero.
E che dire di un sito, un blog e una pagina sui Social? Ben fatti, aggiornati in tempo reale, di facile accesso, curati nella grafica e nei contenuti?
Infine, veniamo alla “madre” di tutte le questioni: la Centrale del Mercure.
Un problema annoso, per l’immagine del Parco, per i suoi conflitti con la conservazione di cui dicevo, per l’inquinamento, per l’inutilità dell’impianto ai fini energetici del territorio.

Una definitiva presa di posizione – senza cercare di salvare capra e cavoli – in un senso o nell’altro, ti porterebbe sugli altari della gloria. Questo tuo continuo tergiversare, per non scontentare nessuno, prendere il “contributino” compensativo dall’ENEL, ha distrutto la tua immagine, il tuo essere presidente di tutti e la tua capacità di “tenuta” alle pressioni esterne.
Non parliamo dell’altra questione “Cementificio”. Non puoi salvare occupazione e sito. Nel tuo ruolo istituzionale, in conflitto con tale impianto, è facile immaginare da che parte dovresti stare. Invece, come sempre, la tua posizione, nel tentativo di salvare l’impianto, l’occupazione e il sito li fa collidere.

Un “vero” presidente sarebbe per la chiusura di tale mostro e il ripristino dello stato dei luoghi. Ovviamente non mi permetto minimamente di suggerirti la decisione.
Ancora, mi piacerebbe avere una tua opinione sugli effetti dell’Expo 2015 sul nostro Parco giacché, per parteciparvi, abbiamo speso quasi un milione di euro.
E la centrale idroelettrica sul Frido? Non ho sentito e letto una tua posizione: cosa ne pensi?
A proposito del Direttore del Parco, posso suggerirti di chiedere al Ministro dell’Ambiente un bando di carattere europeo, sulla scia di quello emanato per la direzione dei maggiori musei italiani? Non è possibile che siamo a quasi tre anni e mezzo dalla quiescenza di Formica e ancora non abbiamo questa figura! O peggio siamo costretti a dare l’incarico a un militare, come se avessimo bisogno di gestire la struttura con piglio marziale… 
Mi fermo qui.

Avrei tante altre cose da dirti ma non voglio abusare oltre della tua attenzione.
Ancora i miei migliori auguri di Buon anno e di buon lavoro!


Emanuele Pisarra